Vanity Fair, 18 novembre 2015
Laura Pausini parla di sua figlia, dei talent e del suo culo grosso
La bambina mi guarda dritto negli occhi: «Vuoi la pasta?». Dal pensile della cucina, prende pentola e scolapasta, e mette tutto sul fornello. Poi si gira e apparecchia la tavola: un piatto, un cucchiaio rosso. Tutto da sola.
La bambina ha due anni e mezzo, si chiama Paola, ed è la figlia di Laura Pausini. Siamo nella «sua» cucina, dove tutto è a misura di bambino, nella «sua» casa, che la mamma Laura ha allestito in una parte del soggiorno dell’abitazione romana in cui la cantante si è trasferita da poco. Bellissima, ma dall’aria molto poco vissuta. Perché Laura, negli ultimi due anni, ha passato pochissime giornate in Italia. Promozioni e tour a parte, dal luglio 2014 ha vissuto stabilmente sei mesi in Messico prima, sei mesi in Spagna dopo, come giudice delle versioni locali del talent The Voice.
All’entrata, file di valigie, scatole di scarpe e stand carichi di abiti raccontano che la famiglia è di nuovo in partenza. Destinazione Miami, dove, da maggio, la cantante è al fianco di Ricky Martin e Simon Cowell in un altro talent, La Banda, che nella finale del 13 dicembre incoronerà il gruppo latinoamericano più forte al mondo.
Il 6 novembre, intanto, è uscito il suo nuovo disco, Simili, dove Laura è solo interprete di brani scritti per lei da autori importanti: tra gli altri, Jovanotti, Biagio Antonacci, Giuliano Sangiorgi. L’edizione Deluxe contiene Simili - The Short Film, un cortometraggio in cui si racconta attraverso i video delle canzoni, che per la prima volta in Italia – e all’estero finora lo ha fatto solo Beyoncé – sono uno per ciascuno dei 15 brani.
Per rendersi conto di quanto la sua vita sia complicata dal punto di vista organizzativo, basta consultare sullo smartphone di Laura l’agenda che condivide con i collaboratori. Ci sono impegni fissati fino al 2017, e appuntamenti a ogni ora dei prossimi mesi. Mi cade l’occhio sul 28 dicembre. «Ore 15: ceretta».
A guardarlo, mette un po’ ansia.
«Ero così già da piccola: segnavo su un foglio l’ora del pranzo, quella dei compiti, tutto. Sapermi organizzata mi mette tranquillità. Uno pensa chissà quali vacanze esotiche si faccia la Pausini, invece per me la vera vacanza, quando riesco a ritargliarmela, è passare tre giorni a letto con Paolo (Carta, chitarrista, suo compagno dal 2005, ndr) a vedere in Tv i miei programmi preferiti».
Viaggia in continuazione. Eppure l’ultima volta che ci siamo viste, due anni fa, aveva avuto da poco la bambina, e pensava che forse avrebbe dovuto fermarsi.
«Sono stati i due anni più belli della mia vita. Anche a livello professionale, perché lavorare sapendo che a casa c’è lei ad aspettarmi riempie tutto di significato diverso. Se Paola non avesse amato viaggiare, mi sarei fermata. Ma il primo aereo, per Londra, l’ha preso a 4 mesi, al terzo viaggio era già dall’altra parte dell’oceano a Miami, ha imparato a gattonare in Brasile. Certo promuovere un disco o fare un tour è un’altra cosa, significa cambiare Paese ogni due-tre giorni: per una bambina di un anno, che deve abituarsi ogni volta a un nuovo orario, a un nuovo clima, a un nuovo hotel, a un nuovo letto, è davvero troppo. Per questo ho accettato la proposta del talent in Messico: per stare un po’ di tempo ferma in un posto. Insomma, è grazie a Paola se ho scoperto la Tv».
E poi la Spagna: perché non l’Italia?
