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 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

La lenta privatizzazione di Ferrovie

Per i 12 apostoli delle Ferrovie dello Stato si annuncia un anno impegnativo, che se va bene porterà dritto all’empireo delle società quotate. Con il neo-amministratore delegato Renato Mazzoncini, insediatosi da un mese e indicato dallo stesso premier Matteo Renzi che l’ha conosciuto nella sua Firenze dove guidava Busitalia, lavorano 11 persone, fra le quali due donne di fresca nomina nei ruoli apicali: Gioia Ghezzi, presidente, e Barbara Morgante, amministratore delegato della centralissima Trenitalia.  
La selezione degli 11 (più Mazzoncini) è inesaustiva in un gruppo che ha oltre 100 controllate, ma è questa in sostanza la squadra – con Maurizio Gentile (capo Rfi), Stefano Rossi (Busitalia), Matteo Triglia (Italferr), Roberto Mannozzi (bilancio), Gianfranco Battisti (Alta Velocità), Orazio Iacono regionali), Mario Castaldo (cargo), Gianpiero Strisciuglio (esercizio rete) e Umberto Lebruto (produzione rete) – che ha in mano la patata bollente della riorganizzazione ai fini della parziale privatizzazione del gruppo. Slittata. 
La riunione
Il debutto in Borsa ormai è atteso per il 2017: lo ammettono anche in piazza della Croce Rossa. Ma si lavora per quello. Oggi è in agenda l’incontro al Tesoro con le banche invitate alla gara per la quotazione, da chiudere entro il mese. Tutto sotto la supervisione di Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del ministero e responsabile del comitato per la privatizzazione di Fs che raduna Mazzoncini, Gentile, Ghezzi, Francesco Parlato (direttore per le partecipate al Mef), l’advisor Merrill Lynch e lo studio legale Gottlieb. Per raggiungere l’obiettivo d’incasso da privatizzazioni 2016 (circa 8 miliardi) anche senza la quotazione dell’intera Fs, al Tesoro ora studiano altre opzioni, mentre procede la vendita di Grandi Stazioni. 
Nel gruppo Ferrovie le nomine sono quasi completate, manca solo il presidente di Rfi. Il piano industriale invece è l’incognita. Una prima versione è stata consegnata da McKinsey, Ernst & Young e Brattle a Mazzoncini in dicembre, ma è stata sviluppata con la gestione precedente. Va rivista sulla nuova linea: integrazione ferro-gomma, accordi con gli enti locali, nascita di un polo per cargo e logistica. In più c’è da fare la difficile ricognizione sui binari, per definire la patrimonializzazione del gruppo.  
Cosa c’è dentro «la rete», esattamente? Lo scorporo resta un rebus, ma è ritenuto possibile il conferimento a una nuova entità, o all’Autorità dei Trasporti, della struttura che assegna l’uso delle linee alle altre società ferroviarie, per evitare conflitti d’interesse: si chiama «funzione allocation body».  
Il tandem
Diversamente da Morgante e Gentile, che come gli ex capiazienda Michele Mario Elia e Mauro Moretti nascono dalla rete ferroviaria, Mazzoncini viene dai trasporti. Bresciano, ingegnere, tre figli, è definito «uno che delega» e si sta guardando intorno. È il suo grande debutto, non può sbagliare. Deve accompagnare il gruppo, che con Moretti è diventato un’azienda da carrozzone che era, nel vero sviluppo oltre l’Alta Velocità, anche all’estero. La novità è che si muove in tandem con la presidenza: con Ghezzi addirittura condivide la segreteria, clamoroso viste le frizioni precedenti fra Elia e il presidente Messori.  
Dal canto suo Ghezzi, laurea in fisica teorica, ex McKinsey, si divide fra Roma e l’asse Londra-Zurigo, sede della Zurich dov’è amministratore delegato della International group risk solutions e presidente di Eurolife.  
A destra e sinistra di Mazzoncini siedono i vertici dei business più strategici: Morgante per Trenitalia e Gentile per Rfi, i binari. Donna concreta di staff morettiano, Morgante è il segno della continuità con la redditizia gestione targata Frecciarossa. Livornese, laurea in Statistica, è stata assunta nel ‘95 alla Tav (l’alta velocità di allora) con Lorenzo Necci. È nei consigli d’amministrazione di Centostazioni e della joint venture tedesca Netinera, in questi giorni sta spostando un mucchio di carte nell’ufficio che fu di Vincenzo Soprano. Da direttore strategico, era fra i manager con più responsabilità nella holding. Con lei si conferma l’espansione all’estero, visto che Trenitalia ha ricevuto in novembre il «passport» dalla Gran Bretagna, unica impresa non operativa nel Paese: è l’attestato per partecipare alle gare senza ripresentare le credenziali. A Morgante rispondono Battisti, Iacono e Castaldo.  
Il «piatto Cracco»
Battisti è il direttore dell’Alta velocità. È il responsabile delle Frecce e di tutto il contratto di servizio con il ministero dei Trasporti per la lunga percorrenza. Lavoro imponente. Deve fra l’altro studiare le promozioni, monitorare i concorrenti nella guerriglia dei prezzi, tenere i rapporti con le società che offrono i servizi di bordo e pensare pure al menù: è lui che si è inventato il «piatto Cracco». Iacono è da un anno il direttore del Trasporto regionale: dovrà trovare una soluzione al problema dei pendolari. Ha appena firmato 14 contratti ponte con le regioni in attesa delle gare e l’estate scorsa ha bandito l’asta per i 500 nuovi treni da 4,5 miliardi che si chiuderà a febbraio. Deve garantire che nel 2017 siano in servizio 101 treni elettrici leggeri Jazz, 46 diesel Swing, 119 ordinari Vivalto.  
Castaldo dirige il Cargo, il settore che va razionalizzato: l’obiettivo è scorporarne le attività da Trenitalia.  
Poi c’è la squadra della rete, guidata da Gentile da un anno e mezzo. Ingegnere, presidente del Tunnel ferroviario del Brennero, deve gestire il traffico, progettare le nuove tratte, verificare manutenzione e sicurezza così che non deraglino i treni. Quand’era direttore investimenti della rete, doveva fare il lavoro gramo: tenere i rapporti con il ministero per decidere quali cifre avere dallo Stato e quanto investire, su quali tratte. Incarico che ora spetta a Lebruto, che si occupa dell’ordine di stazioni, binari e massicciate. Mentre Strisciuglio, capo della direzione commerciale e dell’esercizio rete, è l’uomo che dirige l’assegnazione delle tracce e controlla minuto per minuto, dalla sala operativa, se i treni sono in orario. Se c’è un intoppo, deve rimediare. 
Fra i manager di spicco ci sono poi Triglia, Rossi e Mannozzi. Il primo è amministratore delegato di Italferr: reduce dal successo Expo, farà sempre più da capofila all’estero per le opere d’ingegneria italiane. Rossi è il suo omologo in Busitalia, neonominato al posto di Mazzoncini: società in espansione con i contratti ferro-gomma. Mannozzi è l’uomo dei numeri: direttore centrale amministrazione, bilancio e fiscale, lavora a fianco di Luigi Lenci, il direttore centrale per la finanza che si occupa del rapporto con banche e Consob.  
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