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 2015  novembre 14 Sabato calendario

La disgrazia di allenare il Real Madrid

Il registro grottesco degli articoli di Juan Tallon sul Pais tocca spesso il mondo del calcio, con quello sguardo sulla realtà da un punto di vista esterno – solo in apparenza ingenuo – che fatalmente denuda l’aspetto comico di certe situazioni. Divertentissimo, per esempio, il ritratto che lo scrittore satirico ha da poco dedicato non a Rafa Benitez – benché ovviamente la foto a corredo della column fosse la sua – ma all’allenatore del Real Madrid inteso come ruolo (quasi) istituzionale: un lavoro disgraziato e perennemente teso al raggiungimento dell’infelicità, nel quale il successo è l’ovvia anticamera del fallimento e lo status più comparabile è quello del naufrago in mezzo all’oceano aggrappato a un relitto per non affogare. Malgrado ciò, nel mondo degli allenatori non esiste incarico più ambito.
Secondo Tallon, la penitenza inizia fin dalla conferenza stampa di presentazione, quando il neo-assunto deve illustrare il proprio calcio in modo convincente a: 1) I giocatori importanti; 2) I giocatori meno importanti; 3) Il presidente; 4) I soci; 5) I tifosi; 6) I media importanti; 7) I media meno importanti; 8) La gente del bar che non ha ancora bevuto troppo; 9) La gente del bar che ha già bevuto troppo; 10) Il popolo di Twitter. Per bene che vada – valuta lo scrittore satirico – può uscirne con due bottoni della camicia saltati e un esaurimento nervoso incipiente.
Ma la vera trappola, dopo i patimenti dell’avvio, è la prima settimana di tranquillità. Pericolosissima, spesso letale: quest’anno Benitez è arrivato alla prima pausa un po’ affaticato dalle accuse di difensivismo, ma appena ha tirato il fiato – chi allena il Real praticamente non lavora durante i periodi delle nazionali, perché TUTTI i giocatori del Real sono nazionali – il telefono si è messo a squillare in modo incessante. Infortunato Sergio Ramos. Infortunato Bale. Infortunato Benzema. Infortunato Modric. E le chiamano pause. Come se ne esce? Scordatevelo, una volta dentro non se ne esce, però almeno il labirinto è comune ai giocatori.
In un’altra nota, infatti, Tallon mette in luce in modo ancor più esilarante le abitudini che dimostrano come il moderno calciatore non smonti praticamente mai: se Karim Benzema, per fare un esempio, è arrivato di recente al terzo sequestro della patente dopo aver sfrecciato a velocità impossibili in zone vietate, è evidente che l’esigenza di smarcarsi non lo abbandoni praticamente mai.
Mica facile, per un allenatore, venire a patti con gente così; difatti Guardiola – osservaTallon, mettendo giù un concetto che avevo pensato cento volte senza riuscire a esprimere – anche quando va a farsi uno stivale di birra all’Oktoberfest in costume tirolese (è successo) pare visibilmente perduto dietro al possesso palla del suo Bayern e alle maniere per incrementarlo. Tutto da ridere, caro Juan. E pure da piangere, un po’.