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 2015  novembre 14 Sabato calendario

I vicini, tramite l’hashtag #Porteouverte, hanno offerto protezione ai passanti in fuga

F rontiere chiuse e porte aperte. #PorteOuverte è l’hashtag che diventa subito virale e in poco più di un’ora, a mezzanotte, sono già più di duecentomila i tweet della solidarietà. Porta aperta: comincia così, nella notte del coprifuoco e della paura. Comincia con alcuni parigini che abitano nel X e nell’XI arrondissement, poco lontano dai luoghi del terrore, mentre non si sa che cosa stia ancora succedendo dentro il Bataclan, se ci sono ostaggi, quanti sono i morti, dove sono gli attentatori.
«Se avete bisogno...». Con l’hashtag #PorteOuverte offrono un posto per ripararsi, o anche per dormire, a chi non può tornare a casa in una città che di colpo è bloccata, che fa paura, che diventa improvvisamente estranea per i turisti e per i parigini. Forse loro che sono lì vicino, gli abitanti delle vie intorno a boulevard Voltaire 50, che hanno sentito spari e urla hanno capito meglio e subito l’enormità di quello che stava accadendo.
«Mia sorella apre la casa tra Bastiglia e Voltaire», «se siete a boulevard Voltaire verso St Ambrose, scrivetemi», e anche «I have beds in Boulogne. I speak english». Poiché ci sono tanti turisti tedeschi per via della partita amichevole Francia-Germania l’hashtag diventa anche #offenetüren. E poi anche solo «Porte de Versailles», «metro station Bonne nouvelle», «Monceau», in una versione essenziale e efficiente al massimo per localizzare domanda e offerta.
Una dopo l’altra, arrivano richieste e proposte. Anche in uno stile più intimo, come quello di Fanny che propone oltre l’accoglienza anche «chocolat chaud» per chi fosse a Porte des Lilas.
Perché in un attimo non c’è più nessuno per strada, resta solo chi è fuori, al ristorante o al cinema, colto d’improvviso dalle notizie e dalla paura, e ora non sa come tornare.
Vie chiuse, cinque linee della metropolitana interrotte, quasi nessuna macchina in giro. Solo silenzio e di tanto in tanto qualche sirena. E la paura che ci siano nuovi attentati. Dalle finestre si vedono televisioni accese.
Anche i taxisti si mettono subito a disposizione. France24 lo racconta in diretta: hanno spento i tassametri e raccolgono chi deve tornare a casa. Ma è comunque difficile trovarne a sufficienza. I centralini sono intasati. C’è chi si incammina a piedi se non vive troppo lontano: «Arriverò da Trocadero al Parc Monceau, o è troppo pericoloso? Siamo in cinque», chiede un gruppo di italiani al ristoratore come se potesse saperne di più di loro.
Radio e tv intanto mandano notizie contraddittorie, nei minuti di caos iniziale. «Restate dove siete, non uscite per strada», è il primo messaggio mentre sugli schermi accesi scorrono le immagini dello Stade de France con i tifosi ammutoliti sull’erba del campo che aspettano il loro turno per uscire dallo stadio sotto assedio.
Poi sembra che ci si possa muovere: «Si può tornare a casa», è il messaggio successivo. Già ma come?
E mentre si spengono le luci della Tour Eiffel, il presidente Hollande annuncia che le frontiere sono chiuse così come anche le scuole di tutta Parigi e dell’Ile de France, mentre tra le prime misure si sospende anche la campagna elettorale, comincia da Twitter la prima reazione cittadina.
Molto prima che il governo francese twitti le sue disposizioni, ed è già l’una: «Restate a casa».
#PorteOuverte è un linguaggio da ragazzi, lo usano le università che in questo periodo aprono i loro campus ai giovani che devono scegliere la loro futura scuola. Ma questo modo di dire diventa subito la reazione della città. Più ancora di #jesuisparis – anche nella versione con la Tour Eiffel al posto della «i» – che richiama il #jesuischarlie di pochi mesi fa, più di #prayforParis che nella notte si sparge in tutto il mondo.
Ma nella #PorteOuverte c’è di più, c’è il rimboccarsi le maniche subito, il segnale che non ci si arrende.
A poco a poco cominciano anche ad arrivare i ringraziamenti di chi è stato accolto, mentre si moltiplicano offerte e richieste, da Nation alla Gare de Lyon. Bruno pubblica anche una mappa Google e si va avanti così a farsi coraggio, a ritrovarsi nella notte, a stare insieme.
Alla fine non sarà importante quante persone realmente saranno state ospitate nelle case altrui per questa notte di paura, ma l’intuizione che la solidarietà è stare insieme di fronte ad un nemico che non si conosce e non si sa neppure bene dov’è.
Era necessario evitare a tutti i costi che i parigini perdessero, anche soltanto per poco, la libertà di muoversi nella loro città. Perché se non c’è possibilità di spostarsi da una parte all’altra c’è comunque una porta aperta.