La Stampa, 10 gennaio 2016
Parla Nadal, smanioso di rivincite
Nadal, il 2015 non è stato il suo anno migliore, anzi: che cosa le è mancato?
«Mi è mancata la fiducia, la sicurezza del mio gioco. Invece ho sofferto di troppa ansia...».
Ne ha parlato anche recentemente a El País, che le chiedeva se si trattasse, cosa stranissima per lei, di paura.
«No, era come se fossi fuori controllo con la respirazione e il tempo sulla palla. Una conseguenza dell’ansia che ti spinge ad accelerare tutto. Credo che sia dovuto agli infortuni e anche alla pressione che mi metto da solo per essere sempre al massimo. Comunque, con tutto quello che è successo, nel 2015 ho finito da n. 5 del mondo: non male».
Qual è stato il momento migliore e quale il peggiore?
«Il peggiore è stato a Wimbledon, dove ho perso una partita in un momento in cui non stavo giocando male. È stata dura. E anche il match contro Fognini agli Us Open, perché conducevo due set a zero. Il migliore è stato quando sono tornato a sentirmi bene in campo e soprattutto gli ultimi due mesi perché non ho avuto nessun infortunio».
Cosa dovrà fare per tornare grande nel 2016?
«Lavorare, lavorare e lavorare. È quello che mi tocca e quello che serve sempre per portare avanti qualsiasi progetto nella vita».
Le Olimpiadi saranno fra gli obiettivi fondamentali quest’anno, visto che ha dovuto saltare quelle di Londra?
«L’obiettivo è stare bene di salute in modo da avere più possibilità. Il resto viene dopo. Ma indubbiamente le Olimpiadi sono molto importanti per me».
Ha giocato di nuovo la Iptl, la Lega asiatica a squadre: questi tornei sono utili per la preparazione?
«La Iptl è stata una sorpresa positiva per me. Oltre che per farmi passare dei bei giorni in Asia mi è servita molto per preparare la stagione, gareggiando ad alto livello e stando a contatto con la gente e gli appassionati in posti in cui non ero mai stato».
Che cosa sapeva dell’India e che cosa ha scoperto?
«Questa volta non ho avuto molto tempo, ma già un po’ la conoscevo perché la mia fondazione ha un progetto ad Anatapur (“Unidos por la Infancia” è stata aperta nel 2007 da Nadal in favore dell’infanzia socialmente svantaggiata in tutto il mondo, ndr)».
Attualmente Djokovic è davvero imbattibile? O sfrutta il suo momento di calo e l’età di Federer?
«Djokovic nel 2015 è stato praticamente imbattibile, come del resto l’anno precedente. Ha completato una stagione davvero straordinaria».
Lei ha ancora qualche soddisfazione da togliersi prima della fine della carriera?
«Non ne ho una in particolare. Voglio tornare a essere competitivo al mio livello e credo di essere sulla strada buona per riuscirci. Voglio avere la possibilità di gareggiare per vincere i tornei che disputo».
Come procede la sua accademia che ha presentato quest’anno?
«Va tutto bene e siamo molto felici perché il progetto sta per vedere la luce. In maggio inaugureremo la Rafa Nadal Academy by Movistar. Ho molto entusiasmo per questo progetto futuro che in realtà fa già parte del mio presente».
Quale sarà il suo impegno nell’accademia? Per qualche periodo sarà presente in campo?
«L’impegno sarà massimo perché il progetto è autentico, ce lo siamo creati in casa. Fino a quando gareggerò ovviamente il mio tempo sarà limitato per questioni di calendario, ma il team che abbiamo messo insieme è molto importante e qualificato».
Ci dice tre motivi per convincere un genitore, magari italiano, a portare un figlio alla sua accademia?
«Perché gli daremo un’educazione basata su dei valori. Non solo nel tennis, perché sappiamo che non tutti i ragazzini potranno realizzare il sogno di diventare dei professionisti, ma ci saranno anche dei corsi scolastici. Si tratterà di tennis e studio insieme».
Le piacerebbe, in futuro, allenare un professionista come oggi fanno Becker, Edberg o Ivanisevic? O si vede più in campo con i ragazzini giovani?
«Non è ancora arrivato il momento di parlare di queste cose. Per ora non mi vedo in quella situazione».
Cosa ha pensato guardando a giugno la finale del Roland Garros, che per tanti anni è stato il suo regno, con in campo Djokovic e Wawrinka?
«La verità è che non ho visto la finale. Immagino che si sia trattato di un momento importantissimo per Wawrinka, che ha giocato un gran torneo e una gran finale. Di sicuro quello che vorrà fare Novak nel 2016».
Pensa mai che se vincesse una seconda volta gli Australian Open diventerebbe uno dei pochissimi (Laver ed Emerson gli altri) a vincere tutti gli Slam almeno due volte?
«Come dico sempre, quello che mi preoccupa di più è il primo turno e il mio prossimo avversario. Del resto ho già conquistato una volta tutti e quattro i tornei dello Slam: quando ero ragazzino mai avrei pensato di vincere tanto».
Quest’anno i top 10 hanno in media 30 anni: non era mai successo prima. Il tennis è diventato uno sport per vecchi o non ci sono giovani di valore?
«Be’, se per lei a 30 anni non ancora compiuti sono vecchio…».
Djokovic, Federer, Murray, Wawrinka… Tutti sposati e con figli. E adesso si sono aggiunti anche i suoi amici Ferrer e Marc Lopez: lei cosa aspetta?
«Guardi, per il momento sto benissimo così come sono».