la Repubblica, 12 gennaio 2016
La Federazione americana vorrebbe cancellare tutti i record dell’atletica per ricominciare da capo. Una proposta non così assurda
E se azzerassimo tutti i record dell’atletica? Se lo chiede la Federazione britannica nel suo “Manifesto”, 14 punti in cui, a pochi giorni dalla pubblicazione di un secondo report della Wada (14 gennaio, a Monaco) che potrebbe tirare in ballo anche la Gran Bretagna, la Uk Athletics tenta di fornire un “contributo al dibattito”. Allora, sgranando il rosario, si trovano proposte condivisibili come l’istituzione di un registro pubblico di tutti i controlli antidoping che faccia capo alla Wada, il risarcimento in denaro per gli atleti puliti dalle Federazioni i cui tesserati hanno infranto le norme antidoping, squalifiche minime di otto anni in modo che chi faccia uso di sostanze proibite salti due edizioni consecutive dei Giochi Olimpici. Al punto sette però c’è l’idea forte, spiegata così: “Tirare una linea sui record preesistenti e iniziare una nuova fase, basata su nuove regole”. Piuttosto che iniziare una pesca miracolosa a ritroso, ragiona la Uka, cercando di distinguere record puliti e record pregiudicati dal doping, azzeriamo tutto e ripartiamo.La cancellazione di ogni record dell’atletica raderebbe al suolo la storia e falcerebbe, con vecchi primati da sempre chiacchierati (quelli della Griffith- Joyner, della Koch, della Kratochvilova, antichi di trent’anni), altre testimonianze dell’evoluzione umana, oltre che dello sport. Un’idea non nuova, non originale, già sondata in passato e sempre rispedita al mittente. Però, nel cuore devastato di una Iaaf che col sempre più chiacchierato Sebastian Coe dovrà difendersi presto da nuove accuse e necessariamente trovare un sistema per rendersi nuovamente credibile, la proposta potrebbe ricevere un certo ascolto. «Ne parleremo e ne discuteremo» fa sapere la Federatletica mondiale. Ora l’attenzione è tutta rivolta a giovedì: dopo lo scandalo russo venuto alla luce a novembre e la recente radiazione dell’ex presidente Diack, potrebbero cadere nella rete anche altri paesi, il Kenya e la sua incredibile storia nel mezzofondo su tutti. Sempre a questo proposito, la Uka si è affrettata a pubblicare i dati dell’Oregon Project, il programma che coinvolge Mo Farah e il suo tecnico Alberto Salazar. «Non ci sono riscontri di alcuna violazione del regolamento Wada». Che sia, anche questa, un’excusatio non petita?