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 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

Da Brizzi a Zalone, passando per Jovanotti e il tiki taka: così Renzi intercetta quello che fa tendenza e se ne appropria

tiki taka"Ho riso dall’inizio alla fine”. Così diceva Matteo Renzi a La Stampa, parlando di Quo Vado?, il film da incassi record di Checco Zalone. A Courmayeur, il giorno di Capodanno, era stato fotografato mentre entrava in sala. Un paio di giorni dopo, l’endorsement, modello salto mortale triplo-quadruplo, con il quale contemporaneamente rivendica la preferenza accordata e si distingue da fan radical chic e intellettuali (o presunti tali) dell’ultima ora: “I professionisti del radical-chic, che ora lo osannano dopo averlo ignorato o detestato, mi fanno soltanto sorridere”.Checco Zalone è l’ultimo arrivato tra i riferimenti “culturali” (nel senso più ampio del termine) del presidente del Consiglio. Un Pantheon che si aggiorna all’occorrenza. Secondo una regola precisa: inserirsi nel mainstream, intercettare quello che fa tendenza e appropriarsene (o almeno provarci). Il tormentone, che sia “alto” o “basso”, è pane per i suoi denti. E se riesce ad anticiparlo e a crearlo, meglio ancora.
La predilezione per il pop è tanto esibita, da suonare autentica. Prima di Zalone fu Fausto Brizzi. Da Notte prima degli esami alla “regia” delle campagna elettorale per le primarie contro Bersani, quelle del camper, il passo per lui è stato breve. Uno degli idoli dei renziani e dei preferiti di Renzi è Lorenzo Jovanotti. Passione antica, mai rinnegata. “Il più grande spettacolo dopo il Big bang siamo noi”, accompagnava la Leopolda numero 2 (quella del 2011); “In questa notte fantastica/che sembra tutto possibile/ribalteremo il mondo”, cantava la Leopolda 2013. E ancora, era di “Lorenzo” l’inno scelto per la Festa dell’Unità 2015 (incipit: “Mandiamoli a cagare i bulli e i vittimisti, gli indignati di mestiere, i fondamentalisti”). Da una sua canzone il titolo della Leopolda 2016 “Terra di nessuno”.
E pazienza se Jovanotti alla Leopolda non c’è mai voluto andare e se fa di tutto per non schiacciare la sua immagine su quella del premier. Non c’è renziano che si rispetti che non lo canticchi almeno una volta al giorno. Ancora. Nel giorno del lancio mondiale dell’ultimo episodio della saga di Star Wars, Renzi lancia, con un fotomontaggio sul manifesto originale del film, la sua “Tax Wars-guerra alle tasse”. Dichiarazione ambivalente: “Credo che questa attesa spasmodica vero la nuova uscita di Guerre stellari fa sorridere noi amanti del bel cinema, ma ci porta anche a dire che dobbiamo fare di più per il nostro Paese e quindi, che la forza sia con noi”. La domanda sorge spontanea: “Noi chi?”. Ma arrivata al settimo episodio, la saga è in area rottamazione: e quindi Renzi cavalca il fenomeno mondiale, ma anche no.
Il premier, all’occorrenza, ostenta pure riferimenti più colti. Il 2 luglio 2014, annunciando le linee guida del semestre europeo, si esibì in una citazione dello psicanalista lacaniano, Massimo Recalcati: “La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco, ha il dovere di meritare l’eredità”. La citazione di Renzi, oltre a ricordare l’Odissea (Telemaco era il figlio di Ulisse) si riferisce al libro di Recalcati, Il complesso di Telemaco. Tesi dell’autore: il figlio aspetta il padre perché lo aiuti a riportare la legge a Itaca, ma non lo considera un modello portatore di dogmi, piuttosto una guida per arrivare a un (proprio) senso dell’esistenza. Una lettura che il premier interpreta come variabile della Rottamazione, evidentemente. Da notare che Recalcati è uno psicanalista affermato, ma che ha al suo attivo veri e propri best seller, molto trendy. Aveva detto di Renzi a febbraio 2014: “Dopo la morte di Berlinguer la sinistra ha vissuto un vuoto di leadership patriarcale, Renzi è riuscito a reintrodurre la potenza del sogno nella politica. Non è un padre, è un fratello”.
