la Repubblica, 10 gennaio 2016
Qualche critica alla nuova Rai di Renzi (canone in bolletta, ecc.)
Tanto tuonò che piovve. L’ipotesi di inserire il canone Rai nella bolletta elettrica circolava da tempo e alla fine si è realizzata all’interno della Legge di Stabilità. Il Parlamento ha emanato anche una riforma dell’ente radiotelevisivo pubblico, prevedendo tra le altre cose un cambio della governance attraverso la nomina di un amministratore delegato all’interno di un CdA di 7 componenti. Cercheremo di capire la sostanza dei due provvedimenti, per ora tentiamo di verificarne la coerenza con il Renzi-pensiero, espresso nei 100 punti della Leopolda. Il punto n. 16 affermava che «la Rai ha 15 canali, dei quali solo 8 hanno una valenza “pubblica”. Questi vanno finanziati attraverso il canone. Gli altri, inclusi Rai 1 e Rai 2, devono essere finanziati con la pubblicità, con affollamenti pari alle reti private, e successivamente privatizzati». Al punto 17, invece, si proponeva che la governance della tv pubblica fosse riformulata sul modello Bbc (Comitato strategico nominato dal Presidente della Repubblica che nomina i membri del Comitato esecutivo, con manager e ad). «L’obiettivo è tenere i partiti fuori dalla gestione della televisione pubblica» si concludeva.
Partiamo da quest’ultimo punto. Una riforma che concede poteri ampli ad un amministratore delegato nominato dal ministero dell’Economia, con un CdA blindato da governo e maggioranza parlamentare, in un sistema in cui i contrappesi costituzionali tendono a diminuire, beh, forse espelle tutti i partiti salvo uno, quello al potere. Se si pensa che l’ad avrà piena discrezionalità nella selezione dei direttori di rete e di testata, si comprende che la politica, quella del governo, avrà una preminenza assoluta nella gestione della Rai. Un domani, al posto di un professionista come Campo Dall’Orto, qualcuno potrebbe installare qualcuno meno capace e più servile.
Rispetto al punto 16, far pagare il canone in bolletta sembra neutro, ma non è così. Sono svanite le privatizzazioni di Rai 1 e Rai 2, si è proceduto ad un aumento del carico fiscale. I calcoli variano, ma se l’aumento di gettito si aggirerà sui 500 milioni (tenuto conto dell’abbassamento del canone da 113 a 100 euro), dai 250 ai 330 milioni andranno alla Rai, qualche decina finanzierà l’esenzione degli over75, 60 milioni saranno versati a radio e tv locali e Radio Radicale e il poco che rimane ridurrà altre tasse.
Inoltre, poiché si prevede l’autocertificazione per chi dichiarerà di non essere tenuto al pagamento del canone, avremo un intasamento di ricorsi e cause penali. In Gran Bretagna, dove il canone si paga anche su smartphone, 1,5 milioni di persone si chiamano fuori. In Italia saranno almeno due milioni. Il tasso di evasione è intorno al 27%: vogliamo azzardare che la metà, il 13% “sbaglierà” l’autocertificazione? Visto che scatta l’azione penale, possiamo ipotizzare 250mila cause penali per il canone Rai? Assurdo. Chi ha la seconda casa paga una volta sola, 1 canone per “nucleo familiare”: bene. Ma i coinquilini o chi ha la residenza in una città e affitta in un’altra (studenti fuori sede) pagheranno due volte. Poiché questi bizantinismi dovranno gestirli le società elettriche, prepariamoci al caos. Si sarebbe potuto evitare se, invece che rinnovare per 5 anni con data di inizio retroattiva la concessione del servizio pubblico alla Rai, si fosse cominciato a ragionare sugli spunti della Leopolda.
Prima domanda: cos’è il servizio pubblico? Certo non “L’Eredità”, la “Domenica Sportiva”. Ammettiamo (e un libertario puro non sarebbe d’accordo) che la programmazione culturale di Rai Storia, Rai Scuola e Rai 5 lo siano, aggiungiamoci RaiNews, Isoradio. C’è bisogno di un canone di 2 miliardi e 750 milioni di pubblicità? Sarebbero sufficienti poche decine di milioni. Seconda domanda: è necessaria la proprietà pubblica? Si potrebbe privatizzare tutto, abolire il canone e dare in appalto ai privati lo svolgimento del famoso servizio pubblico oppure, in un sussulto di dirigismo, mantenere Rai 5, News, Scuola e Storia del Tesoro, farle gestire da una Fondazione e prendere dalla fiscalità generale i milioni sufficienti al funzionamento. Così sì che i cittadini avrebbero 2 miliardi in più in tasca, i partiti sarebbero fuori dalla Rai, le professionalità potrebbero esprimersi al meglio e ci sarebbe una vera concorrenza. Purtroppo, si è scelto di # noncambiareverso. Possiamo ancora cambiare canale, ma il canone toccherà pagarlo lo stesso.