Il Messaggero, 10 gennaio 2016
Nel 2015 ci sono stati meno fallimenti
Due fallimenti in meno al giorno, 640 aziende che sono riuscite a salvarsi. L’uscita dal tunnel della crisi si vede anche da questi numeri: tra gennaio e novembre 2015, secondo i dati Unioncamere-Infocamere, le procedure fallimentari aperte dalle aziende sono state 12.583, contro le 13.223 dello stesso periodo del 2014. Una flessione del 4,8%, la prima volta dopo 3 anni di aumenti ininterrotti. Dall’altro lato della medaglia ci sono ancora più di 37 imprese che ogni giorno (considerandoli proprio tutti, anche le domeniche e festivi) sono costrette a gettare la spugna e quindi esultare sarebbe fuori luogo. Ma l’inversione del trend è un risultato importante, e apre le porte alla speranza che nel 2016 vada ancora meglio, che il numero delle aziende che porta i libri in tribunale ritorni a livello fisiologico. In ogni caso si tratta – spiega Ivan Lo Bello, presidente Unioncamere – del risultato migliore dall’inizio della crisi, «che ci conferma che il sistema produttivo italiano sta uscendo dalla grave crisi degli ultimi anni». Di «ripresa in atto» parla il sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari.
La frenata dei fallimenti riguarda tutte le principali forme giuridiche, con l’eccezione di un lieve incremento nelle cooperative e consorzi. A livello di settori si nota come a subìre un po’ di meno la pressione della crisi, rispetto al 2014, sono state le attività manifatturiere (-11,7% di fallimenti), le costruzioni (-10,3%) e il commercio (-3,9%). Ancora molto dura la sopravvivenza per le agenzie di viaggio e noleggio che hanno visto aumentare del 9,3% i fallimenti, le attività di alloggio e ristorazione (+8,6%), immobiliari (+3,1%), attività artistiche e sportive (+3,9%) e trasporto e magazzinaggio(+3,9%).
MACCHIA DI LEOPARDO
A livello territoriale, la ripresa sembra ancora a macchia di leopardo. Su 20 regioni infatti, solo poco più della metà (11) ha visto migliorare la situazione dei fallimenti. In Molise il numero delle aziende fallite è invece aumentato del 45%, in Valle d’Aosta del 33%, in Abruzzo del 22%, in Friuli Venezia Giulia del 19%, in Umbria del 10%. Ma anche nel Lazio, in Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto, ci sono stati più fallimenti pur se con incrementi percentuali contenuti nel 3%. In termini assoluti, la regione con il maggior numero di procedure aperte tra gennaio e novembre è la Lombardia (che pure ha visto una riduzione dei fallimenti di oltre il 10%) con 2.633 aziende che hanno portato i libri in tribunale, seguita dal Lazio (1.461) e dal Veneto (1.162). Anche in termini relativi (espressi dal rapporto tra procedure aperte e numero di imprese residenti sul territorio), la regione con il tasso di fallimento più elevato resta la Lombardia (con 2,8 nuove procedure ogni mille imprese). Seguono Toscana (2,5) e Veneto (2,4).
PLATEA DECIMATA
Dove la crisi ha morso tanto e ancora lascia i segni è tra i lavoratori autonomi. Lo segnala la Confesercenti sulla base degli ultimi dati Istat riferiti a novembre: gli indipendenti, per la gran parte piccoli e micro imprenditori, sono passati da 5.985.000 del novembre 2007 a 5.463.000 dello stesso mese del 2015. Un crollo del 10%, con una perdita quindi di oltre mezzo milione di lavoratori autonomi, 522.000 per la precisione. Di qui la richiesta al governo di maggiore attenzione con il varo di «un Jobs act per il lavoro indipendente».