Il Messaggero, 9 gennaio 2016
I furbetti del museo dell’Eur, timbravano e poi uscivano. Chi a fare la spesa, chi a giocare alla Snai
Non ne poteva più di vedere quei colleghi assentarsi dal lavoro con tanta spregiudicatezza, di saperli incassare a fine mese uno stipendio pulito ma spesso immeritato, alla faccia di chi un lavoro non ce l’ha o vive in perenne condizione di precarietà. Così nel luglio del 2014, un dipendente del Museo delle Arti e Tradizioni popolari di piazza Marconi, all’Eur, si fa coraggio, va dai carabinieri e vuota il sacco: «Al Museo una buona fetta dei colleghi è assenteista e pure la direttrice non scherza». I militari avviano le indagini, prima alcuni appostamenti tradizionali poi, visto che il fenomeno era ancora più evidente di quanto pensassero, ottengono dal pm Stefano Fava di mettere sotto il controllo delle telecamere i colletti bianchi “infedeli”. Tra gennaio e febbraio riprendono e documentano minuziosamente le assenze «continue e reiterate» di tredici persone. Nel mirino, appunto, anche la direttrice, Maura Picciau, che nel periodo 3 febbraio/ 25 febbraio risulterà presente solo nei giorni 10, 11, 12, 18, 19 e 20. Ma è la legge che, in quanto dirigente e non soggetta a limiti d’orario, glielo permette. Nei suoi confronti il gip non ravvede condotte penalmente negligenti e respinge la richiesta di arresti domiciliari. Picciau è sarda, ha una bimba piccola, chi la conosce sa che anche quando è a casa, in Sardegna, si porta dietro faldoni di lavoro. Per altri tre amministrativi, il giudice per le indagini preliminari Massimo Di Lauro, chiede lo stralcio, proponendone l’archiviazione.
LE POSIZIONI
Per nove, invece, ieri è scattata la misura cautelare del gip che, rigettando la richiesta dei domiciliari, ne dispone l’applicazione della misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici per la durata massima di un anno. Si tratta di Roberto Fabriani, 66 anni, Roberta Scoponi, 54 anni, Walter Rossi Gandin, 48 anni, Stefano Sestili, 62 anni, Maurizio Di Gregorio, 58 anni, Raffaella Bagnoli, 44 anni, Maria Giovanna Rita, 65 anni, Claudia Graziosi, 57 anni e Marina Innocenzi, 50 anni. Sono indagati per falso ideologico e truffa aggravata nei confronti dello Stato, alcuni in concorso tra di loro. Si timbravano il badge a vicenda, rubando ore preziose di lavoro e di stipendio. Più pesante la posizione di Fabriani, che venne addirittura arrestato e poi rilasciato a fine febbraio, che si assentava praticamente tutto il giorno per andare a giocare in sala scommesse, e di Scoponi sorpresa a lavorare come commessa nella frutteria del marito al Tintoretto in orario di lavoro. Tra i nove ci sarebbe anche un iscritto alla Cgil contro cui il sindacato è furioso: «Stiamo verificando, è un fatto gravissimo, se confermato lo butteremo fuori», dice il segretario Natale Di Cola.
LE REAZIONI
Incredulità, poi l’imbarazzo, alla fine il fuoco. Il clima non è certo sereno al Ministero per i beni culturali e per il turismo su cui l’operazione Museum dei carabinieri del Reparto Operativo è piombata come un meteorite. La reazione è stata immediata. A scendere in campo, è stato il segretario generale dei Beni culturali Antonia Pasqua Recchia. Riunioni, confronti, fino alla presa di posizione. «Serve una relazione dettagliata sui fatti da parte della direttrice del museo», tuonano. «È stato subito avviato un procedimento disciplinare che porterà conseguentemente – continuano dagli uffici del Ministero – alla sospensione dello stipendio degli impiegati coinvolti, per tutto il periodo che ovviamente non potranno esercitare le loro funzioni, fino anche alla loro messa in mobilità e al successivo licenziamento».
