La Stampa, 8 gennaio 2016
Perché Carla Fendi lascia il cda del Festival di Spoleto (c’entra la privacy)
«La decisione è scaturita da una valutazione ponderata e sofferta. Non posso aderire a certe richieste relative ai mezzi di pubblicazione di alcuni dati personali». Carla Fendi, quarta – dopo Paola, Anna, Franca e prima di Alda – delle sorelle che hanno fatto grande la casa di moda fondata nel 1925 dai loro genitori, pesa le parole, ma ribadisce la scelta: si dimette dal Consiglio di Amministrazione del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Era stata nominata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, rimasto spiazzato.
Carla è presidente della Fondazione che porta il suo nome, creata nel 2007 allo scopo di «difendere e sviluppare il nostro patrimonio nel campo dell’arte, della letteratura, del cinema, della moda, dell’ambiente e dell’impegno sociale».
Signora, che cosa l’ha portata a questa scelta?
«Sono stata formata a considerare il bene pubblico come qualcosa di non alienabile da una complessiva visione della società. Nella nostra famiglia questo è stato l’indirizzo che ha fatto maturare nelle coscienze l’esempio dei nostri genitori. Quanto abbiamo costruito è la riprova di come noi sorelle fossimo determinate nell’agire a livello sociale. Ma è per me prioritario salvaguardare le esigenze di sicurezza e tutela della privacy».
Si riferisce alla cosiddetta «legge sulla trasparenza» che obbliga presidenti e consiglieri di amministrazione delle tante aziende partecipate dallo Stato e dagli Enti locali, e che si estende anche agli «enti di diritto privato controllati», a pubblicare on line tutti i beni posseduti?
«Capisco la necessità che incarichi di interesse pubblico debbano seguire le normative in materia, questo però non può andare a nocumento delle tutele personali, in particolare la sicurezza».
Lei è la punta di un iceberg. Alcuni consiglieri di istituzioni teatrali e liriche, anche rappresentanti di fondazioni bancarie, che preferiscono rimanere anonimi per non inasprire i rapporti col Ministero e prestano la loro opera a titolo gratuito, definiscono questa normativa un «misto di comunismo sovietico e di moralismo cattolico». La sua opinione?
«Non entro nel merito di una normativa complessa, il cui iter mi risulta essere allo studio del Ministero. In maniera poco tecnica potrei dire che bisognerebbe prevedere delle esenzioni alla comunicazione di determinati dati riferiti a persone che coprono quelle cariche per riconosciute qualità imprenditoriali o per aver apportato al Paese Italia un contributo di sviluppo nel mondo».
Aiuterà ancora il Festival, come ha fatto in questi anni, anche con il restauro del Teatro Caio Melisso?
«Ho sempre operato da mecenate, senza altro ritorno se non la felicità di veder tutelata la bellezza che ci circonda e che sarà il patrimonio delle generazioni a venire. Tengo a far conoscere questa vicenda perché altri ne possano prendere esempio. Il mondo è pieno di occasioni: basterebbe guardarsi attorno con cuore aperto. È con un simile atteggiamento che ho aggiunto alle mie iniziative quella di sostenere l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Rimango Presidente Onoraria del Festival di Spoleto con il cuore e tutto il mio impegno».