Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 11 Lunedì calendario

Quattro chiacchiere con la famiglia D’Auria che scende in piazza a ogni Family day

Il rovente dibattito sulle unioni civili è entrato anche in una casa così.  
Citofonare D’Auria, quinto piano. 
Un ramo di palma infilato nella maniglia della porta d’ingresso. La Bibbia aperta, sulla sinistra, dove comincia il corridoio. 
L’appuntamento è stato fissato da Massimo Gandolfini, neuropsichiatra, presidente dell’associazione medici cattolici della Lombardia e portavoce del comitato «Difendiamo i nostri figli», che ha promosso il Family Day dello scorso 20 giugno e che sta organizzando, sempre qui a Roma, anche il prossimo («Salvo imprevisti, confermo la data del 30 gennaio»). 
Eccola qui, la famiglia D’Auria: c’è il signor Claudio – 53 anni, due lauree, titolare di una società specializzata in consulenze per banche – c’è sua moglie Antonella – che lavora con lui nella stessa società – e poi ci sono figli che spuntano allegri in fondo al corridoio, altri che escono dalla cucina, un altro che arriva con le scarpette da calcio perché sta per andare a giocare in parrocchia (La signora Antonella: «Sono tanti, meglio presentarli in ordine di età: Stefano di 11 anni, Sara di 14, Chiara di 19, Francesca di 21 e Davide di 24»). 
Un salone con la tivù e un divano bianco, ancora l’albero di Natale e il presepe, la mensola con le foto dentro cornici d’argento. 
«Una famiglia normale, come vede... Che però, sull’enorme tema delle unioni civili, e sul disegno di legge Cirinnà, ha idee piuttosto nette» (il signor Claudio adesso parla piano, ha uno sguardo sincero, misura – e misurerà, per tutto il colloquio – ogni parola). 
Continui. 
«La nostra idea in fondo è sempre la stessa dal 2007, quando partecipammo al primo grande Family Day: se si tratta di riconoscere alle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali, diritti come il lascito dell’eredità o l’accudimento in ospedale, siamo d’accordo e, anzi, è evidente si debba fare un passo in avanti... Per realizzarlo, però, sarebbe sufficiente modificare qualche norma del codice civile. Purtroppo, il ddl Cirinnà rappresenta invece un primo passo verso altro...». 
Verso cosa? Qual è il vostro timore? 
«Il nostro non è un timore, ma una certezza: questo disegno di legge porta diritti, come del resto fanno intendere alcuni esponenti del Pd, al matrimonio tra omosessuali... E non solo: apre fessure legislative perfette per poi arrivare anche all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali e all’abominevole possibilità, schermata dietro la step-child adoption, di andare all’estero per affittarsi un utero e tornare in Italia con un bambino da adottare in braccio». 
Dovendo spiegare al più piccolo dei suoi figli, Stefano, chi sono i gay, che argomenti userebbe? 
«Intanto, non userei il termine gay... Perché non mi sembra ci sia nulla di particolarmente gioioso nell’essere omosessuale. Vede, tutti noi nasciamo etero: poi, per una serie di ragioni culturali, alcuni scoprono di nutrire attrazione erotica e affetto per persone dello stesso sesso. E io dico che va bene, certo non vanno discriminati... Anzi, guardi, abbiamo persino qualche amico omosessuale... Ma, spiego poi a mio figlio Stefano, non dobbiamo mai dimenticarci che c’è un aspetto “naturale” e “biologico” fondamentale: e cioè che un bambino nasce dall’unione di un maschio e di una femmina. Ed è questo che determina l’unico vero e possibile nucleo familiare». 
Tornano in salone tutti i figli, rumorosi e un po’ eccitati per la novità della foto di gruppo che finirà sul Corriere. La signora Antonella, con un sorriso dolce: «Ecco, sì: noi pensiamo che una famiglia debba essere così...». 
Sorridere senza guardare nell’obiettivo, chiede il fotografo Claudio Guaitoli. 
Ma loro sorridono senza sforzi, in una contagiosa atmosfera di serenità blindata da un percorso non comune. 
Ancora il signor Claudio: «Ci siamo sposati in tre: io, Antonella e Gesù Cristo. Quindi è stato inevitabile affidarsi alla sua volontà... Sono venuti cinque figli, ma frequentiamo famiglie che ne hanno avuti in dono sette o anche dieci. Noi, a parte il piccolo Stefano che sta per ricevere il sacramento della Cresima, partecipiamo tutti al Cammino Neocatecumenale, il sabato sera andiamo alla Santa Messa e poi, la domenica mattina, ci mettiamo intorno a questo tavolo che diventa altare, cantiamo i salmi con Davide che ci accompagna alla chitarra e quindi leggiamo il Vangelo, confrontandoci alla luce della parola di Dio...». 
Al Family Day del 2015, Davide faceva parte del servizio d’ordine e tornò a casa zuppo di pioggia. Nonostante la pioggia, piazza San Giovanni rimase piena fino al termine della manifestazione. 
Stavolta, come andrà? La Chiesa, i vescovi in particolare, paiono piuttosto tiepidi... 
«Senta: se lo ricorda quando papa Francesco ha fatto riferimento alla “bellezza della famiglia”? Ecco, secondo lei, a quale famiglia faceva riferimento? A quella “normale” o a quella “omosessuale”?». 
Pensando alla grandezza e alla modernità del pensiero di papa Francesco, viene da pensare facesse riferimento a tutte le famiglie possibili... 
«Eh no... Francesco ha in testa un’idea precisa di famiglia, mi creda!». 
Comunque i vescovi sono tiepidi davanti alla prospettiva di una piazza troppo integralista. 
«Tiepidi? Forse. A giugno furono gelidi. Ma ricordo che nel 2007 erano schieratissimi. Come, d’altra parte, ben schierato con noi era anche...». 
Coraggio. 
«Posso fare il nome? Beh, sì, insomma: Matteo Renzi, all’epoca presidente della Provincia di Firenze, disse di sentirsi idealmente in piazza con noi... Mentre adesso, poverino, è in così evidente imbarazzo...».