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 2015  novembre 17 Martedì calendario

L’Italia che entra in guerra? Non prendiamoci in giro

Lettori di Italia Oggi e follower di Twitter mi hanno scritto mail, condividevano le mie analisi su “Parigi”, però con una critica: “lei parla spesso di execution, ma al posto di Renzi, che farebbe?” Sacrosanto, le analisi, scevre di emotività, sono importantissime, ma senza l’execution si resta nel magico mondo delle chiacchiere. Che fare? Banalmente direi la verità agli italiani, seguendo questa traccia:
 
1 Ormai è un fatto acquisito da tutti gli analisti indipendenti, senza l’invasione idiota di Bush in Irak mai sarebbe nato Isis, senza i bombardamenti idioti di Sarkozy, Cameron, Obama in Libia, l’immigrazione africana in Europa avrebbe avuto altre dimensioni e modalità, se Europa e Usa non avessero cavalcato in modo fanciullesco le cosiddette primavere arabe (tweet sulla punta delle baionette) i Fratelli Musulmani non avrebbero preso e mantenuto il potere in Egitto, per fortuna dell’Occidente, il Generale Al Sisi ci ha salvato, ma il fuoco è continuato a covare fino alla sua esplosione in Siria. Su Le Soir di lunedì, in una lettera aperta a Hollande, David Van Reybrouck lo invita a smetterla di parlare e comportarsi come Bush e di perseguire questa dubbia retorica guerresca per meschini calcoli elettorali.
 
2 Non raccontiamoci bugie, l’Italia non è in grado di fare alcuna azione di guerra, sia dal cielo (ricordiamoci la figuraccia in Serbia), e men che meno da terra, in termini tecnologici, tecnici, di condivisione popolare. Infatti, manca il presupposto minimo: l’adesione del popolo. Gli italiani hanno cancellato la guerra, ben oltre l’articolo 11 della Costituzione, non sono disposti a morire per la Patria, i più sconci di noi hanno sposato il mitico “armiamoci e partite”. Anzi, gli italiani non sono neppure d’accordo di investire in armamenti, peggio vorrebbero che le nostre industrie degli armamenti non vendessero (implicitamente accetterebbero la loro chiusura o sognerebbero stravaganti produzioni di pace, che non esistono). Riconosciamolo, la maggioranza silenziosa è perfettamente allineata alle teorie di Bergoglio.
 
3 Supponiamo che questa analisi non fosse corretta, e il popolo concedesse il suo benestare a entrare in guerra, ovviamente contro l’Isis. Qualcuno dovrebbe spiegare che lo scontro è fra due entità criminali, i tagliagole sunniti wahabiti e i tagliagole sciiti, se entriamo in guerra contro i primi significa che ci alleiamo con i secondi, basta dircelo. Dobbiamo pure sapere che Arabia Saudita ed Emirati non accetteranno mai di dare spazio agli odiati iraniani sciiti. E men che meno lo accetterebbero il generale Al Sissi e il Sultano Erdogan (membro Nato e in grado di ricattarci aprendo o meno i confini a due milioni di profughi disperati). Diverso il caso di Putin, lui ha sposato l’alleato di sempre, la Siria sciita di Assad, quindi l’Iran. È questo un giochino da maneggiare con cura, qua non si possono praticare le tecniche delle “convergenze parallele” a noi tanto care.
 
4 In Italia, i soli che vogliono la guerra, senza avere il coraggio di dirlo apertamente, limitandosi a smorfiette con le loro bocche a culo di gallina, sono l’intellighenzia radical chic dei salotti “sinistri” e curiosi leghisti in felpa. Prima di pronunciare la parola “guerra” bisogna condividere il Churchill del 1940 “essere disposti a pagare un prezzo elevato in termini di fatica, sudore, lacrime, sangue” e nella scelta degli alleati sempre Churchill “Se Hitler invadesse l’inferno andrei ai Comuni a parlare a favore del diavolo”. Senza questi presupposti, meglio il buon senso del Governo Renzi: galleggiare nella scia di Usa ed Europa, timbrare il cartellino di presenza, fare il minimo sindacale, nascondersi dietro l’articolo 11 della Costituzione, soprattutto dietro l’ONU. La sintesi migliore l’ha fatta il ministro Gentiloni (uomo perbene, di imbarazzante sincerità): “combattere Isis senza entrare in una dinamica di conflitto”. In italiano, frase senza senso, di tipica matrice morotea, ma è tutto quello che ci è concesso.
 
Forse abbiamo il Governo sbagliato per la politica economica, certamente il Governo giusto per la politica estera. Renzi e i suoi ministri interpretano perfettamente i valori e lo stile di vita di un popolo, reso eunuco da cinquant’anni di chiacchiere e di “diritti”, senza contropartite di “doveri”, che neppure si accorge di scivolare lentamente verso un servilismo mite, convinto di possedere valori alti.