La Gazzetta dello Sport, 17 novembre 2015
Il mistero della vita privata di Hamilton, così mondano eppure sempre solo
Non ha vinto, anzi è stato il primo dei perdenti, come avrebbe detto Enzo Ferrari. Ma nelle giornate del GP del Brasile si è parlato principalmente di lui. Lewis Hamilton, col bellissimo – anche perché incruento – incidente notturno a Montecarlo, ha acceso la fantasia dei tifosi come facevano i piloti di una volta, animando discussioni e commenti. Poi sabato, quando non si è presentato alla foto di rito dei primi tre in qualifica «perché non avevo i capelli a posto» ha lasciato tutti di stucco in quanto non scherzava affatto. Sono stati gli altri a sorridere per l’attimo di distensione, mentre il paddock era sotto shock per l’eccidio di Parigi. Sul quale Hamilton era intervenuto alla 1.35 di notte con un tweet, a riprova che è attivissimo sui social network partecipando a qualunque discussione, ma sempre in senso buonista. Come accade per tutti i personaggi c’è qualcuno che fa queste cose per lui, pesando aggettivi, parole e avverbi. Un buonismo che si estende alle manifestazioni pubbliche in cui prende in braccio bambini in difficoltà, dà una carezza ai cani, ha la frase giusta per ogni tema.
Lewis Hamilton si definisce «in una fase evolutiva del mio futuro». Ma anche del suo presente, perché la conquista del terzo titolo mondiale lo ha rassicurato dal lato sportivo, lasciandolo scoperto su altri fronti. In realtà, Lewis è alla ricerca di una dimensione che fatica a trovare ma non fatica a costruire sforzandosi di essere come s’immagina che la gente lo vorrebbe, senza dare invece sfogo a ciò che lui invece è dentro. Cura l’involucro, nascondendo i contenuti. «È un po’ strano, un po’ come tutti i campioni. Ed è anche molto ragazzo. Ha fatto davvero fatica ad arrivare dov’è e io cerco sempre di tirar fuori la sua vera natura», commenta Niki Lauda che lo guarda con una vivace quanto critica e affettuosa curiosità.
Nella «fase evolutiva» che sta attraversando c’è ad esempio l’allontanamento di suo padre – che per consentirgli di correre ha fatto mille mestieri – dall’orbita delle piste. E poi la presa di coscienza del contratto con la Mercedes, che in alcune parti ha stilato con le sue mani, addentrandosi in una materia riservata a raffinati legali. Hamilton oggi è il manager di se stesso e, a differenza di Nico Rosberg, non ha un assistente che gli sta ossessivamente accanto portandogli il casco e sbrigandogli le piccole incombenze della pista. Lewis è solo. Ma solo in tutti i sensi, senza nessuno di cui fidarsi pienamente né con cui fare baldoria. Ci raccontava una persona con la quale Hamilton ha avuto rapporti continuativi per anni, che mai la vicinanza di lavoro è sfociata in una confidenza minima o in un gesto di timida amicizia. Zero. Quando la corsa è finita, in un istante si è chiuso tutto e i due sono tornati estranei.
Apparenza Sul piano sentimentale, non ha più una fidanzata ma tante donne con le quali lo si vede fotografato in party di ogni angolo del pianeta. E proprio per le sue apparizioni lontano dai circuiti, Hamilton ha un consulente per il look, perché apparire bene è il suo costante obbiettivo. Forse è stato questo consulente a suggerirgli di farsi biondo e a concedersi a un mondo in carta patinata dal quale Lewis è affascinato. Per contro, ha un lato intimo nel quale compone musica e la suona con una delle tante chitarre che possiede. Nella ricerca di identità legata a maggiore autonomia, ci sta anche che adesso vorrebbe avere più libertà nelle tattiche di corsa, slegandosi dalle strategie Mercedes. Il che, francamente, appare un po’ difficile. Quanto a Rosberg che nel frattempo lo sta battendo, Hamilton gli concede che «sta guidando davvero bene». Ma lo fa dall’alto, in quanto non ha mai neppure lontanamente pensato che possa esserci qualcuno più veloce di lui.