La Gazzetta dello Sport, 9 gennaio 2016
L’ossessione dei ciclisti per la bilancia
Dipende tutto da quei numeri. Ma il peso, nel ciclismo, è un segreto militare. A fatica si riesce a sapere veramente quanto pesa un corridore. Perché il rapporto peso/potenza è determinante per valutare la prestazione. Su quella frazione tra watt e chilogrammi (5,5 watt/kg: un esempio) si scatenano accuse e si costruiscono tesi, a volte avventate. Basta ricordare il Tour 2015 dopo la prestazione di Froome sulla salita pirenaica di La Pierre St. Martin. Un «processo» televisivo alla maglia gialla, per numeri, sì, interpretati disinvoltamente.
Ma il peso negli ultimi anni è davvero diventato un’ossessione. Ciclisti come top model sui pedali. Ne vedremo parecchi che hanno perso, in questo inverno, mezza taglia di misura. Perché? Risponde in maniera molto chiara il professor Luca Mondazzi, esperto in alimentazione del Centro Ricerche Mapei Sport: «Un professionista che pedala a 350 watt di potenza lungo una salita all’8% di pendenza media, passando da 70 kg a 67 kg di peso, aumenta la velocità da 17,8 a 18,35 km/ora, equivalenti a un guadagno di circa 50 secondi ogni mezz’ora di salita o, se si preferisce, ad un guadagno di 35 secondi per ogni kg perso per ogni ora di salita». Cioè 1’45” ogni 60’.
coppia Bradley Wiggins, recordman dell’Ora, è l’unico capace di sdrammatizzare un argomento così sensibile. Lui, 5 ori olimpici su pista tra Atene 2004 e Pechino 2008 (era 82 kg), si è reinventato per vincere il Tour 2012. Adesso il percorso inverso: dai 70 kg della maglia gialla agli 86 kg con cui vuole presentarsi a Rio nel quartetto. Il 2 gennaio, ha «postato» l’immagine della sua bilancia a distanza di quasi due anni. Chris Froome, ex compagno a Sky, ha rivelato lui stesso a dicembre i suoi dati dopo le accuse per le prestazioni al Tour. Dal 2007, stagista alla scuola mondiale Uci di Aigle, a oggi, ha perso quasi 9 chili.
Ma senza alcun riferimento a Wiggins o Froome, come si scende di peso in maniera così brutale? È ancora Mondazzi a illuminarci: «Per le nuove tendenze dietetiche, va commentata la dieta chetogenica, cioè a contenuto in carboidrati pressoché nullo. Queste diete, in uso da decenni, non possono essere utilizzate durante la stagione sportiva. L’esercizio ad alta intensità non può prescindere dalla disponibilità di adeguate quantità di carboidrati, come è stato scientificamente studiato e chiarito. È vero che queste diete possono favorire una veloce riduzione del peso in atleti che abbiano problemi di questo tipo, soprattutto durante le fasi di riposo o bassa attività o anche dopo un infortunio, ma non sono certo insostituibili, in quanto ottimi risultati possono essere ottenuti con regimi dietetici meno estremi e più rispettosi del normale metabolismo».
Diete chetogeniche vuol dire un’alimentazione basata soltanto sulle proteine. Eliminare i carboidrati (come la pasta) significa eliminare glucosio e zuccheri. È una dieta pesante, perché «imbroglia» l’organismo: il glucosio è fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso, e durante questo tipo di regime alimentare il corridore deve essere forte. Spesso diventa nervoso, irritabile. Senza glucosio, l’organismo è costretto a cercarlo in modo alternativo attraverso le proteine ma, soprattutto, i grassi, e deve attivare meccanismi nuovi, perché i grassi non sono la benzina usuale per alimentare la prestazione. Ecco perché la massa grassa cala in maniera così repentina. Si stressa il corpo: il ciclista si allena regolarmente, ma le fonti di «energia» sono diverse. Addirittura si dice che i corridori, sotto i morsi della fame, assumano sonniferi per facilitare il sonno e rimandare il contatto con il cibo. Ancora Mondazzi: «L’eccessiva magrezza rischia di associarsi a veri e propri disturbi del comportamento alimentare. La cronica insufficienza degli apporti nutrizionali, in particolare di carboidrati e anche di proteine, causa perdita di massa muscolare, carenze del sistema immunitario, del sistema endocrino, disturbi della sfera riproduttiva, osteoporosi ed aumento del rischio di sindromi da sovra-affaticamento».
Paolo Slongo è l’allenatore di Vincenzo Nibali da quasi un decennio. Spiega: «I chili in più significano che per andare alla stessa velocità devo metterci più forza e spendere di più. Un chilo in meno in salita può significare 7-8 watt di potenza in più, su 10 km si possono guadagnare una quarantina di secondi. Comunque, il peso non deve essere una ossessione. Bene essere magri, ma bisogna mantenere intatta la forza. Basso era sui 69 chili, Nibali 63-64, e Aru 60-61, la percentuale di massa grassa tra il 5,8 e il 6%, il valore massimo di watt per chilo espressi non superiore ai 6,2».
Roberto Corsetti è il presidente dei medici di ciclismo, alle spalle 16 anni in squadre di altissimo livello. «Essere magri è importante, ma io non ho mai avuto un atleta sottopeso o che abbia esagerato con la magrezza. Mai vista un’emergenza in questo senso. I dati vanno valutati con cautela. Pensate che per la determinazione della massa grassa con la plicometria esistono 34 formule. L’uso di farmaci anoressizanti per agire sul peso? No, lo escludo, e poi non ci sono farmaci che consentano riduzione di massa grassa e peso corporeo che non siano anche vietati. Gli effetti resterebbero per diversi giorni, e un controllo antidoping li scoprirebbe».