«I talent me li hanno offerti tutti: X Factor, Amici, The Voice. Ma sempre dopo che avevo già firmato all’estero».
Che tipo di giudice è?
«Detto le mie condizioni. In Messico mi hanno dato carta bianca. Io non credo nelle scuole di canto, non penso di poter insegnare a cantare a nessuno, posso solo usare il mio orecchio per giudicare quello che mi piace. E, una volta costruita la mia squadra, posso raccontare ai ragazzi le mie esperienze. Ma non imporrei mai a qualcuno di cantare una canzone che non sente sua: piuttosto me ne vado».
Ha mai vinto uno della sua squadra?
«Mi sono sempre piazzata seconda. Sa, io sono anche il giudice che lascia andare un talento se è molto antipatico. In Messico, per esempio, ho rinunciato a un vincitore annunciato perché non era umile, e ho preferito portare in finale un concorrente più semplice, più vero. Non è un caso se i miei ragazzi oggi lavorano e fanno dischi. Uno l’ho persino portato in tour con me: come giudice è importante seguirli anche dopo».
The Voice e X Factor: quale preferisce?
«X Factor ha saputo sfornare artisti che oggi cantano di mestiere: Marco Mengoni, Noemi, Chiara Galiazzo. Non ho ancora avuto occasione di vederlo quest’anno, ma mi piace che in giuria ci sia Skin. Io stessa all’estero sono stata il giudice “esotico”, ed è una cosa che funziona: l’identità nazionale la danno i concorrenti».
Quindi in Italia dobbiamo rinunciare a vederla in un talent?
«Piuttosto penso a un programma tutto mio. Dopo il successo di Stasera Laura (tratto dal concerto del 18 maggio 2014 a Taormina e visto su Raiuno da 6 milioni di persone, ndr) mi sono arrivate molte proposte, anche dall’estero. Ma mi sono detta: se lo faccio, questa volta parto da casa mia, e pazienza se sarà più difficile».
Che tipo di programma?
«Ne sto parlando con la Rai, non c’è ancora nulla di definito. Ovviamente uno show musicale, ma mi piacerebbe “alla Fiorello”. E se dovessi invitare qualcuno, vorrei con me Paola Cortellesi. Perché è un’amica, e perché lo sketch che abbiamo recitato insieme a Stasera Laura, oltre a fare il picco di telespettatori, mi è piaciuto moltissimo. Questo ritorno in Italia, però, è soprattutto per Paola. Voglio che vada all’asilo, che frequenti i bambini della sua età, che abbia una vita normale, per quanto possibile».
Intanto, però, ha già annunciato le date del tour europeo.
«La data di Londra sarà particolarmente emozionante per me, perché è la città dove è stata concepita Paola. Canterò all’Apollo, porteremo anche lei e dormiremo nello stesso hotel. Se riuscissi ad avere la stessa camera, poi, sarebbe il massimo».
Magari ci scappa il Number 2.
«No, non lo voglio il Number 2. Se capitasse, ovviamente, ne sarei felice. Ma non è una cosa che mi sento di chiedere a Dio. So cosa vuol dire desiderare un figlio che non arriva, so che per una donna è una delle cose più frustranti e dolorose, così dolorosa da non poterla spiegare. E siccome ho tante amiche e conoscenti in questa situazione, a Dio dico: non te ne chiedo un altro, ma dallo per favore a quelle lì, che lo aspettano e non arriva. Perché lo immaginavo, prima, che diventare madre fosse bello, ma ho scoperto che nella realtà lo è molto di più. Io mi sento migliorata».
In che cosa?
«Molte dicono che, una volta diventate madri, si sentono più fragili, io invece mi sento più forte. Anche nel lavoro: da quando c’è Paola non ho paura a dire dei no, sono più capace di scegliere da sola, e non penso mai che qualcosa possa andare male».
Perché, secondo lei?
