La Stampa, 12 gennaio 2016
Nord Stream, lo scontro Ue e la cavalcata antitedesca di Renzi
Sigmar Gabriel, il tedesco che è contemporaneamente vice della Merkel, leader dei socialdemocratici e ministro dell’Economia, è entrato verso mezzogiorno a Palazzo Berlaymont per una colazione al tredicesimo piano con Miguel Arias Cañete, il commissario Ue all’Energia. «Si è parlato più che altro di Nord Stream», ha ammesso una fonte europea e non c’è da stupirsene. Il capo Spd voleva illustrare i vantaggi per l’Europa del raddoppio del gasdotto baltico fra Russia e Germania, ricordare che è un affare privato e dunque non c’è molto che Bruxelles possa fare. Risulta che lo spagnolo – per nulla innamorato del progetto – abbia avuto un pensiero grigio: «Se rispettano il quadro legale non c’è nulla che noi si possa fare se non disturbarli». Che glielo abbia detto non è probabile e, comunque, per ora non è dato saperlo. È una questione «tricky», questa di Nord Stream, ammette la signora dell’Antitrust europeo, Margrethe Vestager. «Difficile» nel senso di «scivolosa». Ci sono tanti giocatori, con molteplici scelte e colpi di scena possibili, come il russo Putin che chiede a Roma di fare sponda al suo progetto per facilitarne la promozione europea. I servizi della danese lo esaminano con quelli di Cañete, ma l’intero collegio lo tiene d’occhio. Lo fa anche il tedesco dell’Agenda Digitale, Gunther Oettinger – che è Cdu come la cancelliera e diffida del dossier come molti colleghi di partito. «Le regole europee – risponde a “La Stampa” – prevedono che un gasdotto non sia accessibile a una sola compagnia». Qui invece c’è il diritto esclusivo a Gazprom di pompare metano.
Il bavarese conferma la frattura di orientamenti a Berlino e denuncia l’alta temperatura che circonda il caso in Commissione. Alla lettera di protesta di dieci paesi baltici e centro-orientali di novembre – cavalcata da Renzi in chiave antitedesca all’ultimo summit – si è unito un reclamo dell’ucraina Naftogaz. Protocollato nelle scorse ore, sarà esaminato senza fretta. Una valutazione tecnico-giuridica è attesa al gruppo permanente di alto livello della Comunità energetica in programma a Vienna. Il 15 marzo.
Il ritmo all’indagine potrebbe darlo il mini vertice dei commissari Ue delle relazioni internazionali convocato domani dall’alto rappresentate, Federica Mogherini. Sul tavolo quattro possibili violazioni di Nord Stream ai Trattati. Il primo è la concorrenza, perché – stimano all’esecutivo comunitario – il raddoppio del gasdotto aumenterebbe il ruolo dominante di Gazprom. Oltretutto, si fa notare, «l’insieme delle rete di distribuzione dalla Russia gira al 60%. A chi serve più gas?». La domanda conduce a un secondo ostacolo eventuale: il rispetto del terzo pacchetto che i Ventotto hanno disegnato per diversificare i mix energetico e ridurre la dipendenza esterna. «Nord Stream va nella direzione opposto», lamenta l’ala critica. «Gli azionisti possono chiedere l’esenzione dalle regole sullo spacchettamento delle reti e Bruxelles può solo porre ostacoli», controbatte una fonte industriale. Il che porta alla terza incognita, quella degli appalti, stesso fronte incerto sui cui sono caduti i bulgari per il defunto gasdotto South Stream. E all’ultimo interrogativo, minore, sul fatto che serva o meno un nuovo studio di impatto ambientale dopo quello del primo gasdotto.
Oltre questo, diventa territorio politico. Nord Stream permette a Mosca di poter aggirare, alla bisogna, l’Ucraina che perderebbe 3 miliardi di diritti l’anno, circa l’1% del pil. «Strano vedere l’Europa che stringe intese con Mosca mentre la sanziona», dice una fonte transatlantica. Gli uomini della commissione che prima di Natale sono andati a parlare coi tedeschi di Nord Stream hanno trovato nella sala alcuni tecnici del governo Merkel. Ora Putin ragiona sul far fronte con l’Italia. «Possibile, ma anche il contrario – confessa un commissario Ue -, perché se lo scontro è fra governi il risultato non è più scontato di prima». Comunque sia, giovedì, il presidente Juncker è a casa Merkel.
E Roma? L’ad dell’Eni, Claudio Descalzi, assicura «non abbiamo mai considerato e non considereremo una partecipazione». Gli osservatori dicono che la soluzione più semplice è che Saipem costruisca il nuovo oleodotto come il vecchio, ha il know how per agire in fretta. «Sempre che Putin voglia farlo davvero e non giochi solo per scongiurare una supermulta Ue su Gazprom, sotto inchiesta per monopolio», dice una fonte. Sempre che.