Sempre per restare in termini “alti”, come resistere al successo globale di un italiano come Paolo Sorrentino? Il 14 dicembre 2015, dopo la sua vittoria agli European Film Awards, direttamente dalla Leopolda Renzi lo omaggia: “Sorrentino ci rende orgogliosi della vitalità del cinema italiano”. Momento cinefilo anche con la citazione di Birdman, durante la direzione Pd del 16 febbraio 2015. Premio Oscar e pure campione al botteghino: sarebbe stato possibile ignorarlo? E poi, Renzi sceglie un dialogo del film, che porta in appoggio alla tesi centrale del suo agire politico: “La comunicazione è tutto”. Tesi che giustifica quello che non è proprio un riferimento culturale, ma propagandistico sì, l’Isis. Vera ossessione ribadita in continuazione per i video “che sono paccottiglia”, ma dai quali “dobbiamo imparare a comunicare”.
Nel discorso per la fiducia alle Camere il neo presidente del Consiglio esibiva il libro di Murakami, l’Arte di correre. Autore di moda e titolo perfetto per diventare renziano. Nella direzione del Pd post-europee, il 29 maggio 2014 citava le serie tv americane (successi di massa e all’avanguardia). Soprattutto, si faceva fotografare a comprare il libro House of Cards, nel marzo 2014. Tra lui e Frank Underwood il parallelismo scattava spontaneo. Tanto che “House of cards” è diventato un modo di dire (tipo “stai sereno”) per indicare una politica priva di scrupoli. Tra le serie, citazione d’eccezione per Newsroom, durante la conferenza stampa di fine anno del 2014: “Mi piace per il ruolo sociale del giornalismo”. L’utilità della citazione per il premier sta nel “modello” che vuole contrapporre ai giornalisti presenti.
Ogni tanto, Renzi si fa fotografare mentre compra libri alla Feltrinelli di piazza Colonna. Obiettivo numero 1, accreditarsi come lettore. Obiettivo numero 2, esibire un’ampiezza di vedute e di (potenziali) conoscenze. Qualche titolo: Stoner, bestseller di John Williams, Danni collaterali di Zygmunt Bauman, Il mondo nella Rete di Stefano Rodotà. E ancora, Numero zero di Umberto Eco, La politica nell’era dello storytelling di Christian Salmon, Scrivere è un tic di Francesco Piccolo. Libri di moda, almeno tra gli “intellettuali”, e scritti da nemici dichiarati. Lista lunga, con un minimo comun denominatore: sono tutti titoli molto quotati, seppure in differenti fasce di lettori. Rosicchiare consenso qua e là è una delle ossessioni renziane.
Ma l’entusiasmo del premier si accende davvero per altri tipi di fenomeni. Il giubbotto alla Fonzie con il quale si fece fotografare nello studio di Maria De Filippi è una dichiarazione di amore per Happy Days. Un altro simbolo degli anni 80, come Rambo, viene citato non senza soddisfazione rispetto al crollo dei talk show (“Se i talk show del martedì fanno meno della replica numero 107 di Rambo dobbiamo riflettere” ).
Secondo la linea, almeno ideale, che vuole Firenze “caput mundi” di certo è sincera l’ammirazione ostentata in tutte le occasioni possibili per Michelangelo e il suo David. Si possono iscrivere nel filone fiorentino (ma anche sotto il titolo “rassicurazioni sulle proprie radici”) i periodici richiami a Giorgio La Pira. Da De Gasperi agli U2” recitava il titolo di uno dei suoi libri: per andare ad accogliere Bono all’Expo a settembre il premier-segretario condensò al massimo il comizio alla Festa del Pd di Milano.
Ma i riferimenti più “autentici” e duraturi per Matteo più che culturali sono sportivi. “Stalkero i campioni dello sport via sms”, ha ammesso qualche giorno fa. E dunque, Renzi non si perde una partita della Fiorentina, considera l’allenatore del Barcellona, Pep Guardiola, un modello da usare in politica,con il suo “tiki taka”, si precipita a New York per andare a vedere la finale di tennis degli Us open tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci, telefona a Valentino Rossi dal Perù, dopo il crash con Marquez, adora la Formula 1. Magari pure la foto in pantaloncini corti sulla neve voleva essere un omaggio “culturale” alla moda che arriva dagli States e che prescrive shorts per tutti. Certo, un po’ azzardato.