Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 04 Venerdì calendario

Cantori, erotisti e pornografi. I giornalisti dello sport raccontati da Ormezzano

A Buzzati, Gianni Mura e l’altro Gianni, Brera. Ghirelli, Palumbo e Vladimiro Caminiti. Maurizio Mosca, Biscardi e Cannavò. Decine di anni di redazioni, Mondiali, Olimpiadi e incontri raccontati con amore e grandissimo divertimento da Gian Paolo Ormezzano che non ti conosce e già ti invita a cena, che ha ottant’anni e mentalmente non ha età, che è sempre stato in gruppo e ora, da ciclista senza più traguardi, beve un’aranciata guardando il tempo in controluce da un bellissimo libro. I cantaglorie, ha come sottotitolo Una storia calda e ribalda della stampa italiana e la pubblicità, questa volta, non è ingannevole.
Calda e ribalda questa sua storia. Divide il mondo dei giornalisti sportivi in cantori, erotisti, pornografi.
E quindi sembrerebbe anche una storia a luci rosse, in realtà è una vicenda di uomini, passioni, bassezze, inciampi, gesti eroici, trattorie e inadeguatezze.
Il primo impegno serio?
Finì in farsa. Me lo diede Antonio Ghirelli a Tuttosport. Nicolò Carioso era tanto bravo a fare le radiocronache quanto disastroso a scrivere. Ghirelli gettò nel cestino la sua cronaca di un antico Italia-Spagna e mi ordinò di provvedere ex novo.
E lei?
Nella foga dimenticai di raccontare un paio di gol. Non se ne accorse nessuno. Rischiai la pelle e andai da Ghirelli: “Le cronache non le legge più nessuno”. Mi insultò, ma diede retta. Da quel giorno, grande spazio al commento.
Ballano cialtroni, edonisti e grandi scrittori.
Dino Buzzati lo incontrai a Innsbruck nel 1964. Seguiva da scrittore le Olimpiadi invernali. Era spaesato, trattenuto, pudico. Venne un cameriere entusiasta. Aveva appena letto Un amore e lo riempiva di complimenti e Buzzati si schermiva. A un tratto, liberato dalla timidezza, il cameriere si liberò: “Però che porcona quella Laide”. Lo scrittore rimase senza parole. Muto.
Un mondo di silenzi e un mondo di loquacità improvvise, a volte per contratto. Ciotti e Ameri.
Lo Zenit e il Nadir. Due fuoriclasse che interpretavano la professione dai due opposti lati del fiume. Controllato e austero Ameri, gaudente e poliedrico Ciotti. Non credo si amassero fino in fondo, anzi. Troppo diversi e troppo lontani, nonostante si dessero la linea domenicalmente: “Scusa Ciotti, a te Ameri”.
Lei sostiene che Ameri fosse un conservatore.
Credo votasse, con assoluta discrezione, Msi perché un po’ fascista Ameri era. Quando Biscardi gli tolse il programma che Enrico si era inventato dal nulla, Il processo del Lunedì, le simpatie di Aldo per una pur tenue sinistra suonarono come aggravante: “Non posso sopportare che lo faccia uno che è rosso di capelli e pure comunista”.
Lei da Biscardi perse la testa.
E abbandonai la trasmissione smoccolando con un linguaggio che non mi appartiene. Mi pare fosse l’81.
Cosa disse esattamente?
Non ci davano la linea. Diedi qualche segno di insofferenza e poi dissi che non avevo più voglia di ascoltar minchiate.
Minchiate non ci sembra così grave.
Fatto sta che me ne andai e Biscardi, impermeabile e devo dire sportivo, mi fece cercare a lungo per tornare.
L’arena produsse notevoli frammenti televisivi.
Non mi somigliavano, preferii non farne parte, ma non posso non riconoscere che Biscardi, un bravissimo giornalista ai tempi di Paese Sera, con quel misto di demagogia ed enfasi fece pornografia televisiva di discreto livello.
Nel libro lei sostiene sia servita anche quella.
Una cura violenta tesa a sconfiggere paure e buone maniere. Si fece prendere la mano e in generale è sempre meglio l’erotismo della pornografia.
Calcisticamente, non abbiamo avuto narrazioni popolari migliori di quella.
Abbiamo avuto momenti beceri ed evitabili e anche personaggi straordinari alla Costantino Rozzi.
Il suo è anche un libro sulla nostalgia?
Come si fa a non avere nostalgia di gente come Bruno Roghi che a mangiare si fermava soltanto se l’osteria esponeva fuori dalla porta la sagome del cappello di un cuoco?
Ne I cantaglorie ci sono molti sapori forti.
E molti altri sono stati fuori. C’è stato un tempo in cui le cose e gli uomini avevano personalità. In cui per un’idea ci si prendeva a pugni. Brera e Arpino, lo stesso Brera e Palumbo. Oggi è impensabile.
Picchierebbe ancora per un’idea?
Io non ho mai picchiato nessuno in vita mia, neanche per il Toro.