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 2016  gennaio 06 Mercoledì calendario

Nuovi corpi intermedi. Quelli che affittano le loro case agli stranieri chiedono regole

S i chiama Ospitalità Alternativa ed è un’associazione fiorentina di host ovvero proprietari di case che operano prevalentemente sulla piattaforma digitale di Airbnb. Hanno deciso di creare una community e chiedono un tavolo negoziale per poter discutere la regolamentazione degli affitti di case da parte di singoli affittuari o di piccole strutture professionali. Firenze, come la Milano dell’Expo, ha vissuto nel 2015 un boom degli affitti via Airbnb e ha visto anche nascere polemiche e discussioni sulle regole, principalmente sul pagamento delle imposte generali e della tassa di soggiorno. Alla community si sono iscritti già 60 operatori che gestiscono 1.100 tra appartamenti e ville, hanno ospitato quest’anno 340 mila persone e generato un giro d’affari vicino ai 10 milioni di euro. «Il nostro obiettivo – dichiara Lorenzo Fagnoni, portavoce dell’associazione – è quello di rendere gli intermediari e i canali che operano in questo mercato dei veri e propri sostituti d’imposta per Irpef/cedolare secca e tassa di soggiorno e gestire le comunicazioni previste per legge». Ospitalità Alternativa si muove in definitiva come un corpo intermedio d’antan (o un sindacato di impresa) seppure in una condizione del tutto nuova determinata dal successo delle piattaforme digitali di business ed è quindi un esperimento da seguire con particolare attenzione.
Del resto il settore dell’ospitalità extra-alberghiera ha bisogno di adeguare le norme, che vale la pena ricordarlo vengono decise regione per regione. Basta pensare che la tassa di soggiorno al Comune di Firenze ha portato nel 2015 ben 27 milioni di euro ma si stima un’evasione pari a 12 milioni l’anno. Gli affittuari extra-alberghieri sono calcolati attorno a quota 5.700 e una mappa creata grazie ai big data e pubblicata qualche mese fa sul Corriere Fiorentino segnalava uno straordinario addensamento in queste strutture nel centro cittadino. Al punto che sono partiti in città due distinti filoni di indagine, uno da parte della Guardia di Finanza e una della polizia comunale.
A Milano non si segnalano per ora iniziative analoghe ma il Comune ha agito in collaborazione con Airbnb con lo stesso intento di regolare il settore e di favorire l’emersione del gettito fiscale. Approvata di recente la legge regionale lombarda che ha sancito come anche le attività extra-alberghiere debbano pagare la tassa di soggiorno Milano ha deciso di creare un sito online che servirà a spiegare agli host le procedure per mettersi in regola e versare le imposte. Nella città del Duomo non esistono quindi associazioni di host, si sta diffondendo però la pratica di scambiarsi attraverso gruppi su Facebook esperienze e tecniche di gestione.
In giro per il mondo esistono altre esperienze di associazioni di frequentatori di Airbnb come Peers, nata a San Francisco, ma si tratta di iniziative strettamente legate all’azienda e nate dall’alto. Servono, come nel caso del referendum californiano, per attività di lobby più che per rappresentare in piena indipendenza gli interessi dei proprietari di casa.
Ma dall’episodio di Firenze si può trarre la conseguenza che siamo di fronte a una nuova generazione di corpi intermedi che nascono grazie al digitale e alle novità di business collegate? Per ora è difficile generalizzare. Si sa di un’altra esperienza nata qualche tempo fa da LinkedIn e che aveva portato alla nascita di associazioni in diverse città d’Italia il cui programma era focalizzato sostanzialmente sulla valorizzazione professionale dei manager e dei tecnici iscritti.
LinkedIn proprio perché si occupa di capitale umano è un terreno privilegiato per esaminare novità nel campo della rappresentanza, per ora prevale l’utilizzo come vetrina. Per quanto riguarda Blablacar né gli autisti occasionali né i passeggeri hanno sentito finora la necessità di organizzarsi per chiedere una particolare regolamentazione, tutt’al più i pendolari abituali tendono a familiarizzare ed a organizzarsi come gruppo chiuso che percorre con cadenza settimanale sempre una determinata tratta e con il tempo si rende autonomo dalla piattaforma digitale. Il servizio taxi di Uberpop è stato bloccato e quindi non si registrano iniziative di associazioni o altro. Occorre tener presente, avvertono i sociologi che monitorano il fenomeno, come nel mondo dei social network prevalga comunque una certa avversione all’associazionismo per il retaggio burocratico e procedurale che si porta dietro. Al punto che anche le esperienze di social street che potrebbero in qualche maniera rinverdire la tradizione delle associazioni di quartiere si sono esplicitamente pronunciate contro la creazione di strutture permanenti.