Corriere della Sera, 8 gennaio 2016
Sarà un anno da passare sulla Terra quello di Samantha Cristoforetti. Aspettando la Luna
Un’avventura spaziale durata duecento giorni («straordinaria»). Mesi passati a raccontare e rivivere quell’esperienza in tantissimi incontri pubblici («bello ma anche un po’ faticoso»). Samantha Cristoforetti, astronauta dell’Agenzia spaziale europea e ufficiale dell’Aeronautica Militare, protagonista della missione Futura dell’Agenzia spaziale italiana, ha segnato l’anno appena chiuso e inaugura quello nuovo lanciandosi nel futuro: «Tornata “terrestre”, guardo ora a nuovi impegni e progetti», racconta da Colonia, la base dove gli astronauti si preparano per il cosmo.
Un’altra spedizione?
«No, mi occupo di due progetti per cominciare a preparare il domani. Faccio parte di un gruppo di lavoro che sta valutando con la Cina una collaborazione nel volo umano. Quindi nei prossimi mesi studierò anche il cinese».
Per volare sulla loro stazione spaziale Tiangong?
«È ancora presto per dirlo. I rapporti possibili sono giocati su vari fronti».
E poi?
«Mi dedicherò allo studio delle missioni sulla Luna, sotto diversi aspetti. Tra questi la progettazione di impianti per addestrarci un giorno a vivere lassù. La Luna è un passo ancora lontano, ma utile, anche immaginando la meta marziana sognata da tutti».
Duecento giorni sulla stazione spaziale internazionale: un record. Difficoltà ?
«No, era il mio lavoro per il quale mi ero preparata. I primi tempi i più esperti erano pronti ad aiutarmi. Poi è toccato a noi aiutare i nuovi arrivati, ma è stato facile: Scott Kelly era già un veterano dello spazio».
E fisicamente, malesseri?
«Inizialmente sentivo una pressione alla testa, il corpo doveva abituarsi alla diversa circolazione. Poi nulla...».
Ci sono stati dei momenti più impegnativi?
«Sì, quando dovevo manovrare il braccio robotizzato per agganciare la navicella automatica che portava i rifornimenti. Non si poteva sbagliare, tutto doveva essere perfetto».
Oltre ai doveri non c’erano pause più personali?
«Il lavoro da fare era molto. Se dovevo parlare con la famiglia e gli amici mi ritiravo in cuccetta. Avevo portato qualche libro, ma ho letto poco. Ascoltavo musica durante gli esperimenti. Mi piaceva molto fotografare la Terra. Ma il tempo libero era davvero poco».
E con i compagni d’avventura?
«Era bello la sera mangiare assieme, ma soprattutto il fine settimana quando ci si ritrovava come accade sulla Terra, concludendo anche con un brindisi simulato perché gli alcolici sono vietati. Allora mi rendevo conto dell’unicità di un rapporto eccezionale».
Qualcuno ha criticato la presenza di AstroSamantha sui social network e media...
«Non mi è sembrata esagerata. È ormai scontato che gli astronauti condividano la loro esperienza, ci sono stati altri molto più presenti e più bravi di me».
Nel tuo futuro ti vedi sempre astronauta?
«L’ho sempre sognato. Quando l’Esa pubblicò il bando alcuni amici mi avvisarono con degli sms. Da allora mi sono immersa in questo mondo che è il mio. E finché mi lanciano io partirò. Della mia vita privata preferisco non parlare. Di certo voglio riuscire finalmente a fare yoga seriamente».