ItaliaOggi, 18 novembre 2015
Mentre gli «uomini-divano» arabi, dopo il calo del petrolio, devono tirarsi su le maniche per risanare i conti pubblici
Nel tentativo di migliorare i conti pubblici, peggiorati per effetto del calo del fatturato della vendita del greggio, i paesi del Golfo, sotto pressione, stanno guardando di nuovo ai cosiddetti «uomini-divano», «sofa-men» per promuovere il settore privato nel tentativo urgente di diversificare l’economia oltre il petrolio. Governo, dipartimenti e imprese statali nei paesi arabi sono stati a lungo una fonte di posti di lavoro confortevoli e di ancora più confortevoli stipendi. Il numero dei dipendenti pubblici è eccessivo rispetto alla quantità di lavoro da fare con il risultato di gonfiare i libri paga con uomini che, in maggioranza, passano i loro giorni oziando sui divani. Un consulente che lavora con i ministeri in Arabia Saudita ha detto di aver visto dozzine di giovani sauditi bighellonare tutto il giorno seduti nelle sale senza nessuna chiara responsabilità o portare documenti da un ufficio all’altro. In un altro caso, in seno al governo degli Emirati arabi uniti, i responsabili dell’innalzamento del debito pubblico, secondo la denuncia di un ex operaio, sono gli impiegati che passano il loro tempo guardando la televisione o dormendo. L’ufficio non aveva portato a termine un affare o completato una pratica.
Questo problema non è sconosciuto al Fondo monetario internazionale guidato da Christine Lagarde che ha detto che i paesi del Golfo, dati i loro vincoli fiscali, dovrebbero cambiare il focus della crescita verso il settore privato. E che, inoltre, è necessario continuare gli sforzi per incoraggiare i cittadini a cercare lavoro nel settore privato e le aziende ad assumerli. Lo sceicco che governa il Kuwait, Sabah Al Ahmad Al Sabah, ha dichiarato all’assemblea nazionale del 27 ottobre che le entrate dello stato saranno inferiori del 60% a causa dei bassi prezzi del greggio. Ma ancora non è stato elaborato nessun piano per fare fronte ai difetti della economia nazionale. Il mese precedente il Bahrein aveva detto di voler accorpare parecchi ministeri e corpi governativi nel tentativo di risparmiare e di aumentare l’efficienza. Ma non ha parlato di tagli di posti di lavoro, un argomento politicamente sensibile in tutta la regione. La disoccupazione è in crescita, in particolare fra i giovani, il ventaglio di disordini nel 2011 delle primavere arabe hanno portato al collasso i governi in Tunisia e in Egitto. E subito dopo, gli stati del Golfo hanno dovuto spendere miliardi di dollari in sussidi statali, crescita degli stipendi del settore pubblico come mossa per prevenire nuove proteste. Nei paesi del Golfo la manodopera arriva dai lavoratori stranieri, soprattutto asiatici. Sono stati introdotti i cosiddetti programmi di nazionalizzazione per sostituire quote di lavoratori stranieri con i cittadini arabi, ma il loro reclutamento si è rivelato difficoltoso perchè molti rifiutano lavori da operaio o si aspettano alti salari dei lavori pubblici. Negli Emirati arabi uniti, Dubai e Abu Dhabi hanno istituito fondi negli ultimi due anni per sostenere le start-up. Il Kuwait ha messo in campo programmi per incoraggiare piccole e medie imprese nel 2013 ma è diventato operativo quest’anno. Inoltre, sono state introdotte iniziative che danno la possibilità agli impiegati del pubblico settore che lasciano a favore dell’impresa privata di poter ritornare al loro precedente impiego pubblico entro tre anni. E, a corredo, c’è un altro programma che offre un sussidio temporaneo agli impiegati pubblici che passano al privato dove percepiscono stipendi più bassi. A oggi, non esistono statistiche in merito agli effetti di queste misure.