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 2016  gennaio 10 Domenica calendario

Ken Rogoff: «È difficile crescere quando la popolazione diminuisce»

New York «Quella che scuote i mercati è una crisi seria, della quale non ci libereremo facilmente, anche se stavolta l’infezione viene solo dalle economie emergenti: soprattutto la Cina, ma anche altri Paesi importanti come Brasile e Russia. Il punto è che, rispetto a vent’anni fa, queste nazioni pesano molto di più sull’economia mondiale. Questa è la cattiva notizia. La buona è che, sempre rispetto a vent’anni fa, il sistema, superate le vecchie rigidità e i cambi fissi, è molto più flessibile. I venti contrari freneranno l’Occidente, ma non credo che vedremo un altro crollo generalizzato».
Di crolli Ken Rogoff, docente di Harvard con un passato di capo economista del Fondo Monetario Internazionale e di campione di scacchi, se ne intende. Acuto analista di quello mondiale del 2008, Rogoff avvertì, subito dopo l’uscita dalla Grande Recessione, che l’ostacolo successivo sarebbe stato la crisi del debito in Europa. E quando l’emergenza della Grecia è stata tamponata l’economista di Harvard ha puntato il dito sulla Cina come futura fonte di instabilità.
Dopo la marcia indietro del governo cinese che ha cancellato i meccanismi di blocco automatico dei mercati appena introdotti, le Borse hanno arginato la caduta. Ma è stata una settimana pesantissima e molti temono il «meltdown» di Pechino.
«Quella cinese è una crisi grave soprattutto per l’alto livello del debito. I “nonperforming loans” sono in rapida crescita e probabilmente la situazione è molto peggiore di quella che emerge dai dati ufficiali. Ma il Paese ha molte risorse. Se le sa gestire bene, il governo potrebbe ancora ottenere, se non proprio un “atterraggio morbido”, almeno una transizione non troppo traumatica da un sistema tutto orientato all’esportazione a uno maggiormente centrato sulla produzione di beni e servizi per il mercato interno. Purtroppo il governo si è mosso male: introdurre, in un mercato estremamente volatile, un “circuit breaker” che blocca tutto quando una fluttuazione supera il 7 per cento è stata una mossa maldestra. Ora Pechino ha fatto marcia indietro. Ci sarà da soffrire, ma non credo a un meltdown generale».
È raro sentire da lei parole di fiducia, sia pure relativa, sugli andamenti economici. Eppure le economie ristagnano, o crescono poco, nonostante il petrolio a buon mercato. Perché non è arrivata l’attesa spinta dall’energia a basso costo?
«Distinguiamo: Stati Uniti e molti Paesi europei hanno beneficiato di questo calo dei costi. I vantaggi sono arrivati fino al consumatore che spende di più. Altrove, dalla Cina all’India, invece, questi vantaggi sono stati fiscalizzati: governi che in passato hanno sovvenzionato il mercato dell’energia per evitare di far costare troppo cara la benzina, si sono limitati a togliere questi sussidi. Così è migliorato il debito degli Stati, ma non c’è stato l’impulso alla domanda interna. Quanto al mio presunto ottimismo, dico solo che poteva andare peggio».
Dove? Dice di non prevedere un vero crollo della Cina.
«Nel vecchio sistema Russia e Brasile, colpiti duramente dal crollo dei prezzi petroliferi e dal calo della domanda interna, sarebbero saltati. Invece ora soffrono ma tengono. Mentre Europa e Stati Uniti rallentano, ma sembrano avere abbastanza forza per restare su un sentiero di lieve crescita nonostante la perdita dei mercati dei Paesi emergenti».
L’Europa, in ripresa, resta debole. È uscita dalla recessione ma, con i prezzi che non crescono, c’è chi teme di scivolare nella deflazione.
«L’Europa è effettivamente stretta in una morsa: da un lato i problemi economici del debito e degli elevati costi del sistema, dall’altro il nodo strutturale della demografia. Difficile crescere quando la popolazione diminuisce. Paesi come Spagna e Irlanda hanno, però, fatto rilevanti riforme strutturali e i risultati cominciano a vedersi. Più in generale, l’indebolimento dell’euro e i benefici del petrolio sotto i 40 dollari al barile stanno ridando fiato all’area Ue. Ma non vale per tutti. La Germania, ad esempio, soffre più degli altri: Cina e Russia sono per lei mercati molto importanti».
Anche l’Italia ha fatto le riforme. È tornato il segno più ma non si può dire che l’economia stia decollando.
«L’Italia, purtroppo, è il Paese europeo più esposto al rischio di una “stagnazione secolare” per il calo della popolazione, il debito e anche altri fattori. Avete varato anche voi riforme importanti, ma dovrete farne più di altri Paesi per compensare questa condizione strutturale più negativa».