Libero, 23 dicembre 2015
Facci sui tempi della giustizia che si eccita perché trova un colpevole dopo 32 anni
Alzi la mano il collega giornalista che ieri non ha sorriso nel leggere «Svolta nel delitto Caccia dopo 32 anni» e cioè la principale notizia riportata dai siti di informazione. Anche perché andava compreso, anzitutto, quale fosse esattamente la notizia. Per i più anziani era che l’assassino del procuratore Bruno Caccia – ucciso a Torino nel 1983 – faceva il fornaio a Torino da una vita: se c’è stata una «svolta», cioè, significa che aveva tirato dritto per 32 anni. Per i meno giovani, invece, la notizia era che nel 1983 a Torino fu ucciso un procuratore: perché 32 anni sono davvero un’enormità. La terza notizia – un dato, più che altro – è che dopo 32 anni il reato non prevede la prescrizione, per fortuna. Ciò detto, siano benedette le buone notizie: ma vedere che hanno anche organizzato una tronfia conferenza stampa per annunciare la «svolta», beh, solleva qualche interrogativo su come gli operatori della giustizia percepiscano i tempi della giustizia, o meglio: su come non percepiscano la percezione che ne abbiamo noi. L’inchiesta, peraltro, era stata riaperta solo per un esposto dei figli del magistrato ucciso; l’incolpevole Ilda Boccassini, sempre ieri, ha detto che «le indagini hanno dimostrato quanto era stato appurato 30 anni fa» e non ha compreso, probabilmente, quanto la frase suonasse ridicola. Gli investigatori – odierni – sono stati bravi: ma la frase «le indagini andranno avanti» (Boccassini dixit) ci fa correre i brividi lungo la schiena.