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 2015  novembre 15 Domenica calendario

Dopo quello che è successo a Parigi, che differenza passa tra un figlio che sta in trincea e un figlio che sta per le vie del centro? Risponde il ministro dell’Interno, Angelo Alfano

ROMA Dopo quello che è successo a Parigi, che differenza passa tra un figlio che sta in trincea e un figlio che sta per le vie del centro? E fino a che punto si è disposti a mandare un figlio in trincea, pur di vedere garantito a un altro figlio di muoversi per le vie del centro? Perché ormai questo è il bivio, per tutto l’Occidente. Dunque anche per l’Italia. Angelino Alfano lo riconosce, e sottolinea che «entrambi quei figli combattono per la libertà. Noi siamo in trincea da tempo con i nostri militari, ancora pochi giorni fa abbiamo ricordato gli eroi di Nassiriya. Però anche i ragazzi che stanno in centro difendono la nostra libertà, difendono cioè le nostre abitudini, la nostra voglia di dichiararci e vivere da Occidentali. Perché i terroristi, quando non riescono a sopraffare i regimi di governo, tentano di sopraffare i regimi di vita».
Ogni sera il ministro degli Interni va a letto e pensa: anche oggi è andata bene. Ogni mattina il ministro degli Interni si alza e pensa: sarà oggi? La percezione, infatti, non è se quanto accaduto in Francia avverrà anche in Italia, ma quando avverrà e dove. «Ogni giorno – risponde – lavoriamo perché il Paese sia sicuro, dunque libero. E continueremo a lavorare perché la risposta a quel terribile interrogativo sia “mai”. Anche se sappiamo che il “rischio zero” non esiste». Alfano non rivela quante volte l’Italia sia scampata a un attentato da quando siede al Viminale, «ma se penso all’instancabile opera di prevenzione che viene quotidianamente fatta, dico che abbiamo da ringraziare il dio in cui crediamo e gli uomini a cui affidiamo un compito delicatissimo».
A Parigi invece i terroristi, oltre l’obiettivo militare, potrebbero aver centrato anche un obiettivo politico. Uno dei killer era un profugo proveniente dalla Grecia. Così rischia di saltare il fragile progetto di redistribuzione dei profughi in Europa. E rischia di saltare l’Europa.
«L’Europa non salterà, né si farà dettare l’agenda dal terrorismo, che dovremo sconfiggere con le armi degli Stati sovrani, le armi della forza e del diritto: dando asilo a chi ne ha diritto ed espellendo i falsi profughi, senza mai dare nulla per scontato. Sapendo che il momento storico è caratterizzato da due emergenze mondiali senza precedenti: l’immigrazione e il terrorismo. Chi non ne tiene conto ha una visione miope o strumentale».
Mentre Hollande parlava di guerra, sui siti è diventato virale il disegno della Torre Eiffel stilizzata nel simbolo della pace. Allora non si vuol capire...
«La cronologia del terrore determina un cambio di passo. A quel cambio di passo noi siamo pronti. A Parigi c’è stato un attacco di guerra gestito con tecnica stragista, che ha colpito anche obiettivi imprevedibili. Noi abbiamo capito benissimo, perciò – ripeto – siamo pronti a qualsiasi cambio di passo».
Sarà, ma prima siamo stati tutti americani, poi tutti spagnoli, tutti inglesi, ora francesi. E non è cambiato niente. Non è che siamo tutti codardi?
«Credo che alla fine il terrorismo islamico produrrà un effetto contrario rispetto a quello che si prefigge, cioè di annichilirci. Continueremo a essere americani, spagnoli, inglesi e francesi perché l’attacco è globale, ci riguarda tutti. E sono certo che combatteremo fianco a fianco a ogni livello. Serve uno spirito unitario in Occidente e dobbiamo recuperare lo spirito unitario in Italia, consapevoli che è cambiato tutto. Anche le guerre».
Ritiene allora che la Costituzione debba essere adeguata alla nuova realtà?
«Il ripudio della guerra è un ripudio morale. E noi continueremo a ripudiarla. Ma così come i costituenti previdero, non ci si può sottrarre quando la pace viene minacciata».
I terroristi avranno pure «sequestrato un dio», come lei dice, ma rispetto ai musulmani l’Occidente ha sotterrato le sue tradizioni.
«Penso che proprio i nemici dell’Occidente rafforzeranno la nostra identità. Continueremo a difendere la nostre tradizioni, la nostra cultura. Che è anche cultura di accoglienza. Perciò sapremo sempre dividere chi prega da chi spara, semina odio contro gli ebrei e i cristiani. E uccide i musulmani stessi».