«Perché sono stata troppo male, prima. Perché l’unico mio vero sogno è lei».
Non riesce ad andare avanti con le parole, gli occhi le si riempiono di lacrime, si ferma qualche secondo prima di terminare la risposta.
«Prima mi mancava tutto, non bastava la musica a completarmi. Forse non dovrei dirlo, ma io mi sento davvero realizzata solo da quando sono madre».
Che tipo di mamma è?
«Riesco a dirle dei no, a differenza di suo padre. Sono ottimista, non ansiosa. Però cerco di non viaggiare mai senza di lei. E se proprio devo, tipo dopodomani che vado un giorno in Svizzera, lascio un testamento firmato, che aggiorno continuamente, e che contiene tutte le mie ultime volontà».
Di che tipo?
«Di tutti i tipi, professionali e personali: io rompo anche da morta. Per esempio, non voglio assolutamente essere lasciata sola nell’intervallo di tempo tra la morte e la cremazione. Ci dovrà essere qualcuno a vegliarmi, fosse anche uno che devono pagare, perché nessuno mi deve toccare».
Parliamo di cose meno lugubri. I 40 li ha compiuti ormai da oltre un anno, e sembra diventata più bella. Ha fatto qualcosa?
«Io appena vedo una siringa svengo dalla paura. E poi ho una truccatrice che mi rende perfetta tutti i giorni: perché dovrei pensare a grandi cose quando bastano le piccole? Comunque, tutta questa nuova bellezza io non la vedo: forse sembravo meno bella perché prima di essere madre ero più inquieta, mentre oggi si vede che sono felice. In realtà un tempo mi curavo di più: prima di Paolo ho avuto compagni che non mi facevano sentire bella, e allora giù a comprare creme, cosmetici, persino quel lucidalabbra per gonfiare le labbra, che brucia. E mai che strappassi un complimento».
Oggi come si vede?
«Allo specchio cerco di non guardarmi mai, perché sono già costretta a guardarmi fin troppo per lavoro, nelle foto, in Tv. Però vedo la bilancia che oggi segna 64, mentre ai tempi di Inedito erano 59. E continuo a fare dieta: ho una fame delle madonna da vent’anni».
Per lei la bellezza è questione di chili?
«Vede, io sono stata tanti anni con un uomo che mi faceva notare ogni giorno quanto ero grassa e che culone avevo. E il culone non mi preoccupava tanto in Tv, dove lo potevo coprire con le giacche lunghe: era in casa che avevo paura, e dovevo camminare rasente ai muri per non mostrare il sedere. Nella copertina di Lato destro del cuore, il singolo che lancia il mio nuovo disco, ci sono io di schiena: nei primi quindici anni della mia carriera una foto del genere non sarebbe stata possibile, perché c’era sempre una persona con me che diceva: non inquadratela da dietro. E quella persona era il mio fidanzato».
Ma il culo, nella copertina, come è venuto?
«È venuto grosso, come ce l’ho. Ma quella posizione serviva a rendere il significato della canzone. Quindi chi se ne frega, tanto quando vado a casa c’è Paola: come mi guarda lei, non mi guarda nessuno. E c’è Paolo. Mi sveglio al suo fianco, con la maglietta bianca, vedo che mi guarda come mi guarda, e mi dico: e che cazzo, posso anche mangiare qualcosa, tanto gli piaccio».
Ex fidanzati a parte, chi o che cosa l’ha ferita di più?
«Le critiche che ho ricevuto su alcuni giornali per il mio silenzio dopo la tragedia di Reggio Calabria (la morte di un tecnico trentaduenne in un incidente durante il montaggio del palco, ndr). C’è un motivo molto personale dietro la mia scelta, e ha a che fare con il rispetto per una madre che ha perso un figlio».
Per questo ha rotto i rapporti con alcuni giornalisti?
