Corriere della Sera, 17 novembre 2015
Schedare quelli che vanno e vengono dalla Ue
ROMA Un piano di emergenza in quattro punti per fronteggiare la minaccia dei terroristi. Interventi mirati per l’identificazione e il controllo di chi entra in Europa, anche se si tratta di un cittadino di uno Stato dell’Unione. Con una novità che potrebbe rivoluzionare il sistema finora in vigore: saranno schedati tutti coloro che sono andati in un Paese extra Schengen e poi sono tornati nel proprio Paese. In vista del vertice di urgenza dei ministri dell’Interno fissato per venerdì mattina a Bruxelles la Commissione guidata da Jean Claude Juncker mette a punto un provvedimento che possa essere operativo prima possibile. E lo fa per rispondere alla richiesta presentata dalla Francia che sollecita «misure urgenti», soprattutto ne chiede l’immediata entrata in vigore. E si concentra in modo particolare sulla «blindatura» delle frontiere per filtrare gli ingressi e cercare di impedire ai fondamentalisti di entrare. Anche tenendo conto dell’ultima stima della Commissione Ue che parla di «circa 5.000 comunitari residenti che hanno viaggiato per unirsi a gruppi terroristici come Daesh». Sono i foreign fighters, i tanto temuti combattenti di ritorno che rappresentano una delle minacce più concrete per l’Occidente.
Il codice Pnr
per i voli
È uno dei punti più controversi, in discussione da mesi e sul quale gli Stati membri si sono già divisi dopo gli attentati di Parigi del gennaio scorso contro la sede della rivista satirica Charlie Hebdo e il supermercato Kosher. Una misura che la stessa Commissione definisce però di «cruciale importanza» perché consente non solo di aver in tempo reale i dati personali di chi prenota o acquista un biglietto aereo, ma fornisce pure informazioni preziose nell’attività di prevenzione contro i terroristi. Attraverso la «scheda» immessa nel sistema comune sarà infatti possibile conoscere le abitudini del passeggero (comprese quelle riguardanti la religione lo stato di salute), sapere con chi è stato effettuato il viaggio, le persone contattate prima di intraprenderlo. Ed è proprio questo ad avere alimentato le perplessità di numerosi parlamentari creando uno schieramento contrario trasversale che si è appellato a motivi di privacy per rinviare sino ad ora l’approvazione della direttiva. Un atteggiamento che potrebbe modificarsi di fronte al massacro di venerdì scorso.
La «schedatura»
ai varchi
Nella bozza in preparazione si parla di «norme più robuste per mantenere un controllo più stretto su chi entra nell’Unione europea e per prevenire ulteriori accessi non autorizzati, nonché impedire alle persone di entrare al di fuori dei normali valichi di frontiera» oltre all’introduzione «di un sistema di ingresso/uscita molto più efficace che consentirà il tracciamento dei movimenti dei cittadini di paesi terzi attraverso la frontiera esterna dell’Unione Europea». In realtà la richiesta francese prevede che questo «tracciamento» riguardi anche i cittadini Ue proprio per evitare il rientro di chi potrebbe essere andato a combattere, ma più semplicemente anche di coloro che potrebbero essere andati a incontrare personaggi «sospetti» per pianificare attentati.
Lo scambio
dei dati
Di fronte al moltiplicarsi di segnalazioni trasmesse dagli apparati di intelligence di mezzo mondo è necessario un confronto reale tra servizi segreti, ma anche con le forze di polizia in modo da evitare che un «sospetto» possa sfuggire ai controlli perché i dati che lo riguardano non sono stati trasmessi in maniera corretta o comunque condivisi tra le varie strutture. Per questo si è deciso di creare un sistema interconnesso e accessibile a 007 e investigatori che abbia «indicatori di rischio comuni», soprattutto che consenta la verifica delle notizie con una collaborazione effettiva alla quale dovranno dare il proprio assenso i governi che poi avranno l’onere di garantire il rispetto dell’accordo. Una circolazione delle informazioni sta già avvenendo, necessario – secondo la Commissione – è farla diventare capillare.
Il rapporto
con le comunità
Per evitare il radicalismo si ritiene fondamentale intensificare il legame con le comunità islamiche e isolare i fondamentalisti. Un’attività «essenziale della strategia antiterrorismo che conta su Awareness una «rete di reti», che riunisce gli operatori per discutere le tendenze emergenti e scambiare e sviluppare le migliori pratiche». Per sostenere questo lavoro l’Ue ha già impegnato «25 milioni di euro per i prossimi 5 anni» e ora potrebbe stanziare ulteriori risorse. Del resto, come spiega Gianni Pittella, capogruppo dei socialisti al Parlamento europeo impegnato nei negoziati di queste ore, «lo sgomento deve far posto alla politica e l’incontro già fissato con Juncker e Schulz servirà proprio per accelerare il rafforzamento del controllo alle frontiere esterne e il meccanismo automatico di cooperazione a livello di intelligence. Serve una strategia di lungo periodo messa a punto da una larga coalizione internazionale capace di indicare una chiara visione sul day after».