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 2015  novembre 14 Sabato calendario

Che fine hanno fatto gli altri 17 portieri che giocavano in Serie A quel 19 novembre 1995 in cui Gigi Buffon esordì al Tardini?

Parma, stadio Tardini: il 19 novembre 1995 Gianluigi Buffon esordisce in Serie A ad appena 17 anni, chiudendo la porta in faccia al Milan di Fabio Capello.
Parma, stadio Tardini: il 19 novembre 2015 sarà Luca Mondini a chiudere la porta, e magari pure a spegnere le luci, dopo l’ultima sessione di allenamento del giovedì sera con i portieri delle giovanili. «È un sogno che si è avverato. Era l’unico rimorso della mia carriera non essere mai riuscito a giocare nel Parma, la squadra per cui faccio il tifo. Alla fine, ci sono arrivato cinque anni fa, da preparatore». Nel 1995 Mondini aveva 25 anni, era il numero 1 del Vicenza e quella domenica affrontava il Napoli al San Paolo. Ora si occupa del vivaio gialloblù, rinato dalle ceneri del fallimento, e cerca di scoprire i nuovi Buffon. L’originale, Buffon appunto, invece gioca ancora: è l’unico a farlo fra i portieri scesi in campo quel 19 novembre. Tutti gli altri hanno appeso le scarpe al chiodo e imboccato strade diverse. Vent’anni dopo, come nel libro di Dumas, si ritrovano moschettieri un po’ più vecchi e stanchi, ma pochi di loro hanno perso la voglia di cacciarsi in quella grande avventura che è il calcio. Che lo ammettano, o no.
«Partite? Basta! Dopo tutte le botte che ho preso, adesso mi dedico alla bicicletta. Ci sono tante salite da queste parti: vado verso il lago di Como, faccio il Bisbino, lo Zelbio...». Così racconta Adriano Bonaiuti, ma non c’è da credergli. Mentre Buffon fermava i rossoneri, lui e il suo Padova battevano 3-0 il Bari: il pallone era una parte importante della sua vita e lo è tuttora. Più della bici. «Nel 2004-05 ho iniziato a fare il preparatore dei portieri. C’era questo ragazzone sloveno, molto forte, all’esordio in A: Samir Handanovic. Tra noi si è creato un bel rapporto, tanto che nel 2013 mi ha voluto a tutti i costi all’Inter. Ho fatto subito le valigie: del resto sono un “nomade” da quando avevo 16 anni e lasciai Roma per Cesena».
DALLA PORTA AL CANESTRO
Chi ha provato sul serio a smettere con il calcio è Gigi Turci. Nel 2007, lasciato il Cesena, ha giocato da pivot nella squadra di basket di Grado: «L’anno e mezzo più bello della mia vita, anche perché ho potuto godermi la famiglia. Poi però non ho resistito e ho accettato di allenare i portieri del Portogruaro». Il 19 novembre 1995 Turci difendeva la porta della Cremonese contro la Lazio (che tra i pali, al posto dell’infortunato Luca Marchegiani, schierava Francesco Mancini, il lucano diventato poi preparatore con Zdenek Zeman nel Foggia e nel Pescara, stroncato da un infarto il 30 marzo 2012). Ora, da poco più di un anno, Turci ha risposto “presente” alla chiamata di Gigi Simoni ed è tornato a Cremona: «Ho ritrovato i posti e le persone che frequentavo, ma in vent’anni tutto cambia: si diventa più maturi. Nel frattempo, ho scoperto la passione per la lettura. Amo i saggi, specialmente di psicologia: mi aiutano a capire i portieri che alleno».
