Corriere della Sera, 8 gennaio 2016
Come sopravvivere a un 2016 di turbolenze finanziarie
Il 2016 sarà nuovamente un anno di turbolenze eccezionali sui mercati finanziari? È presto per dirlo, ma l’aumento delle oscillazioni dei prezzi e le perdite in Borsa di queste prime sedute dell’anno fanno presagire un periodo di forte incertezza. Un parametro tecnico per misurare l’«inquietudine» dei mercati è l’indice Vix, che calcola la media delle oscillazioni dei titoli azionari. A luglio 2015 questo indicatore stazionava grosso modo a 15 punti ed è quasi raddoppiato nel corso delle ultime settimane. Ieri, dopo il secondo tonfo consecutivo del 7% a distanza di pochi giorni della Borsa di Shanghai, ha toccato i 23,3 punti. Una soglia elevata, tuttavia inferiore ai massimi di dicembre 2015 e soprattutto pari a circa la metà del picco di 45 punti toccato nei momenti peggiori della crisi, nel 2012. Vediamo quali sono le categorie di investimento più colpite dal fenomeno dell’oscillazione delle quotazioni di mercato – la volatilità – e quali le strategie migliori per ridurre il rischio.
1. Azioni
L’epicentro dello smottamento, ancora una volta, sono le Borse. E vale poco imputare al crollo di Shanghai la responsabilità di una correzione di tutti gli indici globali che trae alimento dalla debolezza del prezzo del greggio, sceso sotto i 35 dollari al barile, e dai timori suscitati dal nuovo ciclo di aumento dei tassi Usa, saliti di 25 centesimi di punto a metà dicembre 2015. Tuttavia chi – dopo aver guadagnato circa il 13% grazie all’investimento azionario sul listino di Piazza Affari nel 2015 – avesse dimenticato l’estrema instabilità dei profitti ottenuti puntando sul capitale di rischio è stato bruscamente richiamato alla realtà. Alle quotazioni di ieri il listino milanese è tornato sui livelli di fine gennaio 2015. Detto questo gli strategist di portafoglio continuano ad avere un orientamento favorevole all’azionario, sia in Italia che in Europa. L’unico modo per gestire in qualche modo le oscillazioni consiste nel puntare sulle società più «stabili», che appartengono ai settori delle utilities, delle telecom, dei farmaceutici e degli alimentari. I titoli cosiddetti «difensivi», che, in molti casi, pagano dividendi del 3-4% annuo.
2. Titoli di Stato
Questa volta le obbligazioni – governative o societarie – non hanno alcun ruolo nella rinnovata ondata di turbolenza dei mercati finanziari. Lo spread, il differenziale di interesse tra il Bund e il Btp a dieci anni ha chiuso ieri con una variazione di pochi punti a quota 102 e il decennale italiano offre un rendimento dell’1,57%. A fare da paracadute alle oscillazioni dei corsi delle emissioni a reddito fisso c’è la politica monetaria espansiva della Bce. Chi si accontenta di rendimenti molto risicati, che in linea di massima non dovrebbero spostarsi molto dai livelli attuali nei prossimi 12-18 mesi, può puntare sulle obbligazioni a medio-lungo termine, con durata compresa fra i cinque e i 10 anni. Un investimento che salvaguarda il risparmio dalle oscillazioni repentine e che mantiene intatto il valore del capitale, visto che l’inflazione è su un minimo dello 0,1% annuo. Ma attenzione: quando i tassi ricominceranno a salire i titoli a reddito fisso già emessi registreranno perdite cospicue. Occorrerà vendere prima.
3. Valute
La scelta di investire in titoli a breve termine denominati in valuta estera mette in conto, di per sé, un discreto livello di accettazione del rischio e della volatilità. Pochi mercati sono scarsamente prevedibili, anche dagli operatori, come il mercato dei cambi. Nella circostanza attuale i movimenti non sono stati di ampiezza allarmante. Il cambio dollaro/euro è passato in pochi giorni da 1,09 a 1,07, per chiudere ieri a 1,088. Non proprio oscillazioni disastrose. Secondo gli economisti il cambio euro/dollaro potrebbe indebolirsi, con il biglietto verde destinato ad apprezzarsi ulteriormente, anche a causa della politica più restrittiva della Fed. Più che un modo per difendersi dalla volatilità l’investimento in valuta costituisce una saggia diversificazione del portafoglio.
4. I fondi-indice
I fondi-indice, gli Etf (Exchange traded funds) e gli Etc (Exchange traded commodity) replicano gli indici azionari, obbligazionari e l’andamento delle materie prime. Tendono a essere più stabili rispetto alle quotazioni di un singolo titolo (azionario o obbligazionario) o di una specifica commodity. Tuttavia rispecchiano il trend di fondo della categoria di investimento cui sono riferiti e quindi diventa cruciale scegliere il tipo di attivo finanziario con il maggiore potenziale di guadagno. Un modo per proteggersi dalli oscillazioni potrebbe essere di puntare sugli Etf settoriali dei comparti più difensivi, utilities, alimentari, farmaceutici. Mentre per salvarsi dalla volatilità dei mercati obbligazionari ci sono gli Etf che replicano un paniere di titoli governativi in euro o di qualsiasi area del mondo. I costi di gestione sono molto bassi.
5. La liquidità
L’unica vera sicurezza, nei periodi di elevate oscillazioni dei mercati finanziari la fornisce la liquidità. Il «cash» impiegato nelle forme più tradizionali del conto corrente e del deposito bancario oppure online vincolato offre rendimenti superiori all’inflazione. E fino a 100mila euro è assolutamente sicuro.