Corriere della Sera, 15 novembre 2015
Le potenze stanno concordando un cessate il fuoco in Siria a partire dal 1° gennaio
ROMA Dal vertice di Vienna sulla Siria esce un segnale politico importante: «La comunità internazionale è unita nella lotta allo Stato Islamico e convinta che il suo sforzo debba essere comune, coordinato e vada rafforzato».
Lo spiega il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, di ritorno dalla capitale austriaca, dove ha partecipato alla riunione insieme a una ventina di ministri degli Esteri, compresi quelli di Usa, Russia, Iran, Germania, Arabia Saudita e Francia.
C’è un paradosso, nei sanguinosi attacchi di Parigi: «Avvengono in un momento nel quale le cose sul terreno vanno meglio rispetto a un mese fa, sia in Iraq, con la ripresa di Sinjar da parte dei peshmerga curdi, addestrati proprio da noi italiani, sia in Siria con l’avanzata verso Raqqa. Sul piano tecnico-militare, il coordinamento tra russi e americani è ormai un fatto acquisito. Qui a Vienna, Kerry e Lavrov hanno lavorato assolutamente di concerto, aiutati da noi, i tedeschi e da alcuni Paesi di buona volontà come Emirati, Egitto e Giordania».
Il risultato concreto che emerge da Vienna è quello di un doppio processo: «Il primo, coordinato dalla Giordania, sarà svolto da militari e servizi d’intelligence di tutti i Paesi coinvolti e ha il compito di definire chi sono i gruppi terroristi. Come sappiamo uno dei problemi è che tutti si accusano reciprocamente di bombardare i buoni o di finanziare i cattivi. Questo lavoro dovrà essere completato entro il 10 dicembre. Il secondo, sotto il coordinamento dell’inviato dell’Onu, Staffan de Mistura e dell’Arabia Saudita, riguarda l’opposizione siriana: entro il 1 gennaio si dovranno gettare le basi per l’incontro d’esordio tra governo di Damasco e i gruppi dell’opposizione, che va preparato adeguatamente. L’intesa è che il cessate il fuoco debba partire nel momento in cui si avvia questo dialogo negoziale e quindi una transizione».
Certo, come ha spiegato il segretario di Stato americano, John Kerry, restano le divergenze sulla sorte di Assad, nonostante Russia e Iran abbiano cominciato a mostrarsi meno inflessibili sul tema. In mattinata il presidente siriano aveva sottolineato come la Francia abbia subito «ciò che il popolo siriano soffre da oltre cinque anni». Il messaggio parallelo del vertice viennese è comunque quello di intensificare le azioni sul terreno contro l’Isis, assestando colpi definitivi in Iraq e tentando in Siria l’assalto finale alla roccaforte di Raqqa. Di questo, come hanno confermato al New York Times fonti dell’amministrazione Usa, si parlerà quasi sicuramente da oggi in margine al G20 di Antalya, in Turchia, anche se il tema non è ufficialmente in agenda. Gentiloni esclude che un’ escalation delle azioni anti-Isis in Iraq ponga nuovamente la questione di usare i Tornado italiani anche in missioni di combattimento. Ma si dice «certo che i nuovi sviluppi ci solleciteranno a intensificare il lavoro di addestramento che stiamo già facendo a Erbil con i curdi, ampliandolo anche alle forze irachene nell’Anbar, dove al momento addestriamo solo le forze di sicurezza».
Gli attentati di Parigi, dice Gentiloni, «ci costringono a guardare in faccia una dimensione che noi facciamo ancora fatica a riconoscere, quella di un nemico. Generazioni che non hanno conosciuto guerre né nemici si ritrovano alle prese con gruppi che prendono di mira il nostro modo di vivere». Come rispondere? «Certo non ignorandone la pericolosità e tantomeno illudendosi che chiudendo la nostra società, tutto questo non ci coinvolgerà mai. Si può rinunciare al nostro modello di vita, ovvero come io credo la risposta può essere un mix di tre cose diverse: rafforzare la sicurezza con la prevenzione, il lavoro di intelligence, la tutela degli obiettivi potenziali; intensificare la lotta sul campo contro Daesh con l’obiettivo di estirparlo; infine affrontare la sfida culturale, che deve comprendere integrazione e dialogo inter-religioso, indispensabile per togliere l’acqua di coltura all’integralismo islamico».
Siamo in guerra? «Andrei molto cauto nell’usare la parola. Dobbiamo combattere ed estirpare il terrorismo ma la situazione non è paragonabile alle guerre del secolo scorso».