Il Messaggero, 17 novembre 2015
«Riprodurre non è copiare». Viaggio nell’atelier dei fratelli falsari Semjon, Eugen e Michael Posin, tre russi in esilio a Berlino dagli anni ’80. «Siamo come direttori d’orchestra: con noi i quadri vivono una rinascita»
Alla grande mostra su Botticelli e il Rinascimento alla Gemäldegallerie a Berlino, era la grande assente. La Venere è custodita agli Uffizi, come pure la Primavera, ma i capolavori del genio fiorentino, per legge, non possono uscire dall’Italia. Bastava però fare qualche centinaio di metri per trovare la dea dell’amore, che si erge in tutta la sua sensualità da una conchiglia, nella improbabile bottega di tre pittori russi con etichetta ufficiale di “falsari”. Ma i musei, si sa, non prendono in prestito i falsi per cui la copia della Venere, mirabilmente identica all’originale, è rimasta esposta, senza particolari misure di sicurezza, nell’atelier dei fratelli Semjon (70 anni), Eugen (67) e Michael (65) Posin. Tre russi in esilio dagli anni ’80 a Berlino.
La loro galleria nel distretto un tempo scalcinato e oggi molto “in” di Neukölln, si chiama “Kunstsalon Posin”, al numero 20 della Wipperstrasse, strada quanto mai anonima come lo sono le vetrine della galleria. Dentro l’ambiente è alquanto dimesso e ispirato alle sale dei musei: mobilio modesto, moquette lisa, tende consumate.
FINO AL SOFFITTO
Ma bastano pochi istanti perché l’occhio riconosca una mole strabiliante di tele che ha già visto a Firenze, Parigi, Amsterdam, Vienna, nei musei di tutto il mondo. La Nascita di Venere campeggia sulla destra, in una imponente cornice d’oro come nelle pinacoteche, e a sinistra, su un cavalletto, ammicca sorniona la Gioconda. Ammassati in strati fino al soffitto, e affastellati per terra, altri capolavori di maestri del colore, decine e decine. I Girasoli di Van Gogh, un autoritratto di Rembrandt, il ritratto di Goethe di Tischbein, Le Ninfee di Monet, e poi Cranach, Kirchner, El Greco, Dalì, Marc, non manca nessuno.
Alle prime uno shock per l’occhio anche perché, data la somiglianza con gli originali, si stenta a credere che si tratti di copie. Eppure sono tutti rigorosamente falsi, con tanto di certificato. I fratelli Posin, a differenza del famoso falsario tedesco Wolfgang Beltracchi – un genio del colore ma anche della truffa, che dipingeva falsi e li vendeva per veri – scrivono sul retro delle tele che si tratta di copie di questo o quel quadro, e firmano col loro nome. Inoltre si discostano sempre di 1-2 centimetri dall’originale e a modello prendono solo quadri di pittori morti da almeno 70 anni: in questo modo si muovono nel rispetto della legge, in piena legalità. Una volta un acquirente di una copia di Turner cercò di rivenderla a loro insaputa come originale, ma le conseguenze giuridiche riguardarono solo il truffatore, non loro.
La stampa tedesca è tornata a occuparsi del trio russo ora in occasione della grande mostra su Botticelli (aperta fino al 25 gennaio). Si invita anche ad andare a vedere la copia della Venere nel loro atelier prima che sia spedita in Spagna dal cliente che l’ha commissionata.
L’ACCADEMIA
I tre fratelli sembrano loro stessi usciti da un dipinto dell’800. Il primo a venire in Occidente, come ci racconta Eugen, il più loquace dei tre, è stato proprio lui nel 1984: tappe a Parigi, Londra, Vienna e dall’85 Berlino. Poi sono seguiti i fratelli e la madre. «Più che fuggire sono stato cacciato dal regime», spiega. La loro arte non era gradita nell’Urss. I tre hanno studiato all’Accademia delle Belle Arti a Leningrado (oggi San Pietroburgo) e una delle discipline era la riproduzione dei grandi capolavori.
Per loro rifare i quadri non è un’offesa: «Riprodurre non è copiare», dice. Dietro c’è lo stesso complicato processo creativo. Si calano nell’artista, usano gli stessi materiali e impiegano lo stesso tempo impiegato per ultimare l’originale: per la Venere un anno, usando tempera su tela come Botticelli. Per Mona Lisa è stato ancora più impegnativo: ci sono voluti tre anni per riprodurre a olio su legno vecchio 100 anni, quel miracolo di ambiguità e seduzione. Rispetto all’originale (77x53 cm) la loro Gioconda è un po’ più grande (80x59) ma, per occhio profano, ha la stessa ineffabile malia. I tre fratelli ricevono commissioni da tutto il mondo. Una volta, per avere donato una loro opera al Vaticano, sono stati ricevuti anche da Papa Giovanni Paolo II.
«Noi amiamo i grandi maestri, non lo facciamo per denaro. È come un direttore d’orchestra che fa rivivere una composizione, con noi i quadri vivono una Rinascita». I Posin sono ricchi e potrebbero benissimo smettere di produrre falsi, ma continuano: «Non riusciamo a tener dietro alle richieste, al momento abbiamo 100 commissioni». Quanto costa un falso? Il prezzo non si dice, ma una stima fra 1.000 e 30.000 euro a seconda dell’opera è corretta.