«Se si riferisce a Marinella Venegoni, la ragione è un’altra. Ha ironizzato sul fatto che non riuscissi a restare incinta («Da noi in particolare», scriveva nel 2010 la giornalista della Stampa, «sono le Amiche per l’Abruzzo ad aver dato le più grandi soddisfazioni a chi teme la crisi demografica: ha una bimba di pochi mesi Elisa, poi è toccato a Giorgia e ora incredibilmente alla Nannini. Pausini starà pregando di seguire a ruota, ormai innervosita», ndr). Avevo un rapporto molto amichevole con lei, che peraltro è stata molto scortese anche verso Gianna nello scrivere quella frase. E che sapeva quante difficoltà avessi a rimanere incinta. Può immaginarsi quanto mi abbia fatto male».
Poi, però, Paola è arrivata. Nel disco canta, e gioca con mamma e papà, tutti vestiti di bianco, nel video di È a lei che devo l’amore.
Alla fine dell’intervista, la pasta me l’hanno cucinata. Loro, invece – madre e bambina – si sono fatte un piatto di würstel. Ho guardato Laura e ho pensato che sembrava davvero felice.
BARDELLI
milioni di dollari per comprare una «capanna di lusso» in legno e pietra?
«Dipende dalla capanna», dice Alexander Kraft, l’agente immobiliare più speciale del mondo. «Se si tratta dello chalet da cui Tom Cruise vuole separarsi, a Telluride in Colorado, il prezzo è giusto».
Presidente di Sotheby’s International Realty France-Monaco, il 43enne berlinese con la passione per la moda e le auto di lusso è un’autorità mondiale nella vendita delle case di celebrity hollywoodiane, campioni dello sport e uomini politici. Da Berlusconi che gli aveva affidato la trattativa di Villa Certosa a Ronald Reagan che, quando l’Alzheimer gli ha impedito di continuare a montare a cavallo, ha voluto liberarsi del ranch a Santa Barbara: Kraft conosce tutti i tic e le esigenze di questa particolarissima clientela.
«Ho cominciato da ragazzo, quando studiavo diritto a San Diego», mi dice, seduto al bar dell’hotel Bristol di Parigi, il preferito dai divi americani. «Papà sognava per me un futuro da diplomatico, ma l’amore per l’arte mi ha convinto a fare uno stage da Sotheby’s. Con la mia Porsche ogni lunedì correvo per raggiungere l’ufficio di Beverly Hills, e il giovedì tornavo a San Diego per preparare la tesi».
La casa d’aste e Alexander Kraft non si sono più lasciati. Dopo la prima vendita nel 1998 della casa di Boris Becker a Palm Springs, il giovane avvocato ha cominciato a occuparsi a tempo pieno di immobili di lusso. Nel suo portfolio figurano le proprietà di Johnny Depp a Plan de la Tour, quella di Tom Cruise a Telluride, e l’ex Neverland appartenuta a Michael Jackson. Si dice anche (ma lui non ne vuole parlare) che ci siano trattative in corso sulla Villa Oleandra di George Clooney.
Quali caratteristiche deve avere una proprietà per attirare una star?
«Le esigenze sono cambiate negli ultimi trent’anni. Prima, anche divi del calibro di Marilyn Monroe o James Dean si accontentavano di 5 camere e un immenso salone, con molti bagni e un grande giardino. Ma non arrivavano mai alla magnificenza di oggi, con i duemila metri quadri delle case di attori, registi e soprattutto produttori a Bel Air, la zona più prestigiosa di Los Angeles. Avere una sala cinematografica per 100 persone, più una spa e un ristorante capace di accogliere 200 amici per un festa, è diventato la norma, mentre la piscina viene ormai sostituita dal lago con fiume e cascata. Per questo i prezzi diventano proibitivi».
Immagino si tratti di proprietà spettacolari.
