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 2016  gennaio 09 Sabato calendario

Nella chiesa di Fuksas fa troppo freddo, nessuno va più a messa

In chiesa fa troppo freddo, non si può celebrare messa e si finisce tutti nella sala parrocchiale. Il caso scoppiato a Foligno, nella chiesa-cubo (così definita per via della forma inequivocabile dell’edificio) progettata dall’archistar Massimiliano Fuksas, cui fa eco la vicenda del ponte Calatrava a Venezia, riporta in primo piano la questione della funzionalità delle opere pubbliche affidate ad architetti e artisti di fama mondiale, e dal costo stellare.
La protesta di Foligno ha travalicato i confini regionali ed è diventata caso nazionale. Il problema – com’è ormai noto – è legato ad un impianto di riscaldamento a pavimento insufficiente tanto da rendere le temperature al minimo del sopportabile, nell’edificio che è, di fatto, un cubo di cemento armato alto 25 metri per 700 metri quadrati di superficie. Nella notte di Natale il troppo freddo aveva costretto i fedeli ad abbandonare la chiesa a metà funzione ed i parroci a spostare le celebrazioni successive nel salone parrocchiale. Una soluzione, questa, che non può essere permanente, come hanno spiegato i parrocci, don Giovanni Zampa e don Antonio Ronchetti. «Abbiamo chiamato dei tecnici perché ci dessero delle soluzioni», ha dichiarato don Antonio, «ma il problema rimane perché non abbiamo la certezza che siano definitive». Anche perché «non possiamo modificare l’interno che deve rimanere tale e quale» ha spiegato a questo proposito don Antonio Ronchetti, che ha aggiunto: «Sono cinque anni che ci ritroviamo puntualmente a dover fare i conti con questa situazione e noi dobbiamo dare la possibilità a chi viene in chiesa di poterci stare ad una temperatura accettabile». I fedeli hanno chiesto a gran voce all’archistar di «venire nella sua chiesa e vedere come si sta qui dentro, così magari ci aiuta a risolvere il problema». D’inverno, poi, ha spiegato ancora don Antonio, «paghiamo circa 800 euro al mese di riscaldamento, ma poi è un sacrificio che non serve a nulla». Parroci e fedeli, inoltre, si sono rivolti anche alla Cei perchè sia presa in considerazione questa situazione diventata un caso-limite.
Quella che è diventata famosa come «chiesa cubo» a Foligno, è stata disegnata dal celebre architetto Massimiliano Fuksas, incaricato dalla Conferenza episcopale italiana di disegnare a Foligno, su un’area che aveva ospitato un campo container per gli sfollati, un nuovo edificio sacro, che doveva rappresentare il simbolo di rinascita dopo il terremoto che nel ’97 colpì l’Umbria e le Marche. L’opera è costata oltre 3 milioni di euro, è stata inaugurata nel 2009 ed è considerata un gioiello dell’architettura sacra moderna, ma non è mai stata veramente amata dai fedeli, giudicata troppo d’impatto con il contesto naturale e architettonico circostante e soprattutto poco vicina alle esigenze delle persone.
Destino piuttosto comune a molte degli edifici sacri recentemente costruiti grazie all’impulso della Cei e con il coinvolgimento, appunto, dei più grandi artisti presenti sulla scena internazionale. Il dibattitto è antico e non ha portato a soluzioni concrete. I casi sono molti. Per esempio, si potrebbe ricordare anche la famosa chiesa detta delle Tre Vele, a Roma, nel quartiere periferico di Tor Tre Teste, progettata da Richard Meier. Quella che doveva essere la chiesa simbolo del Grande Giubileo del 2000, frutto di un concorso internazionale, a pochi anni dalla consacrazione si trovava già in un evidente stato di degrado.
Spaccature sulla pavimentazione esterna, lettere in metallo per la titolazione della chiesa asportate, screpolature nei conci delle vele, colature di ruggine sul muro perimetrale (tra l’altro assente nel progetto originario di Meier), macchie di umidità sulle pareti e infissi fortemente degradati nella zona adibita a locali parrocchiali: ecco quello a cui si trova davati oggi il visitatore che la vada a vederla. Ai problemi strutturali si aggiungono anche quelli più strettamente legati alla pulizia e manutenzione. L’altro ordine di problemi, oltre quelli costruttivi, riguarda invece gli alti costi di manutenzione che una piccola parrocchia di periferia molto difficilmente può sostenere.
E non dimentichiamo un’altra vicenda paradossale, quella della chiesa Madre di Gibellina Nuova, ideata e progettata dall’architetto Ludovico Quaroni. Decine e decine di anni, crolli vari, e poi finalmente ecco la chiesa, che diventa rapidamente famosa come «chiesa palla», per via della sua forma insolita, soprattutto se associata ad un edificio di culto. L’edificio si trova nella zona alta della città, è difficile da raggiungere e tutti gli abitanti sono costretti ad andare a messa in macchina. Entrando ci si trova realmente spaesati. Tanto è vero che poi è stata costruita, ad una certa distanza, una nuova chiesa, molto meno artistica, ma decismaente più frequentata.