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 2016  gennaio 08 Venerdì calendario

Per festeggiare i 50 anni di carriera Patty Pravo se ne va a Sanremo

«Non tengo i conti, quello lo fanno altri. Ma visto che sono 50 anni di carriera, il Festival sarà la prima di una serie di festeggiamenti che dureranno tutto l’anno». Patty Pravo, al secolo Nicoletta Strambelli, 67 anni e un curriculum con oltre 100 milioni di dischi venduti nel mondo, torna in gara a Sanremo dopo 5 anni.
Cosa vede nei «Cieli immensi» che danno il titolo alla sua canzone?
«È una ballad che racconta un amore non capito. Anche quando sembra che venga capito, la comprensione resta in sospeso».
Nella vita i suoi amori sono stati così?
«Sono stata fortunata. Ho sempre avuto persone che mi hanno amato. E tuttora è così».
Nel nuovo album che uscirà in quei giorni sono annunciate collaborazioni importanti: Tiziano Ferro, Giuliano Sangiorgi, Gianna Nannini, Emis Killa, Samuel dei Subsonica...
«Ho voluto con me grandi musicisti e un produttore come Michele Canova, ma è ancora presto per svelare tutto. Intanto mi aspetto di fare un Festival senza stress».
Vale ancora la pena farlo?
«Dimmi chi ti offre 12 milioni di persone che ascoltano la tua canzone... Purtroppo non si fa più musica in tv. Dovrebbe tornare una manifestazione bella come il Festivalbar».
Ci sono i talent. Li guarda?
«Sono contraria alla tecnica. Mi dà fastidio quando si guarda solo quella. A volte li seguo, butto un occhio nella speranza di trovarci qualcosa di interessante...».
Fossero esistiti quando lei era solo Nicoletta Strambelli ci sarebbe andata?
«Noooo! Non potrei mai stare 24 ore in una casa con persone che non conosco. Non ce l’avrei mai fatta».
Che direbbe alla se stessa del 1966, quella che stava per incidere «Ragazzo triste»?
«Vai avanti, festeggerai i 50 anni di carriera a Sanremo. Ero me stessa in tutto. Se non mi piaceva qualcosa lo dicevo. Non ho rimpianti, nemmeno per i no che ho detto».
Nicoletta divenne presto «la ragazza del Piper»...
«Alberigo Crocetta, fondatore del locale, mi notò e mi chiese se sapevo cantare allo stesso modo in cui sapevo ballare. Risposi di sì, dicendo una bugia».
Perché?
«Studiavo direzione d’orchestra e non mi ero mai posta il problema se sapevo cantare o meno. Come dicevo prima, non ho mai creduto nella tecnica, meglio l’istinto. Crocetta iniziò a farmi girare per localini a farmi il mazzo. Mi esibivo accompagnata da un trio, facevamo & Nina Simone...».
Bei tempi?
«Mi sono divertita in maniera incredibile».
Nel 1970 partecipò al suo primo Festival con «La spada nel cuore». Ricordi?
«Ero curiosa e chiesi a Ennio Melis (mente della Rca italiana, il papà dei cantautori ndr) di mandarmi. Nella prima serata ho battuto anche Celentano, che era il mio mito, che poi vinse con “Chi non lavora non fa l’amore”».
Il Sanremo preferito?
«La partecipazione perfetta è stata quella del 1984 con la canzone “Per una bambola”. Avevo una gran voglia di fare. Avevo vissuto qualche tempo in America dove avevo frequentato giapponesi e da lì è nata l’idea del look da geisha. Fu il coreografo Maurice Béjart a suggerirmi di collaborare con un Gianni Versace allora ancora non così famoso. Gianni smontò degli abiti che aveva nel suo atelier per creare quelli di scena».
È vero che «La bambola» non le piaceva?
«Non mi piaceva affatto».
Perché?
«All’inizio il significato che avevo colto era di qualcuno che giocava attorno alla donna. Ma poi ne ho capito il senso vero e infatti è diventata la prima canzone femminista».
È sempre stata un’icona sexy: dalle giacche portate senza nulla sotto, alla copertina di Playboy, al topless di quest’estate su Facebook... Le piace giocare?
«Più che un gioco è qualcosa che mi viene naturale. Non sono una donna formosa, ma ho delle forme androgine che mi permettono certe cose».