Corriere della Sera, 12 gennaio 2016
Anglofobici d’Italia
Viaggiando in treno, mi è capitato di ascoltare due attempati signori che commentavano l’iniziativa di Londra di inviare i Tornado e i Typhoon della Raf a scaricare missili sull’Isis in Iraq e in Siria. Uno di essi, visibilmente contrariato, è sbottato dicendo: «Dio stramaledica gli Inglesi!». Pensavo che quel motto fosse stato dato in affido definitivo ai testi di storia, ma ho dovuto ricredermi. Ammesso che l’invettiva abbia a suo tempo avuto una qualche giustificazione e tenuto conto che acqua passata non macina più, come si sarebbe potuto eventualmente controbattere
lo «sbottatore» senza tema di esserne in malo modo rintuzzati?
Alessandro Prandi
Caro Prandi,
Dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, nel giugno 1940, la frase chiudeva abitualmente le cronache radiofoniche di Mario Appelius, un noto giornalista che fu inviato speciale del Popolo d’Italia. Venne anche usata durante la guerra per un piccolo distintivo che qualche arrabbiato nazionalista portava all’occhiello. Dopo le sanzioni con cui la Società delle nazioni aveva punito l’Italia per la sua aggressione all’Etiopia nell’ottobre del 1935, la propaganda fascista era riuscita a fare della Gran Bretagna il responsabile di tutte le umiliazioni, vere o presunte, di cui l’Italia si considerava vittima. Scomparvero così interi capitoli della storia nazionale. Fu dimenticato con quanta simpatia l’Inghilterra aveva assistito ai moti risorgimentali e alle guerre d’indipendenza. Fu dimenticata la generosità con cui Londra aveva accolto gli esuli italiani, da Giuseppe Mazzini a Francesco Crispi. Fu dimenticato che lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, nel maggio del 1860, era stato facilitato dalla benevola presenza di due navi britanniche nel porto di Marsala.
Per molti decenni, dopo la formazione del Regno d’Italia, la Gran Bretagna aveva garantito la sua sicurezza nel Mediterraneo, aveva sostenuto la sua politica coloniale nel Mar Rosso e gli aveva addirittura offerto di partecipare alla repressione dei moti nazionalisti in Egitto nel 1882: una offerta che, se accolta, avrebbe permesso all’Italia di mettere piede nel maggiore Stato arabo con un ruolo internazionale. Vi erano stati screzi e divergenze, come sempre nei rapporti tra le nazioni. Ma Italia e Gran Bretagna avevano fatto e vinto insieme la Prima guerra mondiale. E sulle questioni che maggiormente interessavano la diplomazia italiana al tavolo della pace, il Primo ministro britannico David Lloyd George si era dimostrato più comprensivo e malleabile del presidente americano Woodrow Wilson.
Sono questi, caro Prandi, gli argomenti con cui lei avrebbe potuto dare una risposta all’anglofobia del suo compagno di viaggio. Questi avrebbe probabilmente obiettato che la Gran Bretagna fu amica dell’Italia quando l’amicizia corrispondeva ai suoi interessi. Ma a questa osservazione lei avrebbe potuto osservare che nella politica internazionale non esistono amicizie in cui l’interesse non abbia la sua parte. L’interesse è un fattore trasparente, legittimo e rassicurante. I diplomatici possono mentire, ma l’interesse, come diceva il duca di Blenheim (un inglese), non mente mai.