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 2015  novembre 15 Domenica calendario

Mamme, amori e amanti. Ecco cosa hanno in comune le spie del 900 a servizio di Sua Meastà. Flemming, Forsyth e Le Carré: biografie a confronto

Che cosa hanno in comune i signori Ian Fleming (1908-1965), Frederick Forsyth (1938) e John le Carré (nato David Cornwell nel 1931)? A parte il fatto di essere: 1) britannici e 2) fra i più grandi autori del secolo (scorso) di spy story, l’analogia più evidente è una quasi perfetta compenetrazione fra finzione e realtà. Le vite dei tre sudditi di Sua Maestà sono state avvincenti e misteriose come quelle dei loro parti letterari. In attesa del prossimo settembre, che vedrà la pubblicazione del romanzo The Pigeon Tunne l (Penguin Random House) dove Cornwell/ le Carré, desecreterà, per la prima volta in assoluto, la sua reale esperienza da spia, abbiamo letto e confrontato tre biografie uscite quest’anno: L’outsider di Frederick Forsyth (Mondadori), Ian Fleming. A Personal Memoir di Robert Harling (The Robson Press) e John le Carré. The Biography di Adam Sisman (Bloomsbury Publishing). 
Il risultato è una comparazione per temi di aneddoti e curiosità sugli autori che mostrano di avere molto in comune e che, consapevolmente o meno, hanno reso i servizi segreti britannici un’icona letteraria se non addirittura di stile. 
Al servizio di Sua Maestà
Racconta le Carré che la sua carriera da spia è cominciata con il reclutamento a Vienna, nei primi anni Cinquanta con modalità da romanzo: «Perché io, signore?», chiede all’ufficiale dell’Aio (Air Intelligence Office) che lo ha approcciato. «Perché hai quello che ci vuole», risponde quello. «E come fa a saperlo?». «Ti abbiamo osservato». No, non è andata così. Non sapremo mai la verità o forse sì, a settembre 2016 con l’uscita dell’autobiografia. Si sa però che le Carré è stato sotto copertura nell’MI5 e MI6 almeno fino al 1963, quando scoppia il caso Philby, l’agente doppiogiochista che vendette i segreti dell’impero britannico (e i nomi dei suoi infiltrati) a quello sovietico. 
Il comandante Fleming, che è di una generazione precedente, serve l’Intelligence della Royal Navy durante la Seconda guerra mondiale, assistente dell’Ammiraglio John Godfrey. Non è un operativo, è uno stratega che in prima linea «non ci va lui, ci manda gli altri (agenti)». Bond è, di fatto, il suo upgrade, la sua spettacolare evoluzione sul campo. 
Forsyth serve la regina nella Raf. Si arruola non ancora maggiorenne solo per la «spropositata passione per il volo». E non fa la spia (collabora, solo occasionalmente e da esterno, con l’MI6). L’altra sua «spropositata» passione è il giornalismo investigativo e i segreti se li va a scovare da solo, come in Biafra. In contrasto con la linea editoriale della Bbc, responsabile secondo lui di dare informazioni filtrate, si licenzia e da freelance contribuisce a denunciare al resto del mondo il reale problema della fame in Africa. 
Mamme
Le madri sono fondamentali. Anche per le spie. Quella di Fleming, Valentine o Eve, «a seconda dell’umore o delle occasioni», vedova benestante di un banchiere, è autoritaria e onnipresente. Ogni volta che il Bond reale ha bisogno di conforto, ma soprattutto di soldi, è alla signora Fleming che si rivolge. Dal canto suo lei lo ammira gonfia di gratitudine. Ossessionata dalla scalata sociale verso le vette del peerage, il titolo nobiliare britannico, tanto da farla finire nei guai (per stalkeraggio di un marchese), è però molto fiera di avere un figlio, se non baronetto, almeno famoso. Anche la signora le Carré/Cornwell fa i conti con la giustizia (bancarotta fraudolenta) per colpa di un marito, Ronnie, metà farabutto e metà truffatore che molto presto abbandonerà (e con lui i figli). Il piccolo John/David non la perdonerà mai. 
Molto meglio le cose a casa Forsyth. Famiglia non ricca ma dignitosa, la mamma di Frederick è amorevole, permissiva e soprattutto comprensiva. La quintessenza della virtù. 
Amori/amanti/mogli
Dalle madri alle donne il passaggio è banale però doveroso. Fleming ne ha avute tante, i suoi interessi sono espliciti: «Golf, bridge, ristoranti e donne. Non necessariamente in quest’ordine». Forse non tante quante furono le Bond girl, ma è certo che hanno tutte fatto la stessa fine: non assassinate, sparite. In realtà non si libererà mai del suo primo e unico matrimonio con Ann Charteris, affascinante, mondana e «spesso prepotente» che di mariti ne aveva avuti già due. Nonostante i litigi e gli amanti da parte di entrambi, la signora Fleming è come mamma Fleming: persistente. 
