la Repubblica, 9 gennaio 2016
Se vince a Milano, Sala vuole de Bortoli nella giunta
Chiusura netta al Nuovo Centrodestra. Scintille su Comunione e Liberazione. I primi nomi di una possibile squadra di governo. E due idee di città che, per la prima volta, si confrontano, anche se con una grande assente: la terza candidata, non invitata a questo dibattito. Sono le primarie più belle d’Italia (copyright Giuliano Pisapia), quelle che a Milano sceglieranno, il 7 febbraio, il prossimo candidato sindaco del centrosinistra: Beppe Sala e Pierfrancesco Majorino sono due dei partecipanti, dovrebbero essere – ma qui, le polemiche, abbondano – quelli più distanti. E per tutta la serata, in effetti, l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino lancia frecciate a Sala sul suo passato da city manager con Letizia Moratti e sulle sue dichiarazioni non sempre nette sul perimetro della coalizione. E Sala, questa volta, non lascia spazio a interpretazioni: «Non allargherò mai a chi è stato all’opposizione della giunta Pisapia, sarebbe strano vedere Ncd al governo della Regione con Maroni e in Comune con il centrosinistra».
Guarda al civismo e chiede che «Milano sia indipendente anche politicamente da quello che succede a Roma», ma è su una possibile apertura a Cl – che in Lombardia vuol dire Roberto Formigoni – che il commissario Expo fa un distinguo destinato ad essere il nuovo fronte di attacco da parte di chi non lo ama. «Non ho vicinanza né ho mai aderito a Cl – precisa – ma è un movimento che ha al suo interno tante anime, e non si può non vedere il percorso che sta facendo al suo interno, anche con delle spaccature: io non appartengo alla categoria di chi criminalizza prima di vedere il valore delle singole persone, non lo sono mai stato e mai lo sarò». E, visto che è il suo primo dibattito da politico ma qualche dimestichezza con le polemiche ce l’ha, Sala aggiunge subito: «In cinque anni di Expo andate a vedere qual è stato il ruolo di Cl e della Compagnia delle Opere, spulciate nei nomi delle aziende. È la realtà dei fatti quella che conta». Servita sul piatto d’argento a Majorino, che raccoglie applausi scandendo che «Cl rappresenta il peggio, Formigoni e i suoi amici non li voglio neanche vedere, una delle colpe politiche del centrosinistra lombardo anni fa è di aver fatto poca opposizione a quel sistema di potere», salvo poi specificare che «nel terzo settore, tra i tanti soggetti che aderiscono a Compagnia delle opere, ci sono anche cooperative che lavorano con noi nell’assistenza profughi, l’importante è che siano ben chiari i confini».
In due, sul palco del cinema Anteo, ma con la presenza nell’aria di Francesca Balzani, la vicesindaco appoggiata – oggi si capirà, forse, se anche con un endorsement pubblico – da Giuliano Pisapia. Ed è il nome del sindaco arancione quello che torna nelle parole di Majorino e in un gesto molto concreto di Sala: che proprio al sindaco ha, in qualche modo, sfilato buona parte dei suoi assessori (sette su dodici della giunta attuale, più tre ex). Qualcuno di loro, fa capire Sala, farà parte della sua squadra, se dovesse vincere, perché «è di buon senso, per partire subito lanciati, avere con me alcuni interpreti di questa stagione». C’è spazio, però, anche per nomi alti: Sala fa quello dell’ex direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli (che risponde: «Lo ringrazio, sono lusingato e gli faccio tanti auguri, ma ho detto da tempo che non sono disponibile»), Majorino cita l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno e la ginecologa Alessandra Kustermann.
Si dovranno aspettare i primi confronti a tre per valutare i candidati: per adesso Majorino – che Sel e una parte della sinistra arancione sperano ancora si ritiri – cerca di qualificarsi come l’anti-Sala (lo provoca: «Non abbiamo bisogno di un altro amministratore di condominio») e porta le sue idee, come quella del reddito minimo comunale. Sala non vuole farsi relegare nel ruolo di manager, che pure non disconosce: guarda alle “ferite della città” da ricucire, si accredita come la persona giusta per interloquire ad armi pari con il governo e per trovare fondi. E lancia la sfida oltre il 7 febbraio: «Indietro non si torna: il centrodestra ha governato venti anni, ma se perdiamo stavolta, ce li becchiamo per altri venti».