Da una parte l’ossessione per il gioco diventata irresistibile; dall’altra il richiamo del senso del dovere ma non nei confronti dello Stato che le aveva dato un posto di lavoro e uno stipendio, ma degli affari di famiglia. Tra i nove dipendenti infedeli denunciati per truffa e falso ideologico e sospesi dall’attività pubblica per un anno, ecco spuntare i casi di Roberto Fabriani, 66 anni, qualifica “addetto di supporto” e un lontano precedente per tentata rapina, e Roberta Scoponi, assistente tecnico di 54 anni. Il primo di passare tutte le giornate al lavoro (il Museo delle Arti e Tradizioni popolari dell’Eur è aperto dal martedì alla domenica dalle 8,30 alle 19,30) non ne voleva proprio sapere. E così è stato pizzicato dai carabinieri nella sala della Snai a scommettere sulle partite di calcio in pieno orario di servizio. Altre volte aggiungeva anche un giretto per fare la spesa. «Dopo avere con condotta fraudolenta attestato l’inizio del servizio timbrando il badge elettronico – scrive il gip Massimo Di Lauro nell’ordinanza – si allontanava dalla sede lavorativa senza timbrare l’uscita per dedicarsi al disbrigo di faccende private e/o per divago presso centri scommesse e rientrandovi poi solo al termine del turno per attestare falsamente il fine servizio».
NEL MIRINO
Il dipendente infedele viene monitorato dal 3 al 24 febbraio 2015 e il 25 quando, dopo avere timbrato alle 7.17, per l’ennesima volta, stava lasciando l’edificio di piazza Marconi, viene arrestato in flagranza. Ma poi rilasciato dopo la direttissima e subito reintegrato al lavoro. In tutto viene sorpreso ben diciassette volte a timbrare il cartellino d’entrata e poi lasciare il posto di lavoro come se nulla fosse. Un esempio: l’11 febbraio passa il badge alle 7.37, ritimbra il cartellino d’uscita alle 15.47. Invece i carabinieri verificano che si assenta dal Museo dalle 7.38 alle 15.42. Il 19 febbraio a fronte dell’orario di servizio attestato falsamente con inizio alle 7.15 e fine alle 15.41, si assenta in maniera continuativa dalle 7.15 alle 15.32.
AFFARI DI FAMIGLIA
Se Fabriani fa tutto da solo, Roberta Scoponi si avvale della complicità dei colleghi Walter Rossi Gandin, 48 anni, addetto ai depositi e Stefano Sestili, 62 anni, assistente tecnico, per svignarsela dalle sale museali e andarsene nella frutteria del marito, nel vicino quartiere del Tintoretto, a dare una mano dietro al bancone. Gli uomini del nucleo operativo del tenente Stefano Scollato documentano tutto, anche attraverso i filmati. A proposito dei tre il gip Di Lauro scrive: «Dopo essersi alternati nell’attestare falsamente l’inizio del servizio con il badge, si allontanavano dalla sede lavorativa, senza timbrare l’uscita, per dedicarsi al disbrigo di faccende private e come nel caso della Scoponi, per svolgere mansioni di commessa in attività commerciale del marito». In particolare Gandin Rossi più volte passa il badge al posto della Scoponi in entrata: il 6 febbraio per esempio timbra per lei alle 8.37 quando invece entra solamente alle 11; il 13 febbraio timbra alle 8.53 quando lei arriva alle 11.07. Timbrarsi i cartellini a vicenda, del resto, al Museo dell’Eur per alcuni era la prassi. Come per gli amministrativi Maurizio Di Gregorio, 58 anni, Raffaella Bagnoli, 44 anni, e Maria Giovanna Rita, 65 anni, i quali «si avvicendavano analogamente per attestare il fine servizio». O di Claudia Graziosi, 57 anni, e la collega Marina Innocenzi. Un “giochetto” che permetteva loro di ritagliarsi tempo libero a fronte di uno stipendio pieno e «immeritato».