Corriere della Sera, 8 gennaio 2016
Il fallimento di Marissa Mayer, che doveva rilanciare Yahoo!
Marissa Mayer prepara un piano di licenziamenti in massa: circa mille persone, il 10% della forza lavoro di Yahoo, la società californiana che guida dal luglio 2012. Alcuni azionisti di peso, però, vorrebbero che la prima a perdere il posto fosse proprio lei, una della manager più pagate d’America: 36 milioni di dollari solo per i primi sei mesi; 24,9 milioni nel 2013 e 42 milioni nel 2014, compresi «bonus» incassati a vario titolo. I risultati, però, hanno deluso innanzitutto i mercati finanziari: il titolo è caduto del 36% nell’ultimo anno. Anche il consenso della leader aziendale ha seguito la stessa parabola. Laureata a Stanford, 41 anni, madre di una figlia e, da poco, di due gemelli, Mayer è arrivata a Yahoo quasi per acclamazione, dopo un percorso brillante in Google, un po’ da ricercatrice e un po’ da dirigente.
Marissa Mayer ha subito cercato di tenere il passo degli altri grandi concorrenti di Internet, dalla stessa Google a Facebook, lanciando un ambizioso piano di acquisizioni, rilevando, tra l’altro, il contenitore Tumblr per un miliardo e mezzo di dollari. Ma i consumatori non l’hanno premiata. I conti si sono avvitati: meno ricavi, costi crescenti.
Gli azionisti rumoreggiano da tempo. C’è chi chiede apertamente le dimissioni di Mayer. Così si legge per esempio nella lettera inviata ieri a Maynard Webb, presidente di Yahoo, da Jeffrey Smith, responsabile per gli investimenti del fondo Starboard Value. Non è la prima volta che Smith critica il ceo, l’amministratore delegato di Yahoo. Nel suo messaggio, il rappresentante del fondo ripercorre alcune delle operazioni più discusse. Per esempio l’intempestiva vendita della partecipazione in Alibaba, la rampante azienda cinese di ecommerce, per 385 milioni di dollari. Oppure la mancata fusione con Aol, American online, acquisita poi da Verizon.
Smith conclude chiedendo una verifica tra gli azionisti, in modo da cambiare il board e la numero uno. Le parole usate sono particolarmente brucianti: «Serve gente con la mente più aperta e una prospettiva più fresca». Esattamente le qualità per cui fu assunta Marissa Mayer. Ora non è detto che la sua sorte sia segnata. Yahoo è una «public company», una società con azionariato diffuso. Nell’elenco aggiornato a ieri figurano i nomi di 792 istituzioni in possesso di titoli e la newyorkese Starboard Value non compare neanche nella ristretta lista dei primi dieci, guidata dal Vanguard group (5,21%). In teoria, dunque, la manager potrebbe anche superare la tormenta di Borsa, in attesa di capire quanto sia esteso il malumore dei soci. Mayer non ha risposto direttamente a Smith di Starboard. Ha semplicemente mandato in avanscoperta il portavoce per prendere tempo: «Siamo impegnati in un costante e aperto dialogo con tutti gli azionisti». Proprio per questo la «top manager» dovrà risultare molto convincente quando, tra pochi giorni, presenterà i risultati dell’ultimo trimestre 2015, insieme con qualche idea per il rilancio.