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 2016  gennaio 10 Domenica calendario

Dal gasdotto Nord Stream potrebbero guadagnare Eni, Saipem e Ilva

Un sottile gioco diplomatico tra Roma, Mosca e Berlino. Ma se la posta, come si capisce, non è solo industriale ma molto geopolitica, sono almeno tre le imprese nazionali che potrebbero rientrare nella partita dei grandi gasdotti provenienti dalla Siberia. Dai quali, vale la pena ricordarlo, proviene il 30% del gas di cui l’Europa occidentale ha bisogno. Si tratta di Saipem, Eni e Ilva.
Per la prima, in verità, non si tratta di nulla di particolarmente nuovo: la società di impiantistica (che sta per affrancarsi dalla casa madre Eni) era già stata incaricata della posa del South Stream – progetto svanito a causa delle sanzioni verso la Russia e dell’opposizione Ue – e poi dell’erede Turkish Stream, ora in coma profondo. Nelle acque del Mar Nero aveva anche iniziato i lavori, e ad oggi è ancora in attesa del loro pagamento e delle penali, conseguenza della cancellazione dei contratti. Attesa che potrebbe persino sfociare in un ricorso a un arbitrato internazionale. Il Nord Stream, il tubo sotto il Baltico, per Saipem costituirebbe una sorta di risarcimento, anche se il gruppo è naturalmente candidato all’opera (al mondo esistono poche aziende come Saipem) e, anzi, è in attesa da tempo che il consorzio proprietario del gasdotto lanci la gara per il suo raddoppio. Una gara internazionale dove, Putin o non Putin, la spunterà chi farà il miglior prezzo e garantirà la miglior qualità.
Più difficile, invece, che l’Eni rientri nel lotto dei soci del Nord Stream 2 (composto dal monopolista russo Gazprom con il 50%, dalle tedesche E.On e Wintershall, dall’austriaca Omv, dall’anglo-olandese Shell e dalla francese Engie con il 10% ciascuno), visto che fino ad oggi la strategia del ceo Claudio Descalzi è stata quella di concentrarsi sul business principale del petrolio e di non disperdere preziose risorse in business «periferici» come il trasporto del gas. Più o meno gli stessi motivi che avevano spinto il Cane a sei zampe ad approfittare delle sanzioni verso la Russia per uscire dal South Stream.
Chissà, invece, che la vicenda non possa costituire un’occasione per la disastrata Ilva: l’acciaieria di Taranto fornisce anche tubi per gasdotti. Lo scorso ottobre ha perso proprio a favore di un gruppo tedesco, la Salzgitter Mannesmann, la gara per i tubi del Tap, il gasdotto che sbucherà in Puglia provenendo dall’Azerbaigian. Sarebbe una rivincita. Ma proprio a casa di Frau Merkel?