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 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

Prima l’Iraq, poi Castro e Chavez e ora El Chapo: Sean Penn semina zizzania ovunque passi

Sean Penn colpisce ancora: intervistando Joaquín Guzmán per il magazine Rolling Stone, proprio mentre il ricercato numero uno beffava le polizie di Messico e Stati Uniti. Il celebre attore di Hollywood scaraventa se stesso nel mezzo della controversia sulla cattura del boss dei narcos messicani. Come sempre nella sua carriera di star impegnata, litigiosa e imprevedibile, Penn semina zizzania dove passa. Stavolta è lungo l’asse tra Barack Obama e il suo omologo Enrique Peña Nieto. Prima la polizia messicana ha cercato di “appropriarsi” di Penn descrivendolo come un collaboratore che aveva agevolato la cattura di Guzman. Poi ha annunciato di voler interrogare l’attore americano, dichiarandolo ufficialmente “sotto indagine”. Da collaboratore della giustizia a potenziale imputato per favoreggiamento? Di certo le circostanze in cui è avvenuta quell’intervista – descritte dallo stesso Penn su Rolling Stone – suonano come un’implicita accusa verso la polizia messicana: il boss dei narcos viveva indisturbato, riceveva numerose celebrità, protetto da un esercito personale di oltre cento uomini armati.
Penn aggiunge un nuovo capitolo della sua storia “politica”, almeno altrettanto ricca quanto la sua carriera artistica. Il suo nemico favorito per molti anni si chiama George W. Bush. Nel dicembre 2002, tre mesi prima dell’invasione dell’Iraq, l’attore si precipita a Bagdad quando è ancora saldamente al potere Saddam Hussein. Penn vuole denunciare così i preparativi di guerra. Poi sarà una delle star più visibili e impegnate, nelle manifestazioni pacifiste da San Francisco a New York. «Eroico e coerente», lo elogia la sua ex moglie Madonna. Nel 2005 fa notizia ancora un gesto di sfida contro l’Amministrazione Bush, quando Penn partecipa ad una preghiera in una moschea in Iran, Paese che il presidente repubblicano ha catalogato nell’Asse del Male (insieme con Iraq e Corea del Nord). Nel 2008 viaggio a Cuba e intervista a Raúl Castro, quando ancora gli Stati Uniti sono ben lontani da qualsiasi disgelo e visitare l’isola è vietato ad un cittadino Usa.
Fin qui le mosse di Penn, per quanto provocatorie, s’inseriscono in una collaudata tradizione della sinistra liberal hollywoodiana. Ma altri suoi gesti fanno inorridire anche una parte dei progressisti. L’abbraccio con Hugo Chávez, in particolare. Il primo incontro tra i due avviene nel 2007. Sean Penn ha catturato l’attenzione – e l’ammirazione – del dittatore venezuelano: che lo elogia per avere proposto l’impeachment di Bush. E già qui una parte dei democratici Usa storce il naso: l’impeachment verrà poi escluso da Obama. Soprattutto non è di buon gusto andare a farsi sponsorizzare una campagna simile da un dittatore straniero. Penn farà di peggio, dichiarandosi favorevole (nel 2010) all’arresto degli oppositori di Chávez in Venezuela. Infine nel 2012 continua a stare con Chávez anche quando quest’ultimo appoggia il dittatore siriano Bashar al Assad accusato di stragi dei suoi concittadini (accade all’inizio delle proteste che sfoceranno nella guerra civile).
Penn ha al suo attivo anche un impegno umanitario, in diverse calamità. È in prima fila negli aiuti alla popolazione di New Orleans durante l’uragano Katrina del 2005, peraltro un’occasione in più per denunciare le colpe di Bush. Su quell’evento realizzerà anche un bellissimo reportage filmato. Di nuovo si mobilita ad Haiti dopo il terremoto del 2010, in Pakistan dopo le alluvioni mortali del 2012. Non sono mancate neppure in questi casi le controversie: con accuse abbastanza scontate, di fare del volontariato filantropico a scopi pubblicitari. Penn è un carattere difficile e scontroso, pieno di asperità criticabili, ma non un freddo manipolatore della propria immagine. Dalla sua carriera cinematografica ai matrimoni, divorzi, liti pubbliche con le sue occasionali accompagnatrici, è sempre riuscito a dividere il mondo dei fan. Ora questo “cavallo pazzo” sarà difficilmente controllabile per i governanti messicani. Che devono spiegare la figuraccia delle proprie forze dell’ordine, beffate clamorosamente non solo dal narco-boss ma anche da una star del cinema.