la Repubblica, 17 novembre 2015
Gli islamisti, nomi e cognomi dei vivi e dei morti
Samy Amimour
Nato 28 anni fa a Drancy, banlieue a nord est di Parigi, Samy Amimour è uno dei due terroristi che ha portato la morte e l’orrore nel teatro Bataclan. Che ha messo fine alla sua vita pigiando il detonatore della cintura esplosiva imbottita di Tatp (perossido di acetone) e bulloni, che gli stringeva i fianchi. E non è bastato il padre, Mohammed, venditore ambulante di vestiti a Parigi, a impedirgli di dare e darsi la morte. Meno di un anno fa – dicembre del 2014 – la storia di Samy era infatti finita sulle colonne del quotidiano Le Monde.
Mohammed aveva raccontato la storia di due viaggi. Quello di suo figlio Samy, verso la radicalizzazione e la guerra in Siria, sotto le bandiere del Califfato. E quella di un padre – lui – che, nell’estate del 2014, decide di raggiungere la base dell’Is di Minbej, a 80 chilometri da Aleppo, per riportarsi indietro quel che di più caro ha nella vita. Il suo Samy, il ragazzo che chiamava “Abou Missa”, come il gatto di casa. L’incontro tra il padre e il figlio nel deserto siriano è, se possibile, ancora più doloroso del definitivo distacco che ne seguirà. Samy, infatti, è stato accusato nell’ottobre del 2012, in Francia, di terrorismo. Ed è stato sottoposto ad un regime di vigilanza cui, nel 2013, si è sottratto fuggendo in Siria.
«Volevo solo aiutarlo a rifarsi una vita altrove – prosegue il racconto del vecchio padre— ma non riuscii a farlo. Samy mi accolse con un sorriso distante e durante il nostro colloquio non fummo mai lasciati soli. Non ci fu modo di abbracciarci, né di fumare, perché vietato, pena la morte, e Samy non mi mostrò né dove abitava, né mi confidò se combattesse o meno».
Mohammed consegna allora a Samy una lettera della madre, che ha portato con sé da Parigi e in cui ha nascosto 100 euro. Forse nella speranza che almeno le sue parole riescano a vincere il gelo, la distanza emotiva che quel ragazzo ha messo tra sé e la sua vita precedente. Ma la reazione è un ennesimo, lungo silenzio. «Samy si appartò in un angolo per leggere e quindi mi restituì i soldi, dicendomi che non ne aveva bisogno».
In quel dicembre 2014, Mohammed torna così da solo a Parigi, da dove è partito e da dove, qualche mese dopo, la moglie vorrebbe ripartire convinta che una donna possa forse fare quel che a un uomo non è riuscito. Ma la madre di Samy non partirà mai. In compenso, Mohammed sarà raggiunto dalla notizia che Samy si è sposato e ha cambiato nome. Si fa chiamare “Abu Hajia”, la guerra. Mohammed non sa che al suo ragazzo resta solo qualche mese da vivere. Soprattutto non immagina che tornerà solo per morire dove è nato. A Parigi. Portandosi dietro la vita di 88 innocenti.
Salah Abdeslam
Salah, 26 anni, francese residente in Belgio, il più giovane dei fratelli Abdeslam, è l’unico sopravvissuto del commando ed è tuttora ricercato in tutta Europa. Pochi giorni prima dell’attacco aveva affittato la Polo nera utilizzata dai terroristi che hanno lanciato l’assalto al Bataclan. È stato lui ad accompagnare a bordo di una Seat in un caffé di Boulevard Voltaire il fratello Ibrahim che poi si è fatto esplodere. Cresciuto a Molenbeek, dove aveva conosciuto la mente del gruppo Abdelhamid Abaaoud, fra il 2009 e il 2011 aveva lavorato come meccanico nell’officina degli autobus di Ixelles, uno dei quartieri centrali di Bruxelles. Poi, licenziato, aveva vissuto di piccoli espedienti, una vita che gli amici raccontano come anonima. Era stato in Siria ma non si sa quando. Sabato si trovava su un’auto con altri uomini al confine belga ma non è stato fermato.
Ahmad Almuhamad
Uno dei kamikaze che si è fatto esplodere nei pressi dello Stade de France aveva addosso il passaporto di un venticinquenne di nazionalità siriana di nome Ahmad Almuhamad. Non è ancora stato stabilito se si tratta di un documento rubato o meno, ma la foto potrebbe comunque essere quella dell’attentatore. Secondo le prime ricostruzioni, quel passaporto apparterebbe a un uomo arrivato in Europa sbarcando sull’isola di Leros, in Grecia, lo scorso 3 ottobre. Il 7 ottobre quello stesso passaporto sarebbe stato mostrato tra la Serbia e in Montenegro e una seconda volta in Croazia. Avrebbe ottenuto lo status di rifugiato nella città serba di Preservo. Si sta tentando di capire se qualche brandello del suo corpo sia confrontabile con le impronte digitali dell’uomo registrate all’ingresso in Europa.
