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 2016  gennaio 08 Venerdì calendario

Impiegati chiusi in una bara con tanto di finti funerali per fargli apprezzare la vita. Succede in Corea del Sud, nella patria dei suicidi

In Corea del Sud la nuova frontiera del team building, ossia quegli strampalati esercizi aziendali utili a cementare il gruppo e a motivare gli impiegati, è l’organizzazione di fìnti funerali. Esistono società apposite, come lo Hyowon Healing Center, a cui le aziende commissionano realistiche simulazioni di servizi funebri nelle quali gli impiegati, dopo aver scritto struggenti lettere d’addio ai loro cari, vengono chiusi dentro bare di legno per dieci minuti con la sola compagnia di una fotografia di quando erano più giovani e spensierati. Questa sorta di interpretazione con metodo Stanislavskij dell’antico e pacificante concetto del memento mori viene organizzata perché gli impiegati riflettano sul senso della vita, rivedano in modo più sano le proprie priorità e finiscano con il ridimensionare i problemi della vita quotidiana. Il tutto di fronte all’idea del tristo mietitore, impersonato da una figura nerovestita che ha l’incarico di chiudere le casse. Perché, si sa, in fondo a tutto c’è rimedio, fuorché...
Questa messinscena catartica può apparire piuttosto bizzarra, ma bisogna anche considerare che l’emergenza suicidi in Corea impone la ricerca di strade innovative per essere trattata. Lo stress e la depressione (conseguenza, per il 25 per cento dei sudcoreani, dall’ipercompetitività sul lavoro, secondo un’analisi della Korean Neuropsychiatric Association) si sono ormai trasformati in una vera piaga per il Paese. Il suicidio è la quarta causa di morte più comune (la prima per chi ha meno di 30 anni), e ogni giorno sono circa 40 i sudcoreani che si tolgono la vita, gli uomini con frequenza doppia rispetto alle donne. Tutto questo fa della Corea del Sud la nazione con più suicidi pro-capite tra i Paesi industrializzati.