la Repubblica, 14 novembre 2015
L’irruzione al bar Carillon
La redazione di Charlie Hebdo non è lontana: ma i clienti del bar “Le Carillon”, all’angolo fra rue Bichat e rue Alibert, vicino al canale Saint-Martin, non si aspettavano certo un altro attacco nel loro quartiere, nel decimo arrondissement. Quando sono cominciati gli spari, all’inizio nessuno ha voluto credere a un attacco. «Sembravano fuochi d’artificio», ha raccontato alle agenzie stampa il ravennate Emilio Macchio. Era sul marciapiede vicino all’ingresso, a bere una birra, e quando si è reso conto di quello che succedeva, si è nascosto dietro l’angolo e poi si è allontanato più in fretta che poteva. Altri testimoni, intervistati da Libération, hanno raccontato di aver visto una o due macchine arrivare e scaricare alcune persone. Erano da poco passate le nove. Uno dei nuovi arrivati, a viso scoperto, ha gridato «Allahu Akbar», prima di aprire il fuoco all’interno del bar con un mitragliatore Kalashnikov. I clienti del ristorante si sono buttati sotto i tavoli, ma non è bastato. Le raffiche hanno straziato clienti e personale. Uno studente ha raccontato di aver visto un collega morire sotto i suoi occhi, e altri due feriti alla schiena e ai piedi. La sparatoria è durata almeno trenta secondi, ha raccontato a Le Journal de Dimanche il testimone Pierre Montfort, che vive nei pressi della stessa rue Bichat: «È stata una serie di raffiche che è durata almeno mezzo minuto: era interminabile. Sembrava uno spettacolo di fuochi d’artificio».
Un altro testimone ha raccontato di non aver nemmeno sentito il rumore degli spari, da dietro la sua finestra: «Ho visto le fiammate uscire dall’arma. Ma non ho aperto. Avevo paura, come potevamo essere sicuri che non avrebbe sparato contro le nostre finestre?». Poi il momento d’incubo è finito, quando gli attentatori si sono allontanati, pronti a ripetere la strage al ristorante Petit Cambodge.