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 2016  gennaio 08 Venerdì calendario

Sulla caduta del Milan

Nell’autunno del patriarca il pallone ha rimbalzi sghembi: l’ennesimo allenatore bruciato è un altro tuffo nella malinconia. Il 20 febbraio ricorrerà il trentennale dell’avvento di Silvio Berlusconi al Milan. Impedisce le celebrazioni lo stato di società e squadra, crudelmente simile al 1986: il vertice della serie A è lontano, per vedere le migliori d’Europa serve il cannocchiale, i conti economici non sono drammatici come allora, però nemmeno rassicuranti e lo attesta l’infinito e per ora vano tentativo di coinvolgere investitori stranieri. Eppure il Milan era salito sul tetto del mondo: 5 Coppe campioni, 2 Intercontinentali, 1 Mondiale per club, 8 scudetti, 5 Supercoppe europee e 6 italiane, 1 Coppa Italia. La rapidità della caduta impone la domanda: come è potuto succedere?
Non bisogna voltarsi poi troppo indietro: l’ultimo scudetto e l’ultimo successo (la Supercoppa italiana di Pechino) sono del 2011, l’addio degli ultimi senatori del ciclo vincente (Nesta, Pirlo, Gattuso, Seedorf, Inzaghi, Zambrotta) è del maggio 2012 con annessa vendita di Ibra e Thiago Silva agli sceicchi del Psg per 62 milioni di euro. Il declino sportivo, parallelo a quello finanziario, si è consumato in meno di 3 anni: ottavo posto nella stagione del benservito ad Allegri, rimpiazzato dal neofita Seedorf, decimo posto nel campionato dello sfortunato battesimo di Inzaghi e mediocre presente, con Mihajlovic annaspante e il club aggrappato alla Coppa Italia, non più guardata con sdegno.
Due campagne acquisti a costo zero o quasi hanno portato Birsa, Matri, Essien, Taarabt, Torres, Cerci, il dignitoso ricordo di Kakà, il fragile Ménez, il fantasmatico Balotelli e per pochi mesi Destro, concupito al citofono nella famosa scena da cinepanettone di Galliani, cui non basta più l’intuizione su Bonaventura. La Curva Sud gli è univocamente ostile: gli rimprovera gli 80 milioni spesi nell’ultimo mercato per Bacca, Romagnoli, Bertolacci, Luiz Adriano e Kucka. Il modello di Galliani, rintanato nell’eremo di gestore della parte sportiva con Raiola, Preziosi e pochi eletti, denuncia limiti di vetustà, né vale l’alibi dell’affare Tevez, sfumato perché Berlusconi gli preferì Pato, all’epoca fidanzato della fi- glia.
Qui emerge tuttavia l’altra faccia della medaglia arrugginita: l’ascesa della concorrente Barbara, che reclamava un ruolo adeguato a quello dei fratelli maggiori Marina e Piersilvio. Entrata nel 2011 nel Cda, non ha ottenuto dal padre nel dicembre 2013 la testa del rivale, ma l’analoga carica di Ad e vicepresidente con delega alla parte commerciale. Il Milan a due teste è da allora in perenne e sfinente battaglia interna. Di Barbara si ricordano fin qui il trasloco nella nuova sede al Portello in costoso affitto, il varo poco premiato dal pubblico di museo, ristorante e store, il piano ancora vuoto destinato a Milan Lab e soprattutto il progetto milionario del nuovo stadio, sconfessato dal genitore: assieme all’idea sono già spariti, e non gratis, alcuni consulenti e dirigenti. La diaspora dal marketing prosegue: ieri ha abbandonato Roberto Fedi. Chi aveva lasciato via Turati non era poi così male, se Braida lavora al Barcellona e Laura Masi al Bayern, per tacere di Ancelotti e di Allegri.
Da Arcore il padrone scuote la testa, come se il Milan bifronte non fosse cosa sua e come se sue non fossero tutte le scelte. Ha convocato ex eroi, Maldini e Albertini in testa, senza dare seguito alle loro opinioni. Dal 1994 la squadra è vetrina politica, con regolari travasi da Forza Italia al Milan e dintorni e molti sondaggi per capire quanto sarebbe costata, in termini elettorali, la cessione di un giocatore (vedi Kakà e Pirlo). Media compiacenti alimentano il mito del deus ex machina, mai sfiorato dalle terrene cose. Di recente torna spesso a Milanello, a raccontare barzellette e vendere agli sponsor una leggenda che non c’è più. Quanto alla trattativa con Mister Bee il broker thailandese pronto a raccogliere mezzo miliardo in cambio della minoranza – non sembra più la fine dell’autunno del patriarca.