Tanti altri, dopo il ritiro, hanno intrapreso la stessa carriera e scelto di mettere a disposizione la loro esperienza ai portieri più giovani. Fabrizio Ferron, nel 1995 all’Atalanta, è nello staff delle giovanili della Nazionale, Giuseppe Alberga (secondo nel Bari, ma in campo quella giornata perché il titolare Alberto Fontana era influenzato) è con Auteri al Benevento, l’ex granata Domenico Doardo ad Alassio, mentre il suo avversario in Cagliari-Torino, Valerio Fiori, oggi si occupa dei portieri degli Allievi del Milan. Giovanni Cervone, storico guardiano della Roma, è stato invece preparatore nell’Avellino e nel Gallipoli e pure Angelo Peruzzi, vent’anni fa colonna juventina, si è lasciato attrarre prima da Marcello Lippi, di cui è stato collaboratore tecnico nella Nazionale, poi dall’ex compagno Ciro Ferrara, cui ha fatto da vice alla Samp. Perché il calcio, per chi ne è stato un grande protagonista, è soprattutto questo: una sirena difficile da ignorare. «Dopo il ritiro, mi è servito un anno per disintossicarmi. Non andavo neanche allo stadio, piuttosto giocavo a basket con gli amici. Poi, piano piano, sono rientrato in questo mondo», conferma Gianluca Pagliuca che, quando Buffon indossava per la prima volta i guanti in A, era la saracinesca dell’Inter, aveva 28 anni e due Mondiali alle spalle. Dopo aver chiuso la carriera nel 2007 ad Ascoli, è stato prima commentatore televisivo, poi ha frequentato il corso da allenatore. In giugno ha sfiorato lo scudetto con i Giovanissimi Nazionali del Bologna, ora coordina i portieri delle giovanili rossoblù: «Ho la possibilità di scoprire nuovi talenti ed è un lavoro senza stress: mi lascia tempo per fare il papà e seguire mio figlio. Non c’è solo il calcio nella vita...».
PRESIDENTE, MA IN TUTA
Sarà, ma anche Giuseppe Taglialatela non è mai riuscito a staccarsi dal pallone. Neppure l’anno scorso, quando per qualche mese si è lanciato nell’avventura della dirigenza: «A Ischia ero il presidente, ma con la tuta: non andavo alle assemblee di Lega, restavo sempre in campo». Il 19 novembre 1995 aveva parato un rigore a Jimmy Maini allo scadere, evitando al Napoli la sconfitta col Vicenza. Oggi non ha perso la stessa voglia di tuffarsi: «Ci sono sei centri sportivi qua sull’isola: ogni giorno qualcuno mi chiede un aiuto con i piccoli portieri». In più, c’è l’impegno nella Fondazione Real Madrid: «Sono molto amico di Emilio Butragueño, l’ex campione madridista. Da poco abbiamo esteso i nostri progetti in Italia: cerchiamo di togliere i ragazzi dalla strada attraverso lo sport». Eppure, oggi come allora, ricorda bene il giovanissimo Buffon: «Venne a giocare a Napoli la settimana dopo l’esordio: nel tunnel del San Paolo mi sembrava altissimo, ma aveva proprio la faccia da ragazzino».
Alcuni colleghi del “ragazzino” vent’anni dopo sono incappati in qualche guaio (Angelo Pagotto, all’epoca giovane promessa della Samp, nel 2007 ha subito una squalifica di otto anni per positività alla cocaina ed è sparito dai radar; Sebastiano Rossi, dirimpettaio di Buffon in Parma-Milan, dopo vari guai giudiziari, da ultimo è stato coinvolto in un’indagine legata allo spaccio di droga); altri, invece, vestono in giacca e cravatta. Chi con compiti di rappresentanza, come Francesco Toldo (vent’anni fa alla Fiorentina), oggi responsabile di Inter Forever, chi in qualità di dirigente, come Massimo Taibi (era al Piacenza), direttore sportivo del Modena: «Dopo 25 anni passati negli spogliatoi, metti a frutto la tua esperienza: riesci a entrare in sintonia con i giocatori perché parli la stessa lingua. Adesso mi accorgo dell’importanza di quei pochi mesi passati al Manchester United con Alex Ferguson: lì ho imparato il rispetto delle gerarchie e l’organizzazione».
Pure Graziano Battistini ha cambiato ruolo, ma non ha mai lasciato il calcio. Si è diplomato in Ragioneria e ha iniziato a frequentare Scienze Politiche a Bari. Nel frattempo, è arrivata la proposta di Federico Pastorello, il suo ex agente: «Così sono diventato un procuratore, sempre in viaggio tra Spagna e Sudamerica. L’operazione di cui vado più orgoglioso? Diego Perotti al Genoa: con Gasperini è rinato». Il suo 19 novembre 1995 è trascorso a San Siro: Inter-Udinese 2-1. Ma il suo ricordo di Buffon è legato soprattutto a un aneddoto: «Vincenzo Di Palma, il preparatore a Parma, mi rivelò che Gigi aveva chiesto di essere ceduto alla Carrarese per giocare con continuità». Sliding doors. Chissà come sarebbe cambiata la storia. Magari la Carrarese sarebbe arrivata in Serie A o addirittura in Europa, probabilmente l’Italia non avrebbe vinto il Mondiale nel 2006, ma sicuramente il 19 novembre sarebbe solo un giorno come tanti altri.