Corriere della Sera, 8 gennaio 2016
La prima donna capo di Trenitalia, Barbara Morgante, spiega perché i biglietti dei treni sono più cari
«Non giocavo con i trenini da piccola. Ma nemmeno con le bambole». Barbara Morgante, prima donna amministratore delegato di Trenitalia, l’azienda di Ferrovie dello Stato che movimenta il traffico, classe ‘62, livornese di nascita, chietina d’adozione, dà l’impressione di trovarsi a proprio agio nel palazzone romano, pieno di ferrovieri di piazza della Croce Rossa.
«Si ricordi che prima di gestire le strategie del gruppo sono stata in Rfi (la controllata che gestisce la rete), dove c’erano per lo più uomini, ingegneri, mentre io venivo dalla statistica». Sarà per questo che si è «innamorata» prima di tutto di una tabella, quella dell’orario ferroviario «con tutti quegli incastri perfetti»: «Sono una precisa, tipica Vergine, ci tengo al rispetto dei tempi. E qui c’è ancora molto da fare...».
Partiamo da qui. C’è la percezione in chi viaggia che alla puntualità sui treni veloci si sia un po’ derogato nell’ultimo anno. Mentre sugli aumenti, no.
«L’indagine da noi commissionata registra un 95% di clienti soddisfatti. Ma è vero, qualche problema di puntualità c’è a causa del forte aumento dell’offerta da parte di tutti e di alcuni lavori sulle linee».
Parliamo degli aumenti che sono scattati.
«Riguardano il servizio che sta sul mercato senza sovvenzioni, sono una nostra prerogativa».
Ma suonano malissimo.
«Gravano solo sui biglietti a tariffa piena, il 14% del venduto: è per la clientela che necessita della massima flessibilità».
Il servizio non era già remunerativo?
«Abbiamo da sostenere gli investimenti, ne abbiamo messi in campo per 1,6 miliardi in autofinanziamento».
Quando si potrà usufruire della maggiore velocità del nuovo Frecciarossa 1000?
«In prova notturna abbiamo superato i 390 km/ora senza alcun problema e continueremo i test fino all’estate prossima; poi spetterà al ministero e all’Agenzia darci il via libera».
Se ne avvantaggeranno anche le altre tratte?
«Con l’arrivo dei nuovi Frecciarossa 1000 potremmo utilizzare ulteriori Etr 500 sulle altre linee, direi dal secondo semestre 2016».
Restano le note dolenti dei servizi regionali: la maggior parte dei contratti restano a Trenitalia.
«Sì, vorrei chiarire che siamo favorevoli alle gare, che partecipiamo dove si fanno e che siamo organizzati per fare offerte competitive. L’importante sono le condizioni di parità con i concorrenti».
Parliamo intanto del servizio che darete.
«Senz’altro con nuovi treni laddove il contratto lo consente».
E dove lo consente?
«Diciamo che nessuna Regione resta a zero».
Serve anche un certo numero di treni.
«Il primo semestre del 2017 avremo in esercizio 101 Jazz, 46 Swing e 119 Vivalto. I treni quindi ci sono. Servirebbe anche che l’offerta venisse razionalizzata, eliminando servizi ormai in perdita per concentrare mezzi e risorse sugli snodi principali, puntando sull’intermodalità».
Anche la sicurezza resta un punto debole.
«I reati sono crollati del 90% con l’uso dei varchi all’ingresso dei binari».
Barriere che però fanno perdere tempo.
«Dobbiamo bilanciare le esigenze».
Il governo, ma anche il nuovo ad del gruppo punta molto sull’integrazione ferro-gomma. A che condizioni la ritiene possibile?
«Non sarà semplice: il trasporto pubblico locale è regolato da contratti espressi da Regioni, per il ferro, cui si aggiungono i Comuni, per la gomma, bisogna trovare un giusto equilibrio e un dialogo più stretto tra i vari decisori, a vantaggio dei cittadini, partendo dall’integrazione tariffaria e delle informazioni sui servizi».
Vi farete carico di situazioni locali in forte perdita? Si parla dell’Atac, l’azienda romana.
«Si può anche pensare di risanarle alcune situazioni nel giro di qualche anno, se con il nostro modello industriale, che prevede anche libertà d’azione, c’è un ritorno economico».
Il nuovo ad di Trenitalia, che ha lavorato con l’ex capoazienda Mauro Moretti, non sembra aver ereditato da lui il rapporto «muscolare» con il sindacato cui promette un confronto, «a patto che si rinunci a certi privilegi» e che gli orari di lavoro pagati corrispondano a quelli effettuati.