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 2015  novembre 17 Martedì calendario

Il grido di guerra di Hollande

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI «La Francia è in guerra. E di fronte agli atti di guerra commessi sul nostro territorio dobbiamo essere spietati». Davanti a 900 parlamentari riuniti in via straordinaria a Versailles, un François Hollande mai così marziale ha invocato ieri poteri eccezionali per combattere la guerra – parole ripetuta continuamente – contro il nemico che non è un gruppo ma «un esercito terroristico». Il discorso di Hollande è stato solenne e senza precedenti, come sono stati senza precedenti gli attacchi di venerdì 13 novembre.
Se dopo l’11 settembre 2001 George W. Bush dichiarò la War On Terror, ieri il presidente francese ha proclamato che l’obiettivo della guerra francese non è più «contenere» lo Stato Islamico ma «distruggerlo». Per raggiungere questo risultato anche Hollande, come Bush a suo tempo, chiede nuove leggi. Una riforma costituzionale, provvedimenti di emergenza che prendono in conto anche precedenti proposte dell’opposizione di destra – da Nicolas Sarkozy a Marine Le Pen – finora respinte perché troppo repressive.
Hollande era chiamato a rassicurare l’opinione pubblica, a mostrare ai francesi che non scherzava quando poche ore dopo le stragi prometteva che la risposta dello Stato sarebbe stata implacabile. Ieri mattina, prima che il capo dello Stato si rivolgesse all’Assemblea nazionale e al Senato riuniti a Versailles, e in diretta tv a tutta la nazione, i collaboratori dicevano che il presidente stava preparando in solitudine «il discorso più importante della sua vita politica», e in effetti si tratta di una svolta nella presidenza Hollande e nella storia della Francia.
«Ci saranno nuove spese, ma il patto di sicurezza è più importante del patto di stabilità», dirà Hollande in un passaggio decisivo. Due anni e mezzo di attenzione al risanamento economico sbrigativamente accantonati.
Sul piano interno, il presidente ha annunciato un progetto di legge per «prolungare lo stato di emergenza fino a tre mesi» (oggi può durare solo 12 giorni), il che permette perquisizioni amministrative come le 168 eseguite nella notte tra domenica e lunedì in tutta la Francia. Tra i provvedimenti proposti da Hollande c’è la privazione della nazionalità per qualsiasi cittadino, anche nato in Francia, che venga condannato per minaccia agli interessi fondamentali della nazione o per un atto di terrorismo; l’espulsione rapida degli stranieri che rappresentano un grave pericolo (in sostanza gli imam radicali, anche se non li ha mai citati esplicitamente), e la messa agli arresti domiciliari di quanti ritornano in patria dalla jihad in Siria o Iraq. Hollande vuole dare più risorse alle forze dell’ordine: 5000 nuovi posti tra polizia e gendarmeria, 2500 nella giustizia e 1000 per le guardie di frontiera.
Il presidente chiede poi una riforma costituzionale. Ottenere la maggioranza dei tre quinti non sarà facile, ma Hollande reputa indispensabile adattare alla nuova sfida gli articoli 16 (sui pieni poteri al presidente) e 36 (sullo stato di assedio). Dovesse mancare l’appoggio del Parlamento, non è escluso il ricorso al referendum.
Solo un presidente di sinistra noto per essere equilibrato e spesso criticato per esserlo troppo avrebbe potuto presentare queste misure senza suscitare grande scandalo (lo avesse fatto Sarkozy si griderebbe al golpe strisciante). Hollande sapeva che solo la sinistra radicale si sarebbe indignata, come ha fatto in effetti con la reazione di Jean-Luc Mélenchon che denuncia uno «stato di emergenza permanente».
Il presidente ha compensato le concessioni alla destra con il rispetto dei riflessi della sinistra. In tutto il discorso, durato quasi un’ora, Hollande ha citato il jihadismo ma non ha mai pronunciato le parole islam, o islamismo radicale, o terrorismo islamico, limitandosi a ricordare che venerdì sera «francesi hanno ucciso altri francesi». Intransigente con i terroristi, e attento ai sentimenti dei 5-6 milioni di concittadini di fede o cultura musulmana.
Sul fronte esterno, intensificazione dei bombardamenti in Siria, richiesta di aiuto all’Unione europea, e obiettivo di una coalizione unica contro lo Stato Islamico: nei prossimi giorni Hollande incontrerà il presidente americano Obama e quello russo Putin, tornato un interlocutore. «Il terrorismo non distruggerà la Repubblica, perché è la Repubblica che distruggerà il terrorismo», ha concluso il capo delle forze armate François Hollande, prima di intonare la Marsigliese assieme al Congresso.
Stefano Montefiori