«Vivere nel mondo del cinema a volte aumenta il delirio, e spesso l’architettura non tiene conto del contesto. Si può trovare un edificio modernissimo vicino alla copia di un castello della Loira, un maniero scozzese o un palazzo veneziano, con tanto di mare finto. Ma ci sono anche case di immenso valore estetico, come quella che appartiene agli eredi di Aaron Spelling, il produttore di Dynasty, Beverly Hills o Melrose Place. A prescindere dal gusto, la ricchezza delle ville rappresenta il prestigio dei loro proprietari, che le cambiano in continuazione, come noi facciamo con la macchina».
Perché questo continuo vendere e riacquistare?
«I miei clienti hanno vite complicate, cambiano spesso amici, e soprattutto mogli e mariti. Quando il nuovo partner arriva, vuole cancellare tutto quello che è successo nella vita precedente. Non ho mai visto un’attrice dormire nel letto della ex moglie o fare il bagno nella stessa piscina. Un colpo di spugna e si ricomincia, per buttare via tutto di nuovo, a volte pochissimo tempo dopo, nel caso di un altro cambio sentimentale. E anche quando non esiste un rapporto precedente da cancellare (forse sta pensando a George e Amal, ndr), vendono comunque, perché in quel territorio il nuovo partner non si riconosce, rappresenta una vita di cui non ha fatto parte. È successo a Johnny Depp dopo la separazione da Vanessa Paradis, e a Tom Cruise dopo la fine del matrimonio con Katie Holmes. Sono solo alcuni esempi. Ma succede anche semplicemente che un proprietario si stufi della casa e cerchi di cambiare vita».
Come nel caso di Neverland?
«Esatto. Dopo la sua morte, gli eredi di Michael Jackson hanno messo in vendita la proprietà per 100 milioni di dollari. Comprata da un miliardario americano, dopo pochi mesi è stata totalmente trasformata, per diventare una dimora borghese: con lavori faraonici, sono stati distrutti i parchi giochi e gli strabilianti edifici ispirati al mondo di Disney. Poi, dopo la ristrutturazione, il proprietario ha cominciato ad annoiarsi e ha deciso di vendere tutto».
Le sarebbe piaciuto possedere una delle dimore che ha venduto?
«Domanda difficile. Forse avrei voluto la villa Les Jolies Eaux, nell’isola di Mustique, appartenuta a Margaret d’Inghilterra, dove sono state fatte le più belle feste degli anni ’70-’80, con Mick Jagger e tutte le celebrity mescolate all’aristocrazia inglese. La principessa la regalò al figlio, Lord Linley, quando diventò troppo anziana per muoversi, e lui me la fece vendere. Adesso viene affittata a vip di tutto il mondo ed è diventata il posto di vacanze preferito da William e Kate».
Come trova i suoi clienti?
«Sono loro che trovano me. Si sa che non è facile trattare beni di questo tipo, ci vuole uno specialista. Non vendo però solo a celebrity: i miei clienti fanno parte di una specie di club, di cui non esiste la tessera. Sono persone facoltose, ma anche amanti della vita, delle cose belle. I miei “pezzi” più interessanti in vendita sono in Costa Azzurra, dove da almeno due secoli si costruiscono residenze di prestigio, come la Villa Leopolda di Marella Agnelli. Recentemente ho venduto la proprietà appartenuta a Annie Lennox e Dave Stewart, a Théoule-sur-Mer: un vero gioiello, con la sala di registrazione dove sono stati incisi molti dei pezzi degli Eurythmics».
Lei sembra molto attento al vestire: la potremmo definire una fashion victim?
«È la mia unica grande debolezza. Adoro la moda, sono un cliente compulsivo, e ambasciatore di marchi come Cifonelli, che mi fa gli abiti su misura, Tod’s o Ralph Lauren. Ci vuole un certo look per fare il mio mestiere, e un certo spirito. Nel tempo libero compongo musica rock. I miei dischi sono molto cliccati su YouTube, e passano nelle radio. Ma nessuno sa che vita fa l’autore».