Abdelhamid Abaaoud
Abdelhamid Abaaoud, 27 anni, cittadino belga di origine marocchina, è la mente del gruppo. È cresciuto e ha vissuto a Molenbeek, Bruxelles, dove ha frequentato il miglior liceo del Belgio: il Collège Saint-Pierre d’Uccle. Radicalizzato nel 2011, si sarebbe unito allo Stato Islamico nel 2013, entrando e uscendo dalla Siria per la sua attività di capofila di una cellula terroristica con diramazioni in tutta Europa.
Sarebbe infatti il capo della cosiddetta cellula di Verviers, i cui progetti terroristici erano stati sventati lo scorso gennaio.
Anche Ayoub El Khazzani, autore dello sventato attacco al Tgv fra Parigi e Amsterdam di agosto, era in contatto con lui.
In luglio è stato condannato in contumacia a 20 anni di carcere. Attualmente è in Siria.
Ibrahim Abdeslam
Ibrahim Abdeslam, che aveva 31 anni, è uno dei fratelli del terrorista ancora in fuga, Salah. Si è fatto esplodere in un caffè di Boulevard Voltaire nei pressi della sala concerti Bataclan.
Secondo le fonti, era lui il più radicalizzato dei fratelli Abdeslam e probabilmente quello che ha convinto il fratello al grande salto. Amico di Abaaoud, era stato per un certo periodo in Siria. Era noto ai servizi francesi come jihadista perché il suo nome era emerso nelle indagini sulla cellula di Verviers subito dopo la strage di Charlie. Avrebbe affittato la Seat Leon, una delle due macchine utilizzate dal commando durante l’attacco, successivamente ritrovata ancora piena di munizioni a Montreuil, a 20 minuti da Parigi.
Omar Ismail Mostefai
Omar Ismail Mostefai, franco algerino, avrebbe compiuto30 anni il 21 novembre. È uno dei kamikaze del Bataclan, forse quello che ha tentato di negoziare con la polizia. È il primo attentatore a essere stato identificato grazie all’impronta del dito indice, unica parte del suo corpo rimasta integra. Le sue impronte erano nel database della polizia perché era stato fermato otto volte per piccoli reati compiuti tra il 2006 e il 2010 senza mai essere stato incarcerato. Mamma portoghese, viveva a Courcouronnes d figlio di un algerino e di una portoghese. Prima di radicalizzarsi nel 2010, era un rapper noto nel suo quartiere e l’unica sua immagine conosciuta è quella di un video del 2009. Nel 2013 era stato in Siria. Era noto alle autorità turche.
Mohamed Amri
Mohamed Amri, 27 anni, di nazionalità belga, è uno dei fiancheggiatori del commando di Parigi fermato a Molenbeek. Amri sarebbe l’artificiere del gruppo: ha le conoscenze tecniche per fabbricare le bombe utilizzate nell’attacco e a casa sua sarebbe stata scoperta una grande quantità di nitrato.
Avrebbe fornito le armi e confezionato le cinture esplosive dei kamikaze. Non solo: guidava la Golf con a bordo Salah, il terrorista in fuga, e un ragazzo marocchino, fermata dalla gendarmeria al confine belga all’indomani della strage e lasciata passare.
Secondo la polizia è probabile che l’artificiere non abbia partecipato direttamente agli assalti di venerdì sera, ma sia rimasto nelle retrovie, lontano dai luoghi degli attentati.
Bilal Hadfi
Bilal Hadfi, 20 anni, è il kamikaze che si è fatto esplodere nei pressi del “cancello D” dello Stade de France. Era il più giovane del gruppo. Di nazionalità francese, viveva in Belgio a Neder-over-Heembeek. Fino a poco tempo fa era un tipico adolescente appassionato di calcio, costantemente su Facebook. Aveva lasciato la scuola e aveva una formazione da elettricista.
Convertitosi all’Islam radicale, era andato a combattere in Siria dove usava il nome di Abu Moudjahid al Belgiki e Bilal al Mouhajir. Tornato in Belgio, era entrato in clandestinità. Lo scorso luglio aveva invitato i suoi amici su Facebook ad attaccare l’Occidente: «Fratelli nella terra degli infedeli, colpite i maiali affinché non si sentano più al sicuro in nessun posto». Fra i suoi contatti, il siriano Jihadi Abu Isleym, noto per la foto con un decapitato fra le mani.
Mohammed Abdeslam
Mohammed Abdeslam è il fratello maggiore dei due terroristi Salah e Ibrahim: impiegato comunale, è stato arrestato sabato nella sua casa di Moleenbek come persona potenzialmente informata dei fatti: ma è stato rilasciato due giorni dopo senza incriminazioni. Tornato a casa, ha risposto alle domande della stampa belga, spiegando di non essere minimamente coinvolto in quel che è accaduto a Parigi, aggiungendo di «non avere mai avuto problemi con nessuno», ma anche di non avere «mai notato nulla di strano» nel comportamento dei due fratelli, Ibrahim e Salah. Ha poi aggiunto che i due fratelli erano entrambi adulti e che per questo la famiglia «non chiedeva che cosa facessero del loro tempo». «Per quanto riguarda mio fratello, non sappiamo dove sia», ha detto.