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 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

Tutti gli affari (e gli amici) di Alfio Marchini, l’imprenditore romano che vuole il Campidoglio

Come Lista Marchini crediamo sia fondamentale che il centro direzionale orientale riqualifichi e rilanci in maniera determinante la zona di Pietralata, così come prevedeva il progetto”. Così parlava l’anno scorso Giorgio Trabucco, braccio destro dell’aspirante sindaco Alfio Marchini.
E quando venne sciolta per mafia Ostia, altra periferia degradata della Capitale, l’imprenditore romano con la mascella volitiva da Ridge de’ noantri scolpì su Twitter: “Un sindaco che se ne sta a Parigi a parlare di ambiente mentre gli azzerano per mafia un municipio di 300,000 anime, cosa è? Indegno!” Parole ispirate, quelle del trasversale Alfio. Ispirate anche dal business. Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai bilanci del suo piccolo impero imprenditoriale. Nella Imvest Spa, di cui Marchini è socio forte e che è affidata alle mani di Raffaele Israilovici ed è quotata all’Aim di Milano, sono custoditi i pacchetti di controllo di due iniziative immobiliari romane: la “Barcaccia 2000 srl”, che ha investito nel progetto “Stagni di Ostia”, e il progetto urbanistico di Pietralata. Il patrimonio della società, al 30 giugno 2015, era valutato in 10,9 milioni e i debiti erano 75 milioni.
Nello specifico, i debiti verso banche erano pari a 20 milioni, ai quali andavano aggiunti i 30 di un bond quinquennale con scadenza al 2018 al 5%, al servizio proprio dell’investimento di Ostia nella società “Barcaccia”. A sua volta, Imvest è controllata da Methorios Capital Spa, anch’essa quotata all’Aism.
Il Marchini imprenditore e “sviluppatore” immobiliare è dunque costretto a puntare sul Marchini politico e amministratore per ridare slancio ai propri affari a cavallo del Grande raccordo anulare.
Il cuore del suo impero finanziario è però costruito dalla Lujan Spa, della quale Alfio Marchini risulta procuratore unico. La società à stata costituita dal professionista Gennaro Mariconda, il notaio “rosso” della Capitale per eccellenza, già uomo di fiducia di Massimo D’Alema e Roberto Colaninno ai tempi della “merchant bank di Palazzo Chigi”. Il capitale sociale è di appena 120 mila euro, ma il valore della produzione a fine 2013 era di 236 mila euro, con un utile di 79 mila. L’oggetto sociale è “la progettazione, la realizzazione, la fornitura di servizi di rete in generale (acqua, gas, illuminazione, telecomunicazioni)”. Insomma, l’uomo che da sindaco dovrebbe marcare stretto Francesco Gaetano Caltagirone su Acea, con Lujan ha un suo business che, possiamo dire, ne illumina davvero il curriculum.
Se dunque Marchini controlla il 90% di Lujan, ecco che cosa c’è nel portafoglio della piccola holding di famiglia: la Asset (immobiliare), la Domus Vieille (immobiliare), la Immobiliare Madonna della Neve, la One Fashion e la Two Fashion (commercio abbigliamento) e Methorius Capital Spa, che come abbiamo vista controlla Imvest Spa. Il ruolo ricoperto in Lujan è l’unica carica societaria mantenuta dall’aspirante inquilino del Campidoglio dopo l’annuncio della candidatura. In passato, Marchini, nato a Roma il primo aprile del 1965, è stato socio dell’Unità, amministratore della Cementir dell’amico Caltagirone dal 2004 al 2015, consigliere di Grandi Stazioni dal 1996 al 1999, consigliere di Risanamento dal 2000 al 2001 e consigliere di Unicredit-Banca di Roma dal 2007 al 2008 in quota Cesare Cesare Geronzi. E proprio del matrimonio di interessi D’Alema-Geronzi, il sorridente Alfio è stato grande facilitatore. Che di entrambi fu anche ambasciatore in Mediobanca quando Enrico Cuccia era ancora al timone della banca d’affari milanese.
Ma la passione di Marchini per banche e banchieri non si esaurisce qui. Nelle carte dell’inchiesta sul dissesto della Popolare di Vicenza, guidata per anni da Gianni Zonin e Andrea Monorchio, il suo nome compare alla voce “clienti favoriti”. In sostanza, secondo la ricostruzione degli investigatori della Guardia di Finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo, una delle società del gruppo romano, la Imvest Spa, avrebbe ricevuto 30 milioni di finanziamenti senza le dovute cautele, e in cambio avrebbe sottoscritto azioni della Popolare contribuendo a tenerne alto il valore delle quotazioni. In più ci sarebbero stati dei finti rimborsi dei mutui. Su Vicenza, Marchini si è mosso insieme al suo banchiere di fiducia, Alberto Matta.
Un personaggio chiave nell’universo del costruttore-sviluppatore-aspirante sindaco. E proprio i fondi off-shore gestiti da Matta, e poi venduti alla Popolare di Vicenza, sono finiti sotto inchiesta, come ha raccontato Fabio Pavesi sul Sole 24 Ore.
In ogni caso la storia di Alfio, che oggi tiene a non essere definito “compagno”, parte con le radici a sinistra. Suo nonno, capo partigiano, regalò il palazzo delle Botteghe Oscure al Pci. E il nipote è stato un grande amico di Massimo D’Alema. In quota Pds, nel 1994 entrò nel cda di Rai e Sipra per uscirne subito contro la lottizzazione filo-berlusconiana. Nel ’97 fu la volta della fallimentare avventura dell’Unità. Un altro “intermezzo” imprenditoriale che le biografie elettorali dell’ingegnere vicino all’Opus Dei tendono a dimenticare è l’avventura ai vertici della napoletana Risanamento, un’incursione nel mattone campano al fianco dell’immobiliarista piemontese Zunino, poi finito nei guai con i “Furbetti del Quartierino”. Il resto è storia recente. Come i rapporti con Francesco Gaetano Caltagirone e sua figlia Azzurra, editore del Messaggero. Proprio al quotidiano che lo sostiene nella sua corsa, Marchini ha annunciato il 31 dicembre scorso che intende dotare Roma di “un senato” composto da “personalità” eminenti. Un senato di non eletti che ovviamente andrebbe a sovrapporsi con la giunta e il consiglio comunale. Il personaggio è così: un cooptato che ama cooptare. Voglioso di rappresentare gli interessi di tutti. Anche dei costruttori di Pietralata e di Ostia, per dire.