Forsyth e le Carré si sono sposati due volte, ma il parallelismo finisce qui. Hanno avuto iniziazioni agli estremi opposti, il secondo affetto da sindrome d’abbandono materno (lo dice lui) vive le sue prime esperienze «come un giovane Werther», dolorante e sognatore. Il primo, robusto nel fisico e nell’animo, scopre con gioia l’amore a sedici anni con una contessa tedesca trentenne, per niente platonica. 
Formazione
Da bambini, tutti e tre sono spediti alla public school, che nel Regno Unito vuol dire scuola privata, ma di importanza e classe decrescente. Fleming frequenta Eton, come fece suo padre e come farà suo figlio Casper e con loro buona parte della società britannica che conta, duchi, principi e primi ministri. Finirà all’Accademia militare di Sandhurst e poi all’università di Monaco e a quella di Ginevra. 
Le Carré cambia numerose case e altrettante scuole, dipendente dall’alterna e losca fortuna del padre. Appassionato di letteratura tedesca, finisce all’Università di Berna dove scopre con delusione che il tedesco che si parla in Svizzera non è esattamente quello lirico dei romantici. Si mantiene facendo il cameriere e lavando elefanti per un circo. Poi torna a casa e si iscrive a Oxford. 
Forsyth passa le estati della sua infanzia in Francia, a pensione presso famiglie locali e poi in Germania, sperimentando la singolarità di essere ospite, da inglese, in un Paese che odia gli inglesi (siamo nell’immediato dopoguerra). Imparerà le due lingue perfettamente e senza accento. Frequenta l’Università di Granata a Marbella (era un distaccamento) per un solo semestre. Senza un vero titolo ma con quattro lingue – francese, tedesco, spagnolo e poi russo – che gli permetteranno molto. 
Fleet Street
Più che un punto in comune è quasi un punto d’incontro. Fleet Street è un luogo che nella Londra degli anni Cinquanta e Sessanta è come dire giornalismo: è lì che hanno sede i maggiori quotidiani, tabloid, periodici e le grandi agenzie di stampa. Fleming e Forsyth frequentano Fleet Street con regolarità, il primo al «Sunday Times», di cui diviene capo degli esteri (fino al ’49) e poi abituale collaboratore mentre il giovane Forsyth si reca allo stesso indirizzo per la Reuters (che per altro aveva impiegato Fleming prima della guerra), che lascerà per diventare inviato della Bbc. 
Le Carré, travestito da giornalista, smaschera un traditore all’interno dell’Agenzia (Operazione «Tie Pin». Non è un romanzo, è successo davvero). 
Food&Drinks
Manco a dirlo, Fleming si sveglia con caffè nero e miele rigorosamente norvegese («il migliore per il suo palato») e pranza sempre da Scott’s, a Piccadilly, iniziando da un plateau di dodici ostriche e un Martini. Non ama particolarmente i dolci. Le Carré, decisamente più prosaico, mangia al pub. Forsyth dove capita, se capita (specialmente quando è sul campo). 
Alias
Bond è Bond e non ne ha bisogno. Nessuno, e nemmeno Fleming – «Volevo solo un nome semplice, da ricordare» – avrebbe potuto immaginare che quel nome, rubato a uno sconosciuto autore di un trattato sugli uccelli delle Indie Occidentali (il signor James Bond, ornitologo), si sarebbe rivelato un così enorme successo. «Il mio nome è Bond. James Bond» è un marchio di fabbrica. Un logo mondiale. È innegabile che lo 007, l’unico, sia un alterego del suo creatore. Mangia come lui, veste come lui, è soltanto un po’ più attivo sul campo (e un po’ più deciso nella vita). 
John le Carré è un alias, quello di David Cornwell e in quanto tale avrebbe dovuto restare una copertura. Ma nel 1964 un giornalista del «Sunday Times» (sì, lo stesso di Fleming) costringe l’agente operativo a confessare: «Va bene, John le Carré sono io. Ma non sono una spia, cosa vuole che ne sappia io di Intelligence». 
Quando serve, Forsyth interpreta la versione scema di se stesso, alla Bertie Wooster, il personaggio sciocco di P. G. Wodehouse. Lo usa per origliare oscure conversazioni, mettiamo caso, nelle bettole di Berlino (Est e Ovest) fingendo di essere imbranato e di non capire una parola di tedesco. Bertie sarà fondamentale, ad esempio, per scoprire l’esistenza di un’organizzazione segreta attiva in Germania in aiuto di ex nazisti. Un dossier «Odessa» esisteva davvero e il cattivo del romanzo lo era anche nella vita vera. Grazie al suo capolavoro Forsyth ha portato all’individuazione reale, in Sudamerica, del criminale nazista Eduard Roschmann, alias il macellaio di Riga. 
Citazioni
Fleming: «Scriverò una storia di spie. Per mettere fine a tutte le storie di spie». Le Carrè: «Sono stato tentato dal tradimento. Fare il mio lavoro ti porta così vicino al limite che ti viene voglia di saltare dall’altra parte e chiudere il cerchio». Forsyth: «A Berlino Est, in piena guerra fredda, notai una strana mobilitazione militare, carri armati e soldati. Lanciai l’allarme attraverso la Reuters, si mise in moto l’Intelligence. Ho quasi fatto scoppiare la Terza guerra mondiale. In realtà si trattava delle prove per una parata».