Il Sole 24 Ore, 18 novembre 2015
Turismo, consumi ed esportazioni: più che i mercati finanziari, sono questi tre fronti dell’economia reale che rischiano di subire i maggiori danni dal terrorismo islamico
Se le Borse hanno archiviato gli attentati di Parigi con un’alzata di spalle (e soprattutto degli indici), è in realtà l’impatto sull’economia reale a preoccupare. Il turismo, i consumi, le esportazioni verso i Paesi più “caldi”: i fattori che potrebbero frenare la già fragilissima ripresa europea sono molti. La maggior parte degli economisti ostenta tranquillità. Ma se si sommano gli effetti degli attacchi di Parigi, dell’aereo caduto in Sinai e degli attentati in Tunisia, non si può escludere un impatto sull’economia reale.
E in un’Europa che cresce allo zero virgola, uno zero virgola in meno anche solo per un mese può pesare. In passato il terrorismo ha avuto effetti divergenti sull’economia reale. L’attacco alle Torri Gemelle costò agli Stati Uniti lo 0,5% del Pil nel 200l. Nei mesi successivi all’11 settembre, l’area di New York perse il 45% di visitatori. Non poco, insomma. Più contenuti invece gli effetti economici degli attentati terroristici a Madrid (2004) e Londra (2005). Questo fa ben sperare gli economisti: «Penso che l’impatto sull’economia durerà giusto il tempo del clamore mediatico», ipotizza Luca Mezzomo di Intesa Sanpaolo.
Ma non tutti sono così tranquilli: c’è chi pensa che la minaccia dell’Isis sia oggi qualitativamente diversa rispetto a quella di Al-Quaeda (per esempio Alessandro Balsotti di Jci Capital), per cui gli effetti potrebbero essere questa volta più seri. Nessuno può comunque prevedere oggi l’impatto di quanto accaduto a Parigi: l’economia è fatta di fiducia e di psicologia, due elementi impalpabili e difficili da prevedere. E, soprattutto, nessuno può sapere se altri attentati seguiranno, destabilizzando ulteriormente la fiducia. Possiamo però analizzare sin da ora i tre possibili canali di contagio dal terrorismo all’economia reale: export, turismo e consumi.
Esportazioni nel mirino
Iniziamo dal commercio. Nei 21 maggiori Paesi del Nord Africa e del Medio oriente (si veda grafico a fianco) arriva quasi il 13% dell’export dell’area euro: si tratta di 170 non trascurabili miliardi di euro. Alcuni di questi Stati stavano diventando partner commerciali sempre più importanti per l’Europa. Per esempio l’Egitto: dai 6,7 miliardi di export dell’Eurozona nel Paese nel 2005, si è passati a 12 miliardi nel 2010 fino a 13 nel 2014. Ora, dopo lo scoppio dell’aereo russo e dopo gli attentati a Parigi, è verosimile che in pochi abbiano voglia di trascorrere le vacanze sul Mar Rosso. Già i turisti stavano calando prima degli attentati. Questo potrebbe avere un impatto anche in Europa: «L’Egitto è un Paese con scarse riserve valutarie, che servono per pagare le importazioni – spiega Alessandro Terzulli, economista della Sace -. Il Paese ottiene queste riserve in gran parte dal turismo, per cui se questo settore cala drasticamente per effetto del terrorismo è inevitabile che un impatto sulle importazioni egiziane ci sarà». Insomma: meno turismo in Egitto potrebbe tradursi in minor export europeo nel Paese.
E discorsi simili si possono fare sulla Tunisia (che attira esportazioni dell’area euro per 10 miliardi), sulla Siria (483 milioni) e sull’Algeria (20,7 miliardi). È vero che non si tratta di grandi cifre. Ma se si somma il possibile impatto delle loro crisi con le recessioni di Russia e Brasile e con il rallentamento cinese, allora l’effetto combinato in Europa può essere serio. Non bisogna dimenticare che il commercio globale sta già rallentando drasticamente, e il rischio di terrorismo certamente non aiuta la sua ripresa. Forse l’impatto sarà limitato nel tempo, come pensano alcuni. Ma i rischi ci sono.
Gelata sul turismo
C’è poi la comprensibile paura di muoversi. Da più parti arrivano segnalazioni di prenotazioni di alberghi cancellate e di viaggi rimandati. La più colpita in Europa, almeno nell’immediato, dal calo del turismo sarà la Francia. Soprattutto Parigi, una delle mete più amate dai turisti. E questo difficilmente passerà indenne sull’economia francese. Il turismo, infatti, conta per il 7,4% del prodotto interno lordo francese con i suoi 84,7 milioni di visitatori e circa 42 milioni di ricavi all’anno nella sola area parigina. Non solo. Nel 2016 la Francia ospiterà gli Europei di calcio con la cerimonia di apertura e la finale della manifestazione proprio nello stadio degli ultimi attentati. Un potenziale ulteriore volano al turismo che invece rischia di essere un boomerang in questo clima. L’attacco di Charlie Hebdo di inizio anno portò già “nel suo piccolo” al 10% in meno di visitatori nell’immediato. Ora è lecito temere una frenata più robusta, che avrà conseguenze anche per il made in Italy: la regione dell’Île-de-France, infatti, conta per il 18,1% dell’export italiano in Francia (secondo mercato di sbocco per l’Italia in Europa dopo la Germania, dati Isee).
Impatto sui consumi
Un rallentamento del turismo equivale poi a un rallentamento delle spese per i consumi. Soprattutto nel comparto del lusso: i turisti sono infatti grandi acquirenti di beni di lusso. Il cosiddetto «travel retail» conta circa per il 50/60% del fatturato totale del settore e in Italia vale 6 miliardi, mentre in tutta Europa è stimato a 40 miliardi dagli analisti di Mediobanca. Le grandi griffe, che stanno già scontando un rallentamento della crescita cinese, ora potrebbero dover fronteggiare anche il contraccolpo di un turismo in calo in Europa.