il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2016
Quanto è facile rubare nei musei italiani
In Italia, per trovare risorse da destinare al patrimonio culturale, c’è bisogno di un’emergenza e, questa volta, ce ne sono ben due: l’allarme terrorismo che da Parigi è rimbalzato in Italia dopo gli attentati del 13 novembre e, poco dopo, nella serata del 19 novembre, il saccheggio di 17 opere d’arte messo a segno nel Museo di Castelvecchio a Verona. “Non c’è peggior sicurezza che pensare di esser sicuri”, dice Daniele Jalla, presidente di Icom-Italia (International Council of Museums) che assieme al Mibac ha appena realizzato un manuale pratico sull’argomento. Il ministero si dice consapevole della “necessità di rafforzare la sicurezza”. Dario Franceschini ha annunciato un piano di investimento di 50 milioni in tre anni contro atti terroristici e furti. Eppure, a distanza di un mese e mezzo, è calato il silenzio sulla vicenda di Verona e basta andare in alcune delle aree espositive più importanti del Paese per accorgersi che la situazione sicurezza è un colabrodo.
Groviera Capitale la trionferà
Si comincia dalla Capitale, dove l’allerta è massima anche per il Giubileo: al Palazzo delle Esposizioni, al Macro, alla Gnam o alla Centrale Montemartini non ci sono né metal detector né uomini armati. Alla domanda “i controlli sono aumentati?”, all’ingresso rispondono: “No, tutto uguale”. Qualche dipendente ammette di aver paura: “Ci sono stati alcuni sopralluoghi, ma ancora nessuno ha sanato i buchi di sicurezza”.
Tessere dei mosaici prêt-à-porter
È la vigilia di Natale quando il premier Renzi inaugura la riapertura di sei domus a Pompei con una cerimonia in pompa magna a favore di telecamere per celebrare il successo del suo governo (anche se il merito sarebbe dell’ex ministro Massimo Bray). “Quella mattina nessuno mi ha fermato al controllo: sarei potuto entrare con martello e scalpello in tasca o con una bomba nello zaino – racconta Antonio Irlando, presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale –. Pensi che i mosaici che sono stati portati via in passato, ormai non si contano. Ed è una cosa che può accadere ogni giorno”. Irlando spiega che la Casa del Fauno ha 15 ambienti, ma che ci sono solo due custodi a sorvegliarla. “Se fossi un malintenzionato non avrei troppi problemi a uscire da qui con le tasche piene di tesserine colorate”.
Mancano allarmi e videosorveglianza adeguata, all’ingresso più della metà dei visitatori non è sottoposta ad alcun controllo. La soluzione? “Molte domus sono state chiuse al pubblico. Oppure hanno deciso di contingentarne l’apertura – spiega Irlando –, se ne apri una ne chiudi un’altra”. Per questo motivo la Casa di Trittolemo (inaugurata da Franceschini il 17 aprile 2014) di fronte alla Basilica e confinante col Santuario di Apollo, rimane quasi sempre chiusa. Trovarla aperta il 24 dicembre “tutto merito dell’arrivo di Renzi…”, dice ridendo. Non va meglio al Museo archeologico di Napoli. “La maggior parte delle opere pesano troppo, solo per questo è impossibile rubarle”, dice Pietro Melziade, referente delle guide turistiche campane. I custodi sono pochi, spesso rimangono seduti nella stessa stanza per tutto il turno. Ci dice che non esistono teche allarmate e quasi tutti i turisti entrano con gli zaini. Melziade qualche tempo fa, durante una visita alle Terme Stabiane di Castellamare, è stato l’unico ad accorgersi che a terra, al centro del Calidarium, c’era un pezzo di mosaico abbandonato: “L’ho consegnato alla soprintendenza, chiedendo di verificare se ne fossero stati trafugati altri, ma avrei potuto tranquillamente portarlo a casa. In molti lo avrebbero fatto”.
88 minuti in santa pace per prendere tutto
A Verona, mancano ancora all’appello Tintoretto e capolavori di Rubens, Pisanello, Mantegna, Jacopo Bellini, Giovanni Francesco Caroto… sono stati trafugati a Castelvecchio e chissà in quale mercato nero viaggiano ora. Quel giorno, poco prima della chiusura e dell’attivazione del sistema di allarme, tre uomini armati e a volto coperto hanno neutralizzato l’unico vigilante e sono fuggiti da una porta non allarmata con 17 quadri. Valore stimato: tra i 10 e i 18 milioni di euro. I ladri sono rimasti nel museo per 88 minuti, scegliendo con calma le opere da portare via. Nel fascicolo aperto per rapina non ci sono indagati, ma è guerra aperta tra il sindaco Flavio Tosi, che tanto in passato si è speso per aprire il Museo dell’Amore di Federico Moccia invece di investire in tutele maggiori per il tesoro di Castelvecchio, e la società SecurItalia. “L’anomalia maggiore – spiegano dal Comune – è il mancato controllo sul posto che sarebbe dovuto scattare una volta appurato dalla società che l’allarme non era stato inserito nei limiti di tempo prestabiliti”. Palazzo Barbieri promette battaglia sul mancato rispetto dei protocolli. Cosa è successo nella centrale operativa di SicurItalia, dove nessuno si è accorto di quel che stava accadendo (l’allarme a Treviso è arrivato solo alle 21:45, dopo che era già arrivato il 113)? La società si è difesa dicendo che il custode è stato assalito e non ha avuto il tempo di fare nulla. E anche se Tosi ribatte con il sospetto di infiltrazioni – “i ladri sono stati così fortunati a scegliere la sera con un unico dipendente o qualcuno li ha avvisati?” – resta il fatto che ce n’era solo uno.