Corriere della Sera, 15 novembre 2015
Sette kamikaze, tutti con lo stesso tipo di giubbotto esplosivo, assalti in sei punti della città, 129 morti, 352 feriti, 99 in fin di vita
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI L’attentato senza precedenti del 13 novembre ha fatto secondo l’ultimo bilancio provvisorio 129 morti e 352 feriti, dei quali 99 tuttora gravissimi, colpiti da 7 jihadisti kamikaze – tutti con lo stesso gilet esplosivo – divisi in tre squadre entrate in azione in sei punti della capitale. La ricostruzione che segue si basa sulle testimonianze e sul resoconto dettagliato offerto da François Molins, procuratore di Parigi, schivo magistrato dal volto ormai, suo malgrado, tristemente famigliare: tocca ogni volta a lui ripercorrere nelle conferenze stampa i drammi più atroci subiti poche ore prima dai francesi. Dalle stragi di Mohammed Merah a Charlie Hebdo, al massacro di venerdì sera.
Ore 21:20, Stade de France
Il terrore comincia allo stadio della nazionale appena fuori Parigi, a Saint-Denis, dove alle 21 è cominciata la partita amichevole Francia-Germania. In tribuna c’è il presidente della Repubblica, François Hollande. Alle 21:20 il pubblico e anche i giocatori in campo sentono una esplosione molto forte, ma tanti pensano che si tratti di un petardo. Non lo è. Il primo dei sette terroristi si è appena fatto esplodere davanti alla porta D dello stadio, con un gilet «composto di TATP (l’esplosivo), pile collegate a un detonatore a bottone, e bulloni, per aggravare ancora di più gli effetti dello scoppio», spiega Molins. Accanto al corpo smembrato del terrorista viene trovato il cadavere di un passante. Sarà l’unica vittima allo stadio. Secondo una testimonianza raccolta dal Wall Street Journal, il kamikaze aveva un biglietto e ha cercato di entrare allo stadio per farsi esplodere in mezzo alla folla, cosa che avrebbe provocato probabilmente una calca di spettatori terrorizzati e destinati alla morte. Ma gli agenti di sicurezza si sono accorti che l’uomo portava un gilet esplosivo e sono riusciti ad allontanarlo prima che si facesse esplodere.
Ore 21:25, Le Petit Cambodge
Siamo al Canal Saint-Martin, la zona dei ristoranti e dei locali frequentati dai ragazzi e dalle giovani famiglie, il cuore della Parigi «bobo» che sta per bourgeois bohème, benestante, progressista e alternativa insieme. Un’auto nera Seat Leon si ferma all’angolo tra rue Bichat e rue Alibert. Scende un uomo che spara raffiche di kalashnikov sui clienti del caffé Carillon seduti ai tavolini all’aperto, e poi su quelli del ristorante asiatico Le Petit Cambodge sull’altro lato della strada. È la prima carneficina: 15 morti, 10 feriti in condizioni disperate. Ieri il sangue era ancora per terra, mischiato ai vetri in frantumi.
Ore 21:30, Stade de France
Una seconda esplosione scuote lo stadio, stavolta davanti alla porta H. Un altro terrorista si è appena fatto esplodere senza riuscire a fare vittime, anche lui porta lo stesso gilet esplosivo. Hollande viene portato via dai servizi di sicurezza, ma si decide di non dire niente ai giocatori e di procedere con la partita per non scatenare il panico tra gli 80 mila spettatori. In campo tra i Bleus c’è anche Lass Diarra, che gioca mentre poco lontano, nel cuore di Parigi, sua cugina Asta Diakite viene uccisa nel corso degli altri attacchi terroristici.
Ore 21:32, pizzeria Casa Nostra
Sempre nella zona del Canal Saint-Martin, in rue de la Fontaine au Roi, arriva un’altra Seat nera dalla quale scendono due persone armate. «Avevano abiti costosi ed erano rasati, non avevano l’aspetto dei terroristi islamici con le barbe – racconta un testimone —. Sembravano piuttosto degli spacciatori. Hanno sparato a bruciapelo a una coppia seduta in auto, ho visto la testa della donna colpita e sfigurata». Cinque morti e 8 feriti gravissimi tra i clienti del café Bonne Bière e quelli del ristorante italiano Casa Nostra lì accanto.
Ore 21:36, rue de Charonne
È una delle strade più frequentate dell’XI arrondissement, piena di locali. Una terza Seat di colore nero arriva davanti al café La Belle Équipe. Scende un uomo con il kalashnikov, che come i suoi compagni terroristi spara raffiche sui clienti. Diciannove morti, 9 feriti gravemente.
Ore 21:43, Comptoir Voltaire
Il terrorista si siede a un tavolo all’aperto. Arriva Catherine, la cameriera. Invece di ordinare, il jihadista si fa saltare in aria premendo il pulsante del gilet esplosivo. Catherine viene travolta, ferita gravemente all’addome e al petto, ma non è più in pericolo di vita.
Ore 21:49, Bataclan
In una delle sale da concerto rock più note e amate di Parigi, stanno suonando i californiani Eagles of Death Metal. Fuori, in boulevard Voltaire, arrivano due auto: l’ennesima Seat nera, la quarta, e una Polo nera con la targa belga. Scendono tre uomini che fanno fuoco sugli uomini della sicurezza all’ingresso ed entrano nella sala. Sparano ancora sul pubblico che è di spalle, rivolto verso la band che suona. La gente si spinge in avanti terrorizzata, calpesta i cadaveri e si ammassa vicino al palco. Comincia la presa degli ostaggi. «I tre terroristi evocano la Siria, l’Iraq e il presidente francese Hollande», dice il procuratore Molins, parlano di vendetta per i raid aerei francesi in Siria. Gli spettatori sono a terra, chi si alza per scappare viene ucciso. Poi i terroristi cominciano un massacro lento, uno a uno. Finalmente arrivano le teste di cuoio francesi, che riescono a colpire solo un terrorista, gli altri due si fanno esplodere. È l’orrore più atroce, ci vorranno ore per portare via gli oltre 80 cadaveri.
Ore 21:53, il McDonald’s dello stadio
Il settimo kamikaze si fa esplodere, senza provocare vittime. A tarda sera l’unico jihadista identificato è un francese 30enne nato a Courcouronnes, nella periferia parigina, «condannato otto volte tra il 2004 e il 2010 e mai incarcerato, schedato dai servizi come pericoloso per la sicurezza dello Stato». Come Mohammed Merah, come i fratelli Kouachi di Charlie Hebdo, non è bastato per fermarlo.