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 2016  gennaio 12 Martedì calendario

Monte dei Paschi di Siena e Banca Carige ai minimi storici. Perdono l’11 e il 13 per cento


Tempesta perfetta su due azioni bancarie già a mollo, in una seduta che toglie oltre un decimo di capitalizzazione a Monte dei Paschi e Banca Carige e scuote il credito italiano, frastornato dal riassetto con cui quattro piccole banche hanno evitato alcuni effetti della direttiva sui salvataggi ordinati (non tutti: chiedere a soci e portatori di bond subordinati per un miliardo).Se però Banca Marche, Etruria, Cariferrara e Carichieti sono state rimesse in sesto in continuità aziendale, e saranno presto vendute, ciò può penalizzare le concorrenti più blasonate e da piazzare. A partire dalle due banche di Siena e Genova, che dopo i crolli di ieri hanno bruciato le ricapitalizzazioni 2015 da 3 miliardi e 850 milioni, quotano a un terzo del valore di libro tangibile e oggi hanno prospettive strategiche più incerte di due mesi fa. Carige in serata ha imputato «l’ingiustificato andamento dell’azione» a «operazioni speculative non correlate all’andamento operativo del gruppo». Mentre per Mps la Consob ha rispolverato il divieto di vendite allo scoperto per la seduta odierna.Le spiegazioni del perché l’azione Mps s’è inabissata nel pomeriggio chiudendo sotto quota 1 euro in calo dell’11,27% e quella genovese ha ceduto il 13,61% sono ufficiose. Una pista porta a Btg Pactual, banca d’investimento brasiliana finita nel gorgo due mesi fa dopo l’arresto del leader André Esteves per sospetta corruzione nel caso Petrobras. Da allora la banca del ragazzo prodigio è finita in seria crisi di liquidità, e per salvarsi cerca di vendere il vendibile. Anche azioni Mps e Carige, di cui deteneva quote tra il 2% e il 3%, in buona parte già state scaricate – in perdita – prima di Natale. Il doppio movimento di ieri, con volumi pari al 4% delle quote per i senesi, potrebbe essere l’ultimo scampolo dell’avventura di Btg nelle banche italiane.Ma non c’è solo l’orma brasiliana nel tonfo dei grafici. In un mese Mps ha perso oltre il 25%, Carige il 29,8%. Ed è avvenuto in una fase difficile, ma non terribile per il paniere, che sui 30 giorni ha lasciato il 5,5% (ieri poi l’indice bancario era piatto). Le conseguenze mediatiche, politiche e operative del decreto salvabanche si sono già manifestate: anche con l’inattesa fiammata nella raccolta dei patrimoni gestiti da Fineco, Banca Generali e Mediolanum, che a dicembre hanno incamerato flussi lusinghieri rispetto alle stime. Quei flussi non sono piovuti dal cielo, anche se nessuna banca ammetterà mai fughe di depositi, nel timore che la nuova norma che imputa a soci, obbligazionisti e depositanti sopra i 100mila euro il primo costo delle crisi bancarie inneschi spirali viziose. L’agitazione dei correntisti però è in atto: si informano, chiedono dei rischi, e può essere che qualcuno nelle banche percepite come le più esposte sposti i soldi.Tra gli operatori, invece, simili timori si annunciano con vendite preventive, che spingono il capitale degli istituti verso lo zero. Forse è proprio a “quota zero” che il mercato sta portando i prezzi di certe banche commerciali. A tanto saranno vendute in riferimento al vecchio patrimonio – le quattro good bank presiedute da Roberto Nicastro. A tanto Mediobanca, un mese fa, comprava 89 filiali italiane Barclays (anzi con compendio da 237 milioni). E a tanto ieri Unicredit ha chiuso l’infelice esperienza ucraina, accordandosi coi russi di Alfa Group per cedere Ukrsotsbank in cambio del 9,9% della holding lussemburghese Abhh che la integrerà. Unicredit pagherà, anzi, 200 milioni per dimenticare, con impatto neutro sul patrimonio.