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 2015  dicembre 30 Mercoledì calendario

Breve ripasso di tutti i messaggi di fine anno dei presidenti della Repubblica

Pipa tra le mani, nessuna scrivania. Sguardo basso a cercare le parole tra pensieri e appunti. Sandro Pertini era tentato di interrompere la tradizione del messaggio di fine anno che si ripeteva immutata dal 1949. Poi lo fece, adottando uno stile informale, per parlare alla generazione nata a metà degli anni ‘50. Era il 1978. La disoccupazione giovanile era passata da meno del 15 per cento del 1976 ad oltre il 25 quell’anno: da allora non sarebbe più scesa sotto il 20 per cento. I giovani e la violenza sono i fili conduttori di quel primo discorso di fine anno, nel quale a Pertini tocca di ricordare Aldo Moro, ucciso pochi mesi prima a maggio.
In un mondo diviso per blocchi, il presidente è preoccupato soprattutto degli arsenali di armi nucleari che «le due superpotenze» si tenevano puntate l’una addosso all’altra. Torna in chiusura a rivolgersi ai giovani per esortarli: «Armate il vostro animo. Non armate la vostra mano».
Appena 4 giorni dopo la strage di Fiumicino, Francesco Cossiga tiene il suo primo discorso di fine anno. La Repubblica si appresta allora a compiere i suoi primi quarant’anni. Tanta politica estera, una lunga analisi del conflitto israelo-palestinese e del quadro geopolitico mondiale. Poi un appello in chiave interna per la riforma della pubblica amministrazione. Cossiga sceglie di stare dietro alla scrivania presidenziale e, al contrario del suo predecessore, chiude il suo primo discorso con un vibrante: «Viva l’Italia!».
L’espressione «coraggio della verità» risuona per ben sei volte nel primo discorso di fine anno di Oscar Luigi Scalfaro. È il 1992. Cinque giorni dopo la strage di Capaci era stato eletto al Quirinale. «Occorre che vi sia intesa, collaborazione, convergenza fra i poteri dello Stato», tuonò, mettendo al centro del suo intervento il primato della morale, la vocazione europeista dell’Italia e, in chiusura, un impegno per l’umanizzazione della vita carceraria.
Anche Carlo Azeglio Ciampi, come Pertini ventun’anni prima, si rivolge direttamente ai giovani. Si sta entrando nel 2000 e il presidente fa un discorso tutto girato sull’europeismo, sulla nuova identità nella quale l’Italia andrà a confluire. E poi tanto sud e tanta attenzione per i temi del lavoro.
Temi affrontati sette anni dopo anche da Giorgio Napolitano, che pure apre il suo discorso con un appello alle forze politiche che ripeterà con cadenza regolare lungo i suoi nove anni di presidenza: «Forte è il bisogno di un clima più sereno e costruttivo. Ho creduto e credo di doverlo dire». Un discorso ottimista, che disegna un paese con l’occupazione in aumento e una congiuntura economica che ancora non spaventa. La grande crisi inizierà in America solo l’anno successivo.