MilanoFinanza, 30 dicembre 2015
Bad Bank: dopo il caos, il silenzio
La vicenda del salvataggio delle quattro banche e della costituzione della bad bank per i crediti deteriorati (valutati al 17%, con un decurtazione quindi assai rilevante) ha rilanciato le discussioni sull’istituzione di una società che acquisti gli attivi deteriorati con una partecipazione pubblica, avente lo scopo di pulire i bilanci degli istituti, nei quali le sofferenze sfiorano i 200 miliardi, mentre i prestiti deteriorati raggiungono i 350 miliardi. Nei mesi scorsi il Tesoro in diverse occasioni aveva rappresentato l’imminenza della conclusione del confronto con la Commissione Ue; a ottobre il ministro Padoan ebbe a dire che ormai la discussione era agli «sgoccioli», dopodiché è calato il silenzio sull’argomento. Si può dire dunque che la necessità dell’istituzione di questo veicolo, rappresentata dal governatore Visco sin dal 2014, resta insoddisfatta. Neppure la modifica della Costituzione, ora in itinere, ha richiesto tanto tempo. Quel che è peggio è che sul tema, pur non disconoscendo che si sono verificati fatti inquadrabili come «maiora premunt», a cominciare dalla normativa sulla risoluzione delle banche e dal salvataggio anzidetto, non si registra alcuna doverosa informazione da parte del governo: più in particolare, non si sa se le negoziazioni con Bruxelles siano tuttora aperte, quali siano gli eventuali ulteriori contatti progettati, quale sia l’approdo che l’esecutivo si propone; oppure se, al contrario, si ritiene che sussistano ben poche possibilità di ricevere l’assenso della Commissione su una partecipazione pubblica, nelle diverse modalità in cui sarebbe esplicabile, e se pertanto ci si stia preparando a soluzioni alternative ovvero a un «liberi tutti». Eppure un’informativa non criptica da parte del Tesoro sarebbe ancora più urgente perché alcune banche hanno già imboccato la strada delle scelte autonome, prive di qualsiasi sponda pubblica, come da ultimo ha fatto Mps cedendo a Deutsche Bank 1 miliardo di crediti deteriorati. Certo, l’organizzazione di un’architettura giuridico-funzionale (che per esempio avrebbe potuto vedere – come prospettato da Visco – una garanzia statale sulle passività senior emesse dalla società-veicolo per finanziare l’acquisto dei prestiti in questione) sarebbe stata una soluzione efficace. Ma se anche la previsione di una garanzia non statale bensì di un soggetto pubblico come Cdp venisse, come sembra, contestata a Bruxelles, delle due l’una: o ci si impegna come esecutivo per rimuovere la posizione negativa facendo leva sull’abnormità della configurazione degli aiuti di Stato oppure si ritiene di essere saldamente dalla parte del giusto e allora si dà corso a questa costruzione attendendo al varco l’eventuale minaccia di una procedura di infrazione. Il «tertium», che in questo caso è dato, sarebbe il fallimento di un lunghissimo e inconcludente negoziato, per arrivare alla conclusione ovvia che le banche potranno procedere autonomamente con gli strumenti previsti dalla legge all’alienazione dei prestiti deteriorati. Diversamente, l’argomento finirà a breve per essere escluso automaticamente dalle opportunità che le banche, già da un po’ di tempo scettiche sui risultati, possono antivedere, con una caduta di credibilità dei negoziatori. Va ricordato che Visco a fine ottobre aveva detto che «nelle prossime settimane la fattibilità del progetto verrà definitivamente accertata». Naturalmente la responsabilità dei negoziati in sede europea è del governo, che, si spera, avrà provveduto all’accertamento: e allora come stanno le cose? Poi però il governatore aveva aggiunto che, indipendentemente dalla verifica, le banche gravate da ingenti esposizioni deteriorate dovranno individuare d’intesa con la Vigilanza le modalità più adeguate per gestire gli attivi al fine di un loro graduale ridimensionamento. Per passare a questo stadio per misure organiche di vendita è forse necessario che si conosca l’esito della prospettata verifica e le iniziative conseguenti. È innanzitutto una questione di trasparenza, di accountability e, prima ancora, di serietà. Ieri nella conferenza-stampa di fine anno Renzi ha escluso che vi siano rischi sistemici per le banche, aggiungendo che eventuali specifiche questioni saranno affrontate secondo le regole Ue. Il premier ha fatto bene a sottolineare la non ricorrenza di tali rischi; ma, quanto alle regole, è necessario che esse vengano riviste, anche per dare seguito alle dure dichiarazioni dello stesso Renzi nei confronti delle burocrazie europee e dell’operare delle stesse istituzioni.