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 2016  gennaio 10 Domenica calendario

Massimo Russo parla al telefono con Verdelli e mette poi tra virgolette quello che si sarebbero detti

«Sto studiando, ma una cosa ho ben chiara: l’insegnamento di Indro Montanelli, che per tutta la vita ha avuto un unico padrone, il lettore. Credo che questo sia ancor più vero per la Rai, televisione di servizio pubblico. Anche perché siamo obbligati a pagarla, quest’anno addirittura in bolletta». La voce di Carlo Verdelli, di prima mattina, è ancora più bassa del solito. Il nuovo direttore editoriale dell’offerta informativa in Rai risponde con il garbo consueto alla richiesta di un’intervista, l’ennesima: «Ho detto no al Corriere, dove pure ho lavorato molti anni, l’ho negata a Repubblica, con cui ho collaborato negli ultimi tre, è troppo presto».
L’alieno piovuto tra viale Mazzini e Saxa Rubra non ha nemmeno preso possesso dell’ufficio, ma il suo arrivo è già circondato dalle aspettative di chi vorrebbe un’informazione pubblica finalmente adeguata, e dal doppio scetticismo della burocrazia interna: al tradizionale cinismo romano si aggiunge la capacità della pancia della Rai, con suoi 13 mila dipendenti, di masticare ed espellere qualsiasi enzima di cambiamento. Lo scarto che sorprende è stato il segno caratteristico di Verdelli, 58 anni, nella sua carriera. Dall’alchimia di Vanity Fair, capace di mescolare leggerezza e autorevolezza, alla Gazzetta dello Sport – con il numero più venduto da un quotidiano in Italia, con la vittoria ai Mondiali del 2006: 2 milioni 302 mila 808 copie, testata tricolore, titolo «Tutto Vero!».
Stavolta è più complicato, a partire dai poteri che realmente gli saranno attribuiti. Non è chiaro con quali deleghe operative si sostanzierà ciò che anche ieri la presidente Rai Monica Maggioni ha ripetuto al Corriere: «Verdelli avrà la parola definitiva e ultima sull’offerta informativa dei Tg e degli approfondimenti».
Ma cambiare il modo di lavorare di redazioni abituate a ragionare con il manuale Cencelli e a riconoscere il proprio editore di riferimento nella politica, come pure intervenire sui programmi giornalistici realizzati dalle reti a partire dai talk, si annuncia come un compito tutt’altro che facile: «È chiaro che ho già delle idee», dice il nuovo super-direttore, «ma devo capire come siano applicabili in un’azienda da 1900 giornalisti. Ci vorranno un paio di mesi per essere pronti». Giusto quelli entro i quali il mosaico delle nomine dei responsabili di rete e di testata dovrebbe essere definito. Con l’idea di realizzare un servizio migliore, come faceva il grande Indro quando intimava al giovane Verdelli di tagliare senza pietà il suo editoriale, che non ci stava tutto in prima pagina: «Ma chi vuoi che lo legga se gira?»
Lo spettatore al centro: un pensiero per molti eversivo in Rai. «Il vantaggio dell’età», commenta Verdelli, «è di non doversi preoccupare del futuro. E del resto, come si sa, non me ne sono mai preoccupato troppo. L’unica cosa importante è andare a letto la sera sapendo di aver fatto qualcosa di buono». Basterà il telecomando per capire se anche stavolta sarà